“MicroMega” del trotzkista Flores d'Arcais celebra le “correnti eretiche” della Rivoluzione d'Ottobre
Per “Il Fatto” di Travaglio è “una operazione meritevole”, come scrive il trotzkista Cannavò
Poteva mancare “MicroMega” alla lista interminabile dei detrattori, calunniatori e falsificatori che in occasione del Centenario si sono scatenati contro la Rivoluzione d'Ottobre e i suoi artefici Lenin e Stalin? Sarebbe stato strano il contrario, e infatti la rivista del trotzkista Paolo Flores D'Arcais dedica al grandioso avvenimento l'intero n. 7/2017, ma solo per imbastire una sporca operazione politica tesa a screditarlo, attaccare Lenin e Stalin, e riabilitare tutte quelle figure che dall'interno e dall'esterno del Partito bolscevico hanno cercato di opporsi alla loro ferma direzione e sabotare la Rivoluzione e l'edificazione del socialismo. Del resto Flores d'Arcais non si è mai identificato con quella Rivoluzione e la storia dell'Urss, quantunque sia un impareggiabile campione del trasformismo politico, avendo aderito sin dagli esordi alla IV internazionale, il che gli valse l'espulsione dal PCI per trotzkismo, e ai "Nuclei comunisti rivoluzionari", per poi sostenere “Il manifesto” e i DS.
“Cent'anni dall'Ottobre, cent'anni di eresie”, è infatti il titolo scelto per questo numero speciale della rivista, che nell'editoriale del direttore Flores rivendica apertamente l'intento di celebrare con questa iniziativa “le correnti rivoluzionarie eretiche, gli sconfitti anziché i vincitori. Non certo per romanticismo ma per realismo. Perché i vincitori, i bolscevichi, lo sono solo in apparenza: prendono il potere con i soviet e per i soviet, ma nell'esercitarlo affossano con essi la rivoluzione”. Cioè rivendica l'intento di dimostrare la tesi trotzkista della “rivoluzione tradita” da Stalin, ma in fondo anche da Lenin e dalla maggioranza del Partito bolscevico da essi sempre saldamente guidato e di riabilitare, come aggiunge Flores, le “tradizioni rivoluzionarie, neglette e spesso dimenticate” dei loro oppositori sconfitti, “perché portano con sé alcuni elementi potenziali ancora fecondi, mentre la vicenda del potere bolscevico, almeno da Kronstadt in poi, insegna solo cosa una rivoluzione non può e non deve essere”.
Insomma, quello che rimane in piedi e ancora valido oggi di quella straordinaria esperienza storica sarebbero, secondo lui, solo le voci degli “eretici”, ossia dei controrivoluzionari e degli anti leninisti e anti stalinisti sconfitti. Da notare che l'operazione anti marxista-leninista di “MicroMega” è stata sponsorizzata in pieno da “Il Fatto Quotidiano” diretto da Marco Travaglio, con un articolo entusiastico a firma non a caso del trotzkista, ex Sinistra Critica, ex Rifondazione comunista e vicedirettore di “Liberazione”, Salvatore Cannavò, il quale la giudica un'“operazione meritevole”, spingendosi a sostenere che “la scelta degli eretici permette di tenere aperta l'ipotesi controfattuale della storia, 'cosa sarebbe accaduto se...'”.
Trotzki “numero due della rivoluzione”
Già nell'editoriale che presenta gli articoli scritti da vari storici e giornalisti italiani e stranieri, tutti di matrice trotzkista e liberale, il direttore Flores compie di propria mano sfacciate falsificazioni storiche. In particolare quella secondo cui Trotzki sarebbe stato “il numero due della rivoluzione fino alla morte di Lenin”, sottintendendo con ciò che Trotzki sarebbe stato il braccio destro e l'erede naturale di Lenin. Al punto che i due “si muovevano in piena sintonia”, e in particolare sulla parola d'ordine di “tutto il potere ai soviet!”, lanciata da Lenin con le “Tesi d'aprile”, e sostenuta da entrambi anche contro “il gruppo dirigente bolscevico raccolto attorno a Kamenev e Stalin” che avrebbe rifiutato tale parola d'ordine.
Questa falsificazione, consistente nell'esaltare - solo un po' meno platealmente di Ezio Mauro - Trotzki come “gran maestro” della Rivoluzione d'Ottobre, viene studiatamente puntellata con il primo articolo proposto, un brano della giornalista americana Louise Bryant, moglie di John Reed, che descrive gli avvenimenti a cavallo della presa del Palazzo d'Inverno a Pietrogrado: brano in cui Lenin e Stalin non vengono mai nominati, al contrario di Trotzki che è nominato più volte, finendo per apparire quasi come l'unico esponente bolscevico di rilievo, oltre al solo Kamenev, presente sulla scena pubblica in quei giorni decisivi.
Con l'articolo successivo, “Rosa Luxemburg critica del leninismo”, l'attacco viene portato direttamente a Lenin, utilizzando le posizioni della leader della Lega spartachista tedesca espresse in alcuni suoi scritti, in particolare il saggio “La rivoluzione russa”, dalle quali emerge tutta la sua avversione alla concezione leninista del partito e della dittatura del proletariato, contrapponendo ad esse la sua concezione spontaneista, anarcoide e democratico-borghese del partito e della rivoluzione: “In disaccordo con Lenin rispetto al centralismo organizzativo e alla forma del partito, emerge una concezione fondata sull'autorganizzazione delle masse e la forza del popolo, che considera la rivoluzione proletaria inscindibile dalle libertà democratiche”, recita infatti la nota di presentazione dell'articolo firmato da Michele Fiorillo.
