Su spinta della guerrafondaia Mogherini
Un altro passo avanti verso l'esercito dell'Ue imperialista
Pinotti entusiasta: “Dopo 60 anni, in pochi mesi abbiamo percorso più strada... grazie a una spinta forte dovuta a una volontà politica nuova” di cui l'Italia è promotrice
Il 13 novembre è stata un giornata da ricordare, in quanto “segna senza dubbio uno storico punto di svolta nella difesa europea”, ha commentato l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Federica Mogherini, sottolineando l'importanza dell’accordo appena firmato dal Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa a Bruxelles per la Cooperazione strutturata permanente in materia di difesa (Pesco). Ovvero alla costruzione dell'integrazione della difesa che non sarà più una materia di competenza quasi esclusivamente nazionale ma argomento comunitario; un altro passo in avanti verso l'esercito dell'Ue imperialista, presentato ancora come una gamba portante della Nato ma sempre più autonomo dall'alleanza militare imperialista con guida Usa. L'obiettivo dell'accordo, evidenziava la Mogherini, è “permettere lo sviluppo delle nostre capacità militari per rafforzare la nostra autonomia strategica”.
Nel documento sono elencati 20 “impegni” per “una cooperazione strutturata permanente” tra i quali quello dove i paesi firmatari riconoscono la natura “vincolante” della cooperazione permanente dove riconoscono l'esigenza di “impegni comuni ambiziosi e più vincolanti” tra i quali “aumentare regolarmente i bilanci della difesa in termini reali per raggiungere obiettivi concordati”; un aumento dei bilanci militari nei quali almeno il 2% dovrà essere dedicato alla ricerca e sviluppo, destinato all'industria militare per avere armamenti moderni, e il 20% dedicato a colmare lacune strategiche delle forze armate europee.
Fra i progetti comuni in discussione c'è la costruzione di un aereo senza pilota, un drone europeo, al quale l’Italia è pienamente coinvolta, oltre a ipotesi quali quella di trasformare la scuola militare Nunziatella di Napoli in una scuola di formazione europea e di costituire a Torino una scuola internazionale di Peacekeeping, per gli interventi militari camuffati da operazioni di pace. In discussione anche una “Schengen della Difesa” con la semplificazione degli spostamenti militari transfrontalieri. Al contrario dei migranti che trovano ovunque muri.
Operativamente la Pesco sarà funzionante a livello politico, dove si deciderà all’unanimità sugli indirizzi politici, e a livello di singoli progetti che possono raggruppare tutti o parte dei Paesi aderenti. Anche in questo caso si conferma che la locomotiva della Difesa europea è franco-tedesca, che viaggia a tutto vapore dopo l’accordo siglato tra Parigi e Berlino lo scorso 13 luglio comprendente una serie di programmi militari da sviluppare insieme; gli altri si potranno accodare.
La principale differenza con altre forme di cooperazione al momento riguarda il fatto che gli impegni presi sono vincolanti. Gli Stati aderenti manterranno il diritto sovrano di comandare le proprie forze armate, pur impiegate nella Pesco; non si tratterebbe quindi del progetto di un vero “esercito europeo” ma è un passo in quella direzione.
L'accordo è stato firmato dai rappresentanti di 23 paesi membri della Ue; al progetto di difesa comune non hanno aderito al momento Danimarca, Malta, Irlanda, Portogallo e il Regno Unito. I ministri di Portogallo e Irlanda non hanno potuto firmare per questioni procedurali interne ma hanno garantito la loro adesione al vertice del Consiglio Ue di dicembre, al momento del varo definitivo; il Regno Unito ha già avviato la Brexit, l'uscita dall'europa comunitaria nel 2019. E proprio la Brexit, che ha tolto dal tavolo il governo di Londra legato a doppia corda all'imperialismo americano e oppositore di ogni spinta militare autonoma degli imperialisti europei anche all'interno della Nato, ha reso possibile l'accelerazione della costruzione della Pesco.
Come metteva significativamente in evidenza il ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti “dopo 60 anni di attesa, in pochi mesi abbiamo fatto più lavoro e abbiamo percorso più strada di quella che era stata compiuta nei decenni precedenti”. Un risultato che si deve a “una spinta forte dovuta a una volontà politica nuova”, di cui l'Italia è stato promotore, sottolineava il ministro, “c'è stato il lavoro che abbiamo fatto con Germania, Francia e Spagna, un percorso che era iniziato con una lettera a quattro che abbiamo ovviamente aperto a tutti i colleghi”. A dire il vero l'iniziativa dell'imperialismo italiano rincorreva quanto già avviato dal tandem franco-tedesco in tema di cooperazione militare ma non c'è dubbio che l'imperialismo italiano nella corsa a rivendicare la paternità del successo della Pesco, possa mettersi più di una medaglia sul petto; a partire da quella rappresentata dalla spinta della guerrafondaia Mogherini che in qualità di Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Unione europea ha inquadrato il tema e a ha guidato i primi passi per concretizzarlo con il documento intitolato “Visione condivisa, azione comune: un'Europa più forte”, presentato e approvato dal vertice Ue di Bruxelles del 28 giugno 2016.
L'argomento militare diventava tema permanente dei vertici europei fra i quali il Consiglio europeo dell'8 giugno scorso che decideva di istituire “una capacità militare di pianificazione e condotta (MPCC) in seno allo Stato maggiore dell'Ue” col compito di guidare le missioni militari “senza compiti esecutivi dell'Ue che attualmente sono quelle in Somalia, nell'Africa centrale e in Mali.
Il successivo incontro del 19 giugno a Bruxelles tra la Mogherini e il vicesegretario generale della Nato Rose Gottemoeller evidenziava “i progressi compiuti in materia di cooperazione Ue-Nato”, come dire che non esistevano conflitti tra i passaggi della difesa comune europea e gli impegni nell'Alleanza atlantica. Così il Consiglio europeo del 22 giugno poteva senza remore dare l'avvio della costruzione della Pesco con l'impegno degli Stati membri di definire entro tre mesi un elenco comune di criteri e impegni e progetti concreti. A Bruxelles si sprecavano i commenti su quello che veniva definito “un passo storico”, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk all'appena eletto presidente francese Emmanuel Macron. Si arrivava così a passo di carica alla firma dell'intesa a 23 di Bruxelles del 13 novembre dopo la quale la Mogherini si dichiarava decisa a “portare avanti il lavoro per provare a fare in modo che la decisione del Consiglio europeo possa essere presa entro la fine dell'anno” al vertice in programma il 14 e 15 dicembre.
22 novembre 2017