Riuscito lo sciopero dei trasporti indetto dai “sindacati di base”
Il governo precetta tutti i lavoratori del comparto
Il governo Gentiloni mantiene fede alle minacce contro i lavoratori lanciate in occasione dello sciopero generale del Trasporto pubblico locale (Tpl) e logistica proclamato da larga parte del sindacalismo “di base” il 16 giugno scorso. Indetto per il rinnovo dei contratti, contro le privatizzazioni e i nuovi voucher, era andato al di là delle previsioni, raccogliendo l'adesione di molti lavoratori e paralizzando intere città come Milano, Roma, Torino e Firenze, e portato alla cancellazione di 200 voli nei maggiori aeroporti del Paese.
La reazione del governo fu rabbiosa e minacciosa nell'invocare il restringimento del diritto di sciopero. Si distinsero nelle dichiarazioni Renzi, Gentiloni e i ministri Del Rio e Poletti. “Bisogna intervenire per evitare che una minoranza di lavoratori tenga in ostaggio una maggioranza di cittadini nelle loro esigenze quotidiane”, “sindacatini minoritari, senza iscritti e seguito, hanno bloccato il paese”, e via di questo passo. Chissà come hanno fatto “sindacatini insignificanti” a bloccare il paese, sta di fatto che alla prima occasione il governo è intervenuto per limitare il diritto dei lavoratori e delle sigle non confederali.
L'occasione si è presentata il 27 ottobre, per lo sciopero generale del settore pubblico e privato indetto da sindacati Cub, SGB, SI-Cobas, Usi-Ait, Slai Cobas, gli stessi che avevano scatenato le ire del governo alcuni mesi prima. Cortei da Milano a Bologna, da Napoli a Roma. Un'intensa giornata di lotta che accanto alle manifestazioni ha visto fin dall'alba centinaia di picchetti e presidi davanti a fabbriche e magazzini di tutto il paese, con la partecipazione non solo di lavoratori, ma anche di studenti, disoccupati, movimenti per la casa.
Uno sciopero riuscito nonostante la spaccatura tra le molteplici sigle (Cobas, UNIcobas e USB non vi hanno aderito), la ferrea censura dei mass-media, le intimidazioni padronali ai lavoratori e sopratutto il tentativo del governo di ridurne la portata, dimezzando per decreto la durata dell’astensione lavorativa, nell’intero comparto dei trasporti da 8 a sole 4 ore, minacciando la precettazione negli Enti Locali di Veneto e Lombardia con la scusa dei referendum autonomisti e leghisti, e al tentativo, fallito, di escludere le Poste e il settore Gas-Acqua.
Nel dettaglio, per quanto riguarda il trasporto aereo, lo sciopero generale è stato ridotto di 4 ore dalle ore 10 alle ore 14. Per il trasporto ferroviario e marittimo, lo sciopero è stato ridotto da 24 ore a 4: dalle 9 alle 13. Anche il comparto del trasporto pubblico locale, ferma restando l'osservanza delle fasce orarie di garanzia, ha subito la stessa riduzione. Per i servizi connessi al trasporto passeggeri, stop dalle 9 alle 13, lo sciopero sarebbe invece dovuto durare dalle 21 del 26 ottobre alle 21 del 27 ottobre. Ridotto a 4 ore, dalle 10 alle 14 anche lo sciopero generale dei lavoratori del comparto aereo, aeroportuale e indotto degli Aeroporti della Regione Lombardia proclamato dal Cub. Infine, dopo un incontro tra sindacati e ministero, spostato al 10 novembre lo sciopero di 4 ore del personale Enav e quello (sempre di 4 ore) del personale navigante e di alcune compagnie aeree minori.
Quello al diritto di sciopero è un attacco che si fa sempre più aperto, con i governi della destra e della “sinistra” borghese che fanno a gara a chi lo restringe sempre di più, senza dimenticare che questo diritto nel settore pubblico è già limitato da molti anni. All'inizio riservato a pochi settori come la sanità, poi esteso ai trasporti, infine ad ambiti come il turismo e il commercio che poco hanno a che fare con il “sevizio pubblico essenziale”. La scusa è sempre quella di difendere il diritto dei cittadini ad avere garantiti i servizi mentre sono proprio i governi a negarglieli con i tagli alla spesa pubblica e le privatizzazioni contro cui invece si battono i sindacati.
Anche il settore privato, attraverso l'inserimento contrattuale delle cosiddette “clausole di raffreddamento” subisce l'attacco al diritto di sciopero. Si tratta del rinvio ad accordi aziendali che definiscano strumenti preventivi e alternativi al conflitto, già normato per la salvaguardia in caso di scioperi degli impianti pericolosi per salute e ambiente. Adesso la normativa è estesa a qualsiasi azienda e non riguarderà solo le prestazioni minime ma il complesso delle attività. Per cui a fronte di accordi già firmati tra rappresentanti dei lavoratori e azienda gruppi di dipendenti o singoli sindacati che non sono d'accordo non potranno effettuare iniziative di sciopero.
Limitazioni che si ispirano al Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR), l'accordo tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil a cui hanno aderito in un secondo tempo anche le sigle “autonome” USB e COBAS. Il TUR stabilisce che possono stare nelle RSU e godere delle prerogative sindacali in azienda (assemblee, permessi, ecc.) quelle organizzazioni dei lavoratori che accettano di subordinare la propria libertà di sciopero alla volontà della maggioranza della stessa RSU o di quella dei sindacati maggiormente rappresentativi nella categoria. Le clausole contenute nel TUR rendono i contratti “esigibili” per cui chi non le accetta, non solo è escluso dalla formazione della rappresentanza e dunque dai tavoli contrattuali, ma se non condividono un accordo, non potranno nemmeno chiamare i lavoratori allo sciopero contro di esso e nemmeno criticarlo pubblicamente, pena sanzioni disciplinari contro i delegati ed economiche contro il sindacato.
Una legge dalla chiara impronta antioperaia voluta dalle sigle confederali collaborazioniste che in questo modo cercano di mantenere il monopolio dentro le aziende e soffocare il dissenso dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali più conflittuali e meno inclini al compromesso con i padroni. Una legge congeniale a un modello di sindacato istituzionale e corporativo che trova sulla stessa lunghezza d'onda governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, ispirato al “modello Marchionne” che, assieme al Jobs Act di Renzi ha distrutto il vecchio diritto borghese del lavoro e instaurato relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano.
15 novembre 2017