Mafia Capitale
Zingaretti indagato per falsa testimonianza
Insieme al governatore del Lazio indagati altri esponenti del PD
il 7 novembre la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il governatore piddino del Lazio Nicola Zingaretti, l'ex viceministro dell'Interno Filippo Bubbico, la responsabile nazionale del PD per Welfare e Terzo settore Micaela Campana e altre 24 persone tutte accusate a vario titolo di reticenza e falsa testimonianza.
Il provvedimento è stato deciso dopo dopo che il 3 novembre la X sezione penale del Tribunale di Roma – che il 19 luglio scorso ha condannato Massimo Carminati e Salvatore Buzzi (per associazione a delinquere semplice, non per mafia) – ha trasmesso alla Procura i verbali degli interrogatori resi da alcuni testimoni chiamati a deporre durante il processo.
Non è la prima volta che l’inchiesta Mafia Capitale coinvolge Zingaretti. Era già successo subito dopo le dichiarazioni di Salvatore Buzzi quando il governatore piddino fu indagato per concorso in turbativa d’asta in relazione alla gara per il servizio Cup (centro unico prenotazioni sanitarie) istituita nel 2014 dalla Regione Lazio.
Adesso i giudici della decima sezione del Tribunale hanno chiesto ai Pubbici ministeri (Pm) capitolini: Luca Tescaroli e gli aggiunti Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, di vagliare quanto dichiarato, sotto giuramento, nell'aula bunker del carcere di Rebibbia, da Zingaretti, Bubbico, Campana e agli altri 24 indagati per fugare il sospetto “di una testimonianza falsa o reticente”.
Nelle motivazioni della sentenza di condanna di Buzzi e Carminati rese pubbliche il 17 ottobre scorso, i giudici scrivono fra l'altro che, oltre a Zingaretti e Bubbico, sospettano “di reticenza e/o falsità anche la testimonianza resa da Campana Micaela in relazione ai suoi numerosi ‘non ricordo’, spesso del tutto inverosimili in quanto apodittici e non meglio motivati e contrastanti con il contenuto chiaro delle intercettazioni telefoniche attinenti ad argomenti importanti nella vita politica o personale della donna”.
Quanto a Zingaretti il collegio ha ritenuto affidabile la versione di Salvatore Buzzi, condannato a 19 anni di carcere in primo grado, che indicava il governatore della Regione come coinvolto nello scandalo del Cup, il centralino unico per prenotare visite sanitarie nel Lazio. Un appalto da milioni di euro al centro del maxiprocesso sul quale la posizione di Zingaretti è già stata archiviata.
Per l'ex viceministro Bubbico, invece, i giudici non hanno ritenuto credibile il suo negare ogni contatto con il boss delle Coop “rosse” Salvatore Buzzi.
Per il tribunale – si legge ancora nelle motivazioni della sentenza – sono anche “emersi elementi di reità in ordine al reato di calunnia per il teste assistito Roberto Grilli”, ossia il “collaboratore di giustizia” che sentito in aula non ha confermato alcune accuse fatte all’ex Nar Massimo Carminati davanti ai Pm: “Sono dichiarazioni orchestrate – aveva detto Grilli in aula – e organizzate dal mio avvocato per ottenere la protezione. (…) Ho dato retta a quel legale…”. Il giorno della sua testimonianza, i Pm a sorpresa hanno depositato la trascrizione di un audio registrato durante un incontro tra Grilli e il capitano del Ros, Antonio Corvino, che era andato a consegnargli l’atto di citazione per la testimonianza: “Capitano… – diceva – il mio profilo basso fino adesso mi ha garantito di stare in vita a Roma… Adesso, dopo questa cosa, non so’ più garantito con nulla (…) durerò due settimane”.
Tra i 27 indagati anche il braccio destro dell'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, Antonio Lucarelli, che aveva respinto con forza l'ipotesi di aver subito pressioni da Massimo Carminati negando di averlo mai conosciuto.
22 novembre 2017