Importante discorso a Rufina (Firenze) di Enrico Chiavacci alla Celebrazione del Centenario della Rivoluzione d'Ottobre
La Rivoluzione d'Ottobre è uno spartiacque tra il proletariato e la borghesia, tra il capitalismo e il socialismo, tra chi vuole abolire le classi e chi vuole mantenerle. È la via che dobbiamo seguire in Italia
Care compagne e cari compagni,
care amiche e cari amici,
il 7 Novembre 1917, cento anni fa, i marxisti-leninisti e il proletariato russi guidati da Lenin e da Stalin hanno compiuto una delle più grandi imprese della storia del movimento operaio internazionale e dell'intera umanità.
Con una memorabile insurrezione venne spazzata via dal potere la borghesia che seguì allo zar, e il proletariato divenne così classe dominante prendendo nelle sue mani il potere statale e tutti i mezzi di produzione, così come avevano indicato Marx ed Engels ne "Il Manifesto del Partito comunista'' nel 1848.
Un'impresa che nella storia era riuscita solo per alcune settimane alla Comune di Parigi.
In questi cento anni, la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre è stata oggetto di accanite discussioni: da parte della borghesia e dei suoi partiti per calunniarla e denigrarla, da parte dei sinceri comunisti per tenerla viva tentando di mettere in pratica i suoi insegnamenti.
Generalmente, anche in seno alla “sinistra” istituzionale, poca è l’attenzione che si pone a questo tema e quando lo si fa viene proposta una lettura revisionista, destinata a far apparire l’Ottobre come un passaggio verso una società sognata, avvenuto e poi immediatamente tradito, a testimoniare il fatto che il socialismo e poi il comunismo sono irrealizzabili e rappresentano una pura e semplice utopia che non può dare alcun contributo né ideologico e men che mai organizzativo alle masse popolari di oggi.
Abbiamo già trattato nell’introduzione del compagno Franco Dreoni il vergognoso atteggiamento dei media di regime del nostro Paese durante gli ultimi mesi; Il sole 24 ore
, Repubblica
, il manifesto
trotzkista, Rai Storia
, Porta a Porta
e così via, tutti concordi, seppur con obiettivi e stili diversi, a denigrare ed a gettare menzogne e falsità sull’Ottobre e sovietico.
A livello locale, solo “Il galletto del Mugello” ed il sito OK Mugello, hanno squarciato il ferreo black-out, rimasto ancora una volta totale sui media della Valdisieve, ormai completamente asserviti ai partiti di regime. Una censura sull’Ottobre che si aggiunge a quella subita ieri dall’emittente televisiva La7 che avrebbe dovuto mandare in onda nella trasmissione “Tagadà” un'intervista rilasciata dal compagno Branzanti, Responsabile del PMLI per l'Emilia-Romagna, davanti al busto di Lenin a Cavriago.
Per la rivoluzione socialista dunque un trattamento assai diverso rispetto a quello riservato al cinquantenario della morte di Guevara, rilanciato fra gli altri dal gruppo “l’Espresso” e dal “manifesto” con grandi inserti a colori.
Forse dobbiamo chiederci del perché la borghesia, che vomita veleno sull’Ottobre, erge a mito Guevara; col costante contributo dei revisionisti, essa sa bene quali carte scegliere e usare per confondere le idee a coloro che contestano il suo sistema economico capitalista.
Se il tema vi interessa, prendete e leggete l’opuscolo di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, che trovate al banchino, dal titolo “Dove porta la bandiera di Guevara” e poi fateci sapere quello che ne pensate.
Quest’andazzo non ci stupisce poiché è proprio la Rivoluzione di Ottobre che segna uno spartiacque tra chi sta con la borghesia e col capitalismo e chi col proletariato e il socialismo; tra chi vuole la permanenza delle classi sociali e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e chi vuole l'abolizione di entrambe le cose.
Tutte le rivoluzioni antecedenti al 1917 si proponevano solo di sostituire al potere una classe sfruttatrice con un'altra classe sfruttatrice, riformando e adeguando lo Stato alle necessità della nuova classe dominante.
La Rivoluzione d'Ottobre in Russia invece ha dato il potere politico al proletariato, ha demolito e distrutto l'apparato statale capitalistico e al suo posto ha edificato il primo Stato socialista della storia basato sulla dittatura del proletariato, andando oltre la falsa e angusta democrazia borghese.