Esaltazione degli oppositori di Lenin e Stalin
Segue poi un articolo sulle opposizioni “operaiste” all'interno del Partito bolscevico nel periodo 1918-1921, cioè sulle correnti deviazioniste di “sinistra”, guidate da opportunisti come Bukharin, Radek, Smirnov e altri, presentati come espressione genuina della base operaia contrapposti al vertice del partito di Lenin già trasformatosi in un organismo burocratico, autoritario e staccato dalle masse: “La costante di quasi tutte queste posizioni – suggerisce furbescamente la nota di presentazione – era la contrapposizione alto/basso, vertici politici/base proletaria: da un lato Lenin e i suoi alleati quasi sempre schierati per le soluzioni verticistico-avanguardistiche, dall'altro i sostenitori della centralità operaia e della sua autonomia”.
La stessa operazione si sviluppa nei due articoli successivi, accentuando ancor più gli argomenti a dimostrazione della tesi che i vincitori - Lenin, il Partito bolscevico, e Stalin – sarebbero gli affossatori della Rivoluzione d'Ottobre che hanno tradito i suoi obiettivi e sostituito il potere del proletariato e delle masse con il potere di un ristretto vertice di autocrati. Si tratta di un articolo di esaltazione della rivolta anarchica dei marinai di Kronstadt nel 1921, che i bolscevichi dovettero stroncare con la forza perché avrebbe potuto estendersi mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa della rivoluzione, e di un altro di esaltazione di Trotzki, definito “leggendario commissario del popolo alla guerra”, e della cosiddetta “opposizione di sinistra” all'interno del Partito bolscevico dal 1920 al 1940, battuta in breccia da Stalin, alla quale va ovviamente tutta la simpatia della rivista.
Altri due articoli sono dedicati ad attaccare in particolare Stalin, sia attraverso l'esaltazione di alcuni dirigenti del trotzkismo internazionale, come Andreu Nin e Joaquìn Maurìn, fondatori del Poum, il più forte partito trotzkista antistalinista di Spagna negli anni della guerra civile, e attraverso la figura dell'anarchico Camillo Berneri, che secondo chi scrive fu “assassinato per mano dell'Internazionale comunista” a Barcellona nel 1936 perché si proponeva di “costruire un'alleanza antifascista alternativa a quella socialcomunista” tra liberali e anarchici fuoriusciti. Ci sono perfino un articolo sulla “primavera di Praga”, scritto da un ex consigliere del presidente cecoslovacco anticomunista e liberale, Vàclav Havel, e uno di un ex fondatore di Solidarnosc sulle rivolte in Polonia.
La Rivoluzione d'Ottobre e il revisionismo gramsciano
Particolarmente significativo è infine l'articolo scritto dallo storico Angelo D'Orsi, già firmatario nel 2014, ma ora si è spostato più a destra, insieme a Gianni Vattimo, Manlio Dinucci, Domenico Losurdo e altri intellettuali di area trotzkista, del manifesto “per la ricostruzione del Partito comunista nel quadro ampio della sinistra di classe”. Da esso si ricava infatti dove vanno a sintesi in Italia tutte queste posizioni variamente critiche, da destra e da “sinistra”, nei confronti della Rivoluzione d'Ottobre e dell'edificazione del primo Stato socialista nella storia: cioè nella concezione gramsciana del partito e del processo rivoluzionario, attraverso il concetto di “guerra di posizione” contrapposto a quello di rivoluzione, della conquista graduale delle “casematte” della società borghese contrapposta alla conquista del potere politico da parte del proletariato, dell'“autogestione” contrapposta alla dittatura del proletariato, della “democrazia dei Consigli” contrapposta al ruolo guida del Partito marxista-leninista, e della prevalenza del fattore culturale rispetto a quello economico-politico.
Fino non solo a non riconoscere e rigettare il marxismo-leninismo e la stessa esperienza della Rivoluzione d'Ottobre, ma perfino a stravolgere e rigettare anche Marx, come suggerisce appunto il titolo dell'articolo: “Antonio Gramsci dentro e oltre il marxismo”. Vanno a finire cioè nell'idealismo, nel riformismo e nel liberalismo borghesi, vera anima del revisionismo gramsciano, che non a caso è all'origine del PCI revisionista di Togliatti e della “via italiana al socialismo”. E che continua a ricomparire come un marchio di fabbrica indelebile ogni volta che in Italia qualche imbroglione politico, da Rifondazione in poi, ha cercato e cerca ancora di ricostruire il PCI revisionista sotto altre forme.
Si tratta quindi dello stesso tipo di operazione fatta da “Il manifesto” trotzkista, consistente nel riabilitare Trotzki e gli altri avversari di Lenin e gettare fango sui due grandi artefici della Rivoluzione d'Ottobre e del primo Stato socialista. Per poi andare a finire, come ha mostrato di recente anche Luciana Castellina, all'esaltazione di Gramsci e della democrazia borghese, che è ormai il loro approdo finale dopo aver tagliato tutti i ponti col marxismo-leninismo e il socialismo, ricongiungendosi con quel revisionismo da cui si erano separati solo in apparenza quasi 50 anni fa.
6 dicembre 2017