Inaugurata a Bologna la “Disneyland del cibo”
“Fico” è fondata su speculazione e sfruttamento
Un ingente schieramento di “forze dell'ordine” blocca una manifestazione di protesta
Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna
Ha aperto il 15 novembre alle porte di Bologna il grande “parco giochi” del cibo “Fico” (Fabbrica Italiana Contadina) non a caso ribattezzata la Disneyland del cibo.
Il parco dell’agroalimentare più grande al mondo si sviluppa su una superficie di 80.000 metri quadrati e su un percorso di diversi chilometri, al suo interno aziende, allevamenti, 40 punti di ristoro, aule didattiche, botteghe, un mercato per la vendita diretta e aree dedicate allo sport, un teatro, un cinema, ecc., il tutto all’insegna del cibo “sano e di qualità”.
Al progetto partecipano centocinquanta imprenditori grandi e piccoli (da piccoli artigiani a grandi consorzi come quello del ParmigianoReggiano), i ministeri dell’ambiente e dell’agricoltura, l’associazione dei borghi più belli d’Italia e l’Ente nazionale italiano per il turismo (Enit), Slow food, le università di Bologna e quella di Napoli, la Suor Orsola Benincasa .
A vederla così, e da come la presenta il suo ideatore l'imprenditore renziano Oscar Farinetti, fondatore anche di Eataly, affiancato all’inaugurazione anche dal presidente del Consiglio Gentiloni, sembra non vi sia nulla da eccepire: cibo di qualità, posti di lavoro, turismo, ecc.
Ma se si va a scavare un po’ più in profondità emerge una verità diversa.
A partire dalla speculazione e dalla cementificazione dell’enorme area interessata sulla quale prima sorgeva il Caab (Centro agro alimentare di Bologna), un terreno (che varrebbe 55 milioni di euro) preso in concessione (gratuita!) per 40 anni dal Comune di Bologna, guidato dal PD Merola, e dalla Regione Emilia-Romagna, guidata dal PD Bonaccini.
Per la ristrutturazione sono stati raccolti 75 milioni di euro di fondi privati: 15 milioni sono arrivati dal sistema cooperativo, dieci da imprenditori locali e altri 50 da casse previdenziali professionali.
Sono invece 20.000 gli studenti che nell’arco di un anno dovranno obbligatoriamente lavorare gratuitamente per 300.000 ore all’interno di “Fico”, in base all’alternanza scuola-lavoro introdotta da Renzi con la “Buona scuola”, l’ennesimo regalo ai capitalisti che possono sfruttare manodopera a costo zero.
Dentro il progetto “Fico” ci sono tutti quelli che hanno un certo potere a livello economico-politico, tra gli altri Hera, Coop Alleanza 3.0, Unipol, Intesa San Paolo, Comune di Bologna, Partito Democratico, Slow Food, Eataly, Poste Italiane, Randstad. Quest’ultima è una delle principali agenzie al mondo di lavoro interinale e girerà le scuole di tutta Italia per reclutare gli studenti al lavoro gratuito.
A “rompere le uova nel paniere” a Farinetti, Gentiloni e compagnia governativa al seguito ci hanno pensato studenti medi, universitari, attivisti sociali e “sindacati di base” che hanno protestato all’inaugurazione, bloccati però da un ingente schieramento di polizia, carabinieri e guardia di finanza.
Tra gli altri, l’Adl Cobas ha denunciato come “Fico” sia stata “presentata come una Disneyland del cibo. Piuttosto, sarebbe corretto dire una Disneyland del lavoro precario e sottopagato, della mercificazione e spettacolarizzazione dell'alimentazione, una nuova 'grande opera' in stile ExpoMilano che sfrutta territorio e risorse pubbliche per permettere di accaparrare enormi profitti ai soliti noti del Coop-capitalismo”, mentre il Centro sociale Tpo la bolla come la “fabbrica del lavoro gratuito obbligatorio, della mercificazione dell'alimentazione: una grande opera che sfrutta territorio e risorse pubbliche, che crea profitti per quelle cooperative e quelle aziende che alimentano sfruttamento e precarietà nel mondo del lavoro. Si tratta di un vero e proprio lavoro non pagato obbligatorio (per conseguire il diploma di maturità è obbligatorio svolgere le ore indicate di alternanza), senza tutele né diritti, spacciato per 'attività formativa' dal Governo, che dirotta così migliaia di giovani da un percorso scolastico ad un'agenzia di lavoro interinale (la multinazionale Randstad)”.
Durante la cerimonia di inaugurazione il “patron” Farinetti ha sottolineato l’importanza del lavoro degli immigrati nelle campagne che così “sostengono l'agricoltura italiana” (spaccandosi la schiena per pochi euro e per anche 10-12 ore al giorno), facendo poi una battuta di pessimo gusto: "Se non avessimo accettato i due più grandi immigrati della nostra storia, il grano e il pomodoro, non avremmo la nostra cucina. Meno male che non abbiamo fatto tante questioni allora, gli abbiamo dato subito lo ius soli".
A ben vedere quindi, vi è più di una ragione per contestare il nuovo parco agroalimentare bolognese, perché com’era scritto su uno striscione dei manifestanti: “Lavorare gratis non è Fico”!
22 novembre 2017