Soffermiamoci un attimo su questa parola, “democrazia”.
Per la borghesia e i suoi media, ogni occasione è buona per rilanciare la parola “democrazia”.
Cos’è in realtà la “democrazia”?
È sufficiente sostenere che “siamo in democrazia” quando tutti possono dire ciò che vogliono, e quando il governo in carica è votato dalla già di per se contraddittoria “maggioranza della popolazione”?
Nessuno ne fa mai una questione di dominio di classe, che invece per la nostra analisi marxista-leninista è basilare.
Ma, in sostanza, possono “fare ciò che vogliono” tutti i membri della società contemporaneamente?
Può fare ciò che vuole l’industriale e allo stesso tempo l’operaio o il disoccupato?
Se la democrazia riconosce al capitalista la libertà di sfruttare il lavoratore salariato, di decidere i livelli di disoccupazione, i prezzi delle merci e delle case, così come del lavoro anch’esso ridotto a merce, e via via tutto il resto, quali libertà rimangono ai lavoratori, ai pensionati, agli studenti ed al proletariato in generale?
Ad essi è concessa solo quella di essere comandati come marionette e sfruttati fino all’osso, nell’interesse del capitale.
In realtà non può esistere una democrazia per tutti; l’assetto politico di un Paese o riconosce massima libertà ai capitalisti facendo gli interessi di una piccola parte di membri della società in regime di democrazia borghese (o se volete di dittatura della borghesia) dove un popolo non può decidere nulla, oppure la riconosce alle masse popolari in genere, soddisfacendone i bisogni, questi sì, stragrande maggioranza della popolazione.
In questo caso, in democrazia proletaria (o dittatura del proletariato) nessuno spazio potrà essere concesso ai capitalisti perché perseguono interessi diametralmente opposti.
Insomma, non vi può essere una libertà interclassista sostanziale; nei fatti l’una esclude l’altra reciprocamente; l’ha fatto ieri, lo sta facendo oggi e lo farà domani fin quando esisteranno le classi sociali.
Breve storia dell’Ottobre
Nel filmato che sarà proiettato fra poco, approfondiremo la storia della Rivoluzione d’Ottobre, quali furono le dinamiche sociali e politiche, le circostanze, quale il ruolo fondamentale del Partito Bolscevico e dei suoi dirigenti prima, durante e dopo l’Ottobre.
In sostanza, la Rivoluzione d'Ottobre non fu "un complotto militare'', ma una rivoluzione di massa, una guerra civile, alla quale partecipò la maggioranza degli operai, dei contadini e dei soldati.
I fatti dimostrano che i bolscevichi hanno avuto un legame crescente con le masse prima, durante e dopo l'insurrezione; un legame rafforzato dai primi provvedimenti presi dal governo sovietico, particolarmente auspicati dal popolo russo:
su tutti l’abolizione delle vecchie caste e del regime di oppressione nazionale; la nazionalizzazione della terra, di tutta la grande industria, delle banche, delle ferrovie, del commercio estero, della flotta mercantile; l’uguaglianza fra uomini e donne; l’uguaglianza delle diverse nazionalità della Russia; la separazione della Chiesa dallo Stato, della scuola dalla Chiesa, e la firma della pace con la Germania che fece uscire i russi dal primo conflitto mondiale.
Nel dicembre del ’22, proclamata dal I Congresso dei Soviet di tutto lo Stato, nacque l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss).
Così, per la prima volta nella storia fu provato che la classe operaia non solo è capace di distruggere il vecchio mondo, ma anche di costruirne uno nuovo, con una nuova cultura ed una nuova morale.
Il ruolo di Lenin e Stalin
Il grande stratega dell'Ottobre è stato senz’altro Lenin. Lo ha preparato in tutti i suoi aspetti, sia sul piano teorico che politico, sia sul piano organizzativo e militare, e lo ha guidato in prima persona.
Tutto ciò imprime a caratteri d'oro il nome di Lenin sull’Ottobre russo e nessuno potrà mai cancellare questo fatto storico.
Stalin, sotto la direzione e a fianco di Lenin, ebbe un ruolo fondamentale sia nell'Ottobre, sia prima dell'insurrezione, sia nella costruzione e nella strenua difesa del socialismo; per noi non si può difendere il valore della Rivoluzione d'Ottobre senza difendere anche la successiva esperienza di dittatura del proletariato e di costruzione del socialismo in Unione Sovietica.
