Col pretesto di “battere il terrorismo”
Dati dei cellulari e internet conservati 6 anni
Addio privacy
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 27 novembre la legge n. 167 del 20 novembre 2017 intitolata “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017
”, la quale, tra l’altro, dispone all’art. 24 che i dati del traffico telefonico e telematico, insieme ai dati relativi alle chiamate senza risposta, saranno conservati per settantadue mesi, ossia 6 anni.
È lo stesso art. 24 a spiegare che il provvedimento è stato emanato dall’Italia, in attuazione dell'articolo 20 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017, “al fine di garantire strumenti di indagine efficace in considerazione delle straordinarie esigenze di contrasto del terrorismo, anche internazionale
”.
L’introduzione dell’emendamento che ha poi portato all’emanazione dell’art. 24 della Legge europea è opera dei deputati Walter Verini e Giuseppe Berretta (PD) che lo hanno elaborato insieme all’ex M5S (ora Gruppo misto Mara Mucci), e successivamente il testo di legge è stato votato dall’attuale maggioranza.
In base alla precedente normativa il tempo di conservazione dei dati telefonici e telematici era di 24 mesi (ossia 2 anni, mentre il periodo di conservazione delle chiamate senza risposta era di 30 giorni.
La norma era già stata duramente criticata a luglio, durante i lavori parlamentari, dal presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Antonello Soro, il quale aveva affermato che la parificazione tra dati di traffico telefonico e telematico, se non giustificata da specifiche esigenze investigative, viola la normativa italiana in tema di privacy e potrebbe addirittura risultare incompatibile con le stesse indicazioni comunitarie, e la cosa risulterebbe paradossale, visto che la norma è stata introdotta dal legislatore italiano proprio in recepimento di una direttiva comunitaria.
Il risultato sarà che, con il pretesto della lotta al terrorismo, l’autorità giudiziaria e quella di polizia, che certo non brillano per trasparenza, potranno arbitrariamente disporre dei dati che le compagnie telefoniche e i provider saranno obbligati ad archiviare per un tempo mediamente più che doppio rispetto alla media degli altri Paesi europei, con il rischio concreto di schedature di massa per finalità che, ovviamente, l’opinione pubblica non è in grado di controllare.
È evidente che la norma entrata in vigore favorisce indiscutibilmente il controllo poliziesco sulla popolazione e dà al governo, ai servizi segreti e alla magistratura ancora più potere di spiare e schedare chiunque. Inoltre favorisce le attività, svolte in forma anonima e aggregata, di profilazione, scoring e marketing delle utenze, effettuate dalle compagnie telefoniche e provider internet che, con l’allungamento dei tempi di conservazione, ottengono indiscutibili vantaggi economici sui costi di gestione, avendo più tempo a disposizione per effettuare le relative operazioni.
13 dicembre 2017