Per i giovani sarà la più alta dopo la Danimarca
Ocse: in Italia si lavorerà fino a 71 anni
Il tema delle pensioni in Italia è sempre all'ordine del giorno. Si susseguono controriforme, si dibatte su quale debba essere l'età pensionabile, sui costi della previdenza e anche in questo fine 2017 queste problematiche sono al centro di un aspro confronto tra alcuni sindacati e il governo Gentiloni. Una cosa è certa: nel giro di neanche 20 anni il sistema previdenziale italiano è diventato uno dei peggiori d'Europa.
A confermare questa situazione è arrivato il rapporto dell'OCSE (l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). L'istituto che ha sede a Parigi conduce a scadenza biennale un'inchiesta sui sistemi pensionistici dei 35 paesi membri, tra cui fanno parte tutti quelli del G20, che prende il nome di "Pensions at a Glance” (uno sguardo sulle pensioni
). Praticamente parliamo di quasi tutta l'Unione Europea, più Usa, Canada e Messico, Giappone, Australia, Turchia e altri Stati minori.
Tra le tante elaborazioni e tabelle i commenti si sono concentrati sul dato relativo all'età pensionabile di chi è entrato nel mondo del lavoro nel 2016 all'età di 20 anni. L'Italia si colloca al secondo posto con un'età prevista di 71,2 anni, scavalcata solo dalla Danimarca con 74. Evidentemente il paese scandinavo non è poi quella “patria del welfare” e del buon vivere come spesso viene descritta dai mass-media. Assieme a questi due Paesi, nel ristretto e poco invidiabile elenco dove si supera la soglia dei 70 anni troviamo solo l'Olanda con 71.
L'Italia è quindi ben al di sopra della media OCSE di 65,8 anni per gli uomini e 65,5 per le donne. Da qui al 2060, pur se largamente staccati, supereranno la media Paesi come Regno Unito, Irlanda, Portogallo, Finlandia (68 anni), Usa, Australia, Israele, Norvegia (67). Al di sotto troviamo invece Slovenia (60) Turchia (61 uomini, 59 donne), Grecia (62), Francia (64), Svizzera (65/64), Germania, Spagna, Austria e Belgio (65).
I dati smentiscono un altro luogo comune, e cioè che l'asticella dell'età debba essere più alta dove si vive più a lungo. Secondo le previsioni dell'Ocse in Giappone, il paese con la più alta aspettativa di vita al mondo, i giovani che iniziano a lavorare adesso andranno normalmente in pensione a 65 anni, oppure con un'alta contribuzione a 60 anni, contro i corrispettivi 71,2 e 67,4 anni che occorrono in Italia.
Dal rapporto sulle pensioni dell’OCSE, è emerso che rispetto ai 35 paesi membri, solo 6 paesi tra cui l’Italia hanno adottato il meccanismo dell’aspettativa di vita per l’uscita lavorativa. Comunque negli ultimi due anni, un terzo dei paesi dell'OCSE ha modificato i livelli di contribuzione, un terzo ha modificato i livelli di prestazioni per tutti o alcuni pensionati e tre Paesi hanno promulgato nuove misure per aumentare l'età pensionabile legale. Allo stesso tempo, le recenti riforme abbasseranno i redditi di molti futuri pensionati.
Dobbiamo anche rilevare che tra i requisiti richiesti dalla legge e l'effettivo data del pensionamento ci sono delle discrepanze. In questo caso le differenze tra i vari Paesi si assottigliano e attualmente l'Italia con 62 anni è perfino sotto la media OCSE. Ma questo significa ben poco se non che, soprattutto certe mansioni pesanti e stressanti, non si possono sopportare oltre un certo limite, ci si accontenta di assegni più bassi anziché rimanere a lavorare e ottenere una pensione più alta.
I dati relativi all'Italia sono comunque transitori perché si portano dietro lasciti del precedente sistema previdenziale, in rapido peggioramento. Non a caso il nostro Paese, dopo l'Irlanda, è quello che registra negli