Se infatti l'insurrezione del 1917 prova che si può abbattere il potere borghese, il socialismo sovietico fino alla morte di Stalin dimostra che il potere proletario può esistere, consolidarsi e riportare importanti successi, costruire un sistema economico, politico e sociale senza sfruttamento di classe tale che, mentre il mondo capitalista languiva nella recessione degli anni '30 gettando i lavoratori in miseria, l'economia sovietica cresceva e le masse popolari sovietiche vedevano migliorare costantemente le proprie condizioni di vita: a tutti erano concessi il lavoro, la scuola e le cure mediche, diritti negati tutt’oggi nel “ricco e democratico” mondo capitalista.
In poche parole: il socialismo sovietico fu un'alternativa valida e vittoriosa al capitalismo, che non poteva più proclamarsi l'unico sistema possibile.
Non dobbiamo dunque stupirci di quanto Stalin sia inviso sia ai fascisti, sia ai borghesi e sia ai revisionisti: “dimenticare” o negare questi meriti storici, slacciare l’Ottobre dalla conseguente esperienza socialista, significa azzoppare la storia del movimento operaio internazionale facendo il gioco dei nostri nemici di classe.
Nel contesto generale, gli errori, che certamente vi furono anche per inesperienza, vanno riconosciuti e corretti; tuttavia i meriti di Stalin, a partire dalla vittoria sulla belva nazifascista, per noi, superano di gran lunga certi errori non di principio poiché a fronte di un capitalismo che ancora affina i propri strumenti da secoli, ma che da secoli continua imperterrito a perpetrare ingiustizie sociali, morti e sofferenze alle popolazioni inermi di tutto il mondo, l’esperienza russa rimane la prima e inedita della storia e va considerata come tale; un faro che ha squarciato l’oscuro orizzonte posto davanti ai popoli sfruttati dei cinque continenti.
La restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica non ha cancellato gli insegnamenti di Lenin e Stalin
Nonostante tutto ciò, si legge praticamente ovunque, inclusi i libri di storia in uso nelle nostre scuole, che il crollo dell'Urss e dei regimi revisionisti dell'Europa dell'Est e il passaggio della Cina al capitalismo avrebbero dimostrato definitivamente il fallimento del sistema socialista che affondava le sue radici nell’Ottobre russo.
Noi respingiamo con tutte le nostre forze questa posizione ipocrita, qualunquista e antistorica.
Il disfacimento dell'Urss nel 1991 fu il culmine di un processo iniziato già al XX Congresso del PCUS nel ‘56, quando Krusciov rinnegò Stalin e la sua linea, avviando così la restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica. L'attacco personale a Stalin copriva in realtà l'attacco a tutto il leninismo, come denunciò in tempi non sospetti Mao, con grande lungimiranza.
Con lui e poi con Breznev, sull'Urss si impose una cricca di burocrati revisionisti che abbandonò la via rivoluzionaria e sottopose l'economia ai propri interessi economici, militarizzandola e creando spazi sempre più vasti all'imprenditoria privata.
Questa restaurazione ha via via interessato tutti gli aspetti della vita dell'Unione Sovietica: nella sfera ideologica e politica, nella conduzione dell'economia e delle aziende, nei rapporti di produzione, nella pratica sociale e nella cultura, nella morale e nei costumi.
In seguito, con l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968, l'Urss completò la sua trasformazione in potenza socialimperialista (socialista a parole, imperialista nei fatti), contendendo agli Usa l'egemonia mondiale.
Nella gestione del potere in Urss a Krusciov (a parte la breve parentesi di Andropov e Cernenko) e a Breznev è succeduto Gorbaciov, che per portare a compimento la restaurazione capitalistica ha rilanciato e sviluppato tutti i capisaldi della linea kruscioviana con il programma della "perestrojka" avanzata nell'aprile dell'85 e perfezionata col 27° Congresso del PCUS (febbraio '86).
I punti principali di questa politica furono la controriforma economica che diede campo libero al mercato, alla proprietà privata, e quindi al profitto e allo sfruttamento dei lavoratori, unita ad una nuova campagna di calunnie e di mistificazioni contro Stalin e ciò che egli rappresentava ancora per il popolo russo.
Il “nuovo corso” neoliberale portò queste enormi contraddizioni ad esplodere, condannando i popoli dell'ex Urss ad assaporare le “delizie” del capitalismo “trionfante”, che fra i propri “successi” può annoverare oggi i circa 20 milioni di russi sotto la soglia di povertà.
Ma di tutto ciò, ancora una volta, non c’è nulla di sorprendente;
La stessa esistenza del primo Stato socialista rappresentava un esempio contagioso per il proletariato mondiale che la borghesia russa ed anche straniera voleva in ogni modo soffocare.
"Il passaggio dal capitalismo al comunismo
- diceva Lenin - abbraccia un'intera epoca storica. Fino a che quest'epoca non è conclusa, negli sfruttatori permane inevitabilmente la speranza della restaurazione, e questa si traduce in tentativi di restaurazione. Anche dopo la prima seria disfatta, gli sfruttatori rovesciati, che non si aspettavano di esserlo, che non ci credevano, che non ne ammettevano neanche l'idea, si gettano con energia decuplicata, con passione furibonda, con un odio cento volte più intenso nella lotta per restituire il 'paradiso' perduto alle loro famiglie, che vivevano una vita così dolce e che la 'canaglia popolare' condanna ora alla rovina e alla miseria (che sarà poi l’avere un lavoro 'ordinario', come tutti...)".
Nello stesso '56, quando nel movimento comunista e operaio internazionale regnava una grande confusione e incertezza a causa della controriforma ungherese, tutti si chiedevano se fosse sempre valida la via della Rivoluzione d'Ottobre, oppure, come diceva Krusciov, se bisognasse abbandonarla per praticare la via parlamentare.
"La Rivoluzione d'Ottobre è ancora valida?
– si chiese Mao - Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell'Unione sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere l'esempio della Rivoluzione d'Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente, si è gettato via il leninismo".
Dunque in Unione Sovietica, alla prova dei fatti, è vero che Krusciov, Breznev, Andropov, Cernenko e Gorbaciov hanno fatto scempio della Rivoluzione d'Ottobre e del potere sovietico.
Ciò non significa però, che gli insegnamenti di quella Grande Rivoluzione Proletaria e del primo Stato socialista del mondo siano stati cancellati e invalidati. Anzi, oggi sappiamo dove ci porta il revisionismo.
"Noi abbiamo affrontato nella realtà, nella pratica
- diceva Lenin - quei compiti che prima erano stati posti in linea astratta e teorica. Questa esperienza non sarà dimenticata. (…) e su questa esperienza la futura rivoluzione internazionale costruirà il suo edificio socialista".
Con la restaurazione del capitalismo in Urss, abbiamo imparato che è necessario portare “fino in fondo” la rivoluzione poiché, se non lo si fa, è sempre possibile il rovesciamento del socialismo da parte dei revisionisti.
Sulla base di questa esperienza Mao elaborò la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato che fu attuata con la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria per impedire la restaurazione del capitalismo in Cina, poi purtroppo avvenuta dopo la sua morte.
Seguire la strada dell'Ottobre
Per noi l'Ottobre russo è ancora vivo, attuale e indica al proletariato di tutti i paesi la via dell'emancipazione; esso fu di grande fiducia e stimolo per tanti altri Paesi.
Mao la sottolineava con queste parole: “Prima della Rivoluzione d’Ottobre i cinesi ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della Rivoluzione d’Ottobre ci portarono il marxismo-leninismo. (…) Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione”
.
In Italia, la bandiera della Rivoluzione d'Ottobre, della dittatura del proletariato e del socialismo è stata progressivamente abbandonata e ripudiata dal gruppo dirigente revisionista del PCI.
Prima a livello ideologico con la elaborazione teorica di Gramsci della cosiddetta "rivoluzione in Occidente", poi a livello politico e strategico con la "via italiana al socialismo", pacifica, riformista e parlamentare di Togliatti, infine con la linea del "compromesso storico" con la DC e dell'"alternativa democratica" di Berlinguer, Natta e Occhetto.
L’VIII Congresso del PCI svoltosi nel 1956, non a caso dopo quello kruscioviano, sancisce definitivamente la rinuncia al socialismo, dal momento in cui Togliatti dichiara che la Costituzione borghese del 1948, che sancisce la proprietà privata anche dei mezzi di produzione (quindi il capitalismo) e contenente il concordato col Vaticano, costituiva “l’alfa e l’omega” del programma del partito.
Questo tradimento ha portato con sé negli anni una profonda decomunistizzazione delle masse, un forte indebolimento dello spirito, dell’ideologia, della combattività e della coscienza di classe del proletariato, che ha finito via via per lasciare le nuove generazioni in balia di una educazione e di una formazione propria della cultura e della morale borghesi, dove non c’è spazio per idee di socialismo e per nessun “mondo nuovo” che metta al centro il soddisfacimento dei bisogni delle masse popolari, al posto del massimo profitto di pochi capitalisti.
Di conseguenza oggi è divenuto enorme, faticoso e lungo il lavoro dei marxisti-leninisti per risvegliare le coscienze, per ricostruire quella memoria storica di classe che si è cercato in ogni modo di cancellare, per far capire al proletariato, ai progressisti, alle ragazze e ai ragazzi che la madre di tutte le questioni, checchè se ne dica, è quella del potere politico e del socialismo.
Tuttavia noi siamo certi che alla fine gli sfruttati, gli oppressi e i progressisti capiranno, dai fatti, dallo sviluppo delle contraddizioni e dei conflitti di classe, ed anche dalla nostra azione, che per creare una società diversa dall’attuale è indispensabile "Seguire la strada dei russi', prima che sia troppo tardi e prima che la “democrazia borghese” in difficoltà, riduca i suoi spazi al lumicino.
Il PMLI e l’attualità dell’Ottobre
In conclusione, celebrando questo Centenario, intendiamo rendere omaggio alla prima dittatura del proletariato della storia, ai suoi ideatori, educatori e condottieri Lenin e Stalin ed ai suoi eroici martiri e costruttori del popolo russo.
È questa rivoluzione che ieri ha ispirato e guidato alla vittoria i comunisti di tutto il mondo, è questa rivoluzione che ancora oggi ispira e illumina il cammino dei marxisti-leninisti italiani e degli altri paesi del mondo.
Ecco un altro dei suoi grandi meriti: “La vecchia 'teoria'
, - notate bene l’estrema attualità di Stalin - secondo la quale gli sfruttati non possono fare a meno degli sfruttatori, così come la testa e le altre parti del corpo non possono fare a meno dello stomaco, (…) costituisce oggi la pietra angolare della "filosofia'' politica della socialdemocrazia (…). Questa 'teoria', che ha assunto ormai il carattere d'un pregiudizio, costituisce attualmente uno dei più gravi ostacoli alla penetrazione dello spirito rivoluzionario nel proletariato dei paesi capitalistici. Uno dei risultati più importanti della Rivoluzione d'Ottobre è che essa ha inferto un colpo mortale a questa 'teoria'' menzognera.”
L’Ottobre contiene anche un forte messaggio di unità antirazzista poiché la Rivoluzione non si realizzò attraverso odi nazionali e conflitti fra le nazionalità, ma sotto la bandiera della fiducia reciproca e dell’amicizia fraterna degli operai e dei contadini di tutte le numerose e diverse nazionalità dell'URSS, non in nome del nazionalismo, ma in nome dell'internazionalismo.
Quindi non poveri contro poveri, non etnia contro etnia ma proletariato unito contro gli sfruttatori.
Nel corso dei suoi 40 anni di vita il PMLI, con alla sua testa il compagno Giovanni Scuderi e forte di un solido Ufficio politico e di un infaticabile Comitato Centrale, ha profuso un impegno eccezionale per fare tesoro della esperienza della Rivoluzione d'Ottobre e del potere sovietico, così come della Cina socialista, per assimilare ed applicare gli insegnamenti di Lenin, Stalin e di Mao, e prima ancora di Marx ed Engels, alla situazione italiana.
Per la prima volta nella storia del movimento operaio italiano, un piccolo Partito, e non il “grande PCI”, ha avanzato le linee essenziali per un disegno di socialismo da realizzare nel nostro Paese.
Senza un partito di questo genere, per la classe operaia e le masse popolari, non solo non è possibile fare come l'Ottobre quando ci saranno le condizioni, ma non è nemmeno possibile, nell’immediato, fronteggiare le offensive neoliberiste del capitale o contrastare la politica reazionaria, antipopolare e imperialista dei governi borghesi.
Come si possono difendere davvero le proprie condizioni di vita, oppure l’ambiente, dagli attacchi del capitale in ricerca del massimo profitto ad ogni costo, se non si identifica il capitalismo in quanto tale come nemico da combattere e abbattere?
In questi decenni, sul piano economico, i capitalisti hanno realizzato profitti vertiginosi a danno dei salari, mentre sono stati calpestati i diritti dei lavoratori, sono aumentati la disoccupazione e il divario tra Nord e Sud, sono stati smantellati i servizi sociali; ai giovani è stato tagliato il futuro, le pensioni sono sempre più basse e le masse femminili vengono respinte nelle mura domestiche, schiave della casa, di uomini violenti e della famiglia.
Sul piano politico è stato, nei fatti, completato il disegno della seconda repubblica presidenziale e neofascista portato avanti da Craxi, da Gelli e dalla P2, da Berlusconi ed ora da Renzi e Gentiloni che ne rappresentano esclusivamente una versione aggiornata, assieme al PD che convoglia in sé tutti gli interessi della media e della grande borghesia.
Non possiamo dimenticare che, più di qualunque altro governo in passato, proprio il PD ha demolito il diritto al lavoro, la scuola pubblica ed ha fascistizzato lo Stato con infime revisioni all’assetto istituzionale come ad esempio il nuovo modello di “Difesa” militare che viola gli articoli 11 e 52 della Costituzione, o col pareggio di bilancio che ne viola l’81, per non parlare del Decreto Minniti, di chiaro stampo razzista e fascista.
Potremmo fare decine e decine di esempi.
Fortunatamente il NO ha prevalso al referendum costituzionale dello scorso dicembre, ma dobbiamo esser consapevoli che la Costituzione del ’48 non esiste più essendo stata più volte riformata da destra, e che essa consente al presidente della Repubblica e ai governi in carica di violarla impunemente.
Purtroppo ancora non si riesce a capire che essa (la Costituzione repubblicana) nella sostanza, tutela il capitalismo, la proprietà privata dei mezzi di produzione (cioè l'intoccabile autorità dei padroni sui lavoratori) e il potere della borghesia.
Può essere utile servirsi di certi suoi articoli per alcune battaglie immediate, così come è giusto difenderla dagli attacchi da destra che comporterebbero un suo peggioramento, ma se presa come orizzonte totalizzante frena e limita la lotta all'interno del capitalismo e delle sue istituzioni.
Nelle attuali condizioni del nostro Paese, le lancette della storia si spostano in avanti solo riusciremo a sviluppare la lotta di classe fino in fondo contro il capitalismo, contro la classe dominante borghese ed i suoi governi, qualunque etichetta essi portano, compresa quella del M5S, che il nostro giornale “Il Bolscevico” definì fin dalla sua nascita “puntello del sistema capitalista”.
Nell’immediato bisogna combattere e abbattere il governo Gentiloni che, tra l’altro, intende portare il pensionamento a 67 anni.
È utile ricordare che anche il riformismo della “sinistra” istituzionale, costituisce un vero e proprio sostegno ideologico al capitalismo poiché la storia ci dimostra che la via parlamentare al proletariato è preclusa nei fatti.
Ciò è confermato anche dall’ultimo vergognoso inciucio tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale. Un motivo in più per riaffermare il nostro astensionismo tattico per le prossime elezioni politiche.
Non possiamo legittimare ancora i nostri aguzzini!
In sostanza, poco o nulla è cambiato dal 1919 quando Lenin ebbe a dire: “La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco da marionette, di pupazzi."
Eppure l’alternativa a tutto ciò esiste ed è il socialismo; non un sogno irrealizzabile ma una nuova società da conquistare.
Non siamo sciocchi, sappiamo bene che nell’immediato, la rivoluzione socialista in Italia è un orizzonte lontano; tuttavia “quando?” non è la domanda essenziale da farsi; dobbiamo chiederci invece se vogliamo costruire un mondo nuovo oppure no.
Se rispondiamo di sì, il nostro compito dovrà essere quello di lottare ogni giorno, strenuamente, in quella direzione. Dando al PMLI un corpo da Gigante Rosso.
Noi vogliamo fare la nostra parte marciando sulla via dell’Ottobre verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Viva il Centenario della Rivoluzione Socialista di Ottobre!
Gloria eterna a Lenin, Stalin e ai russi del ’17!
Viva il socialismo!
Viva il PMLI!
8 novembre 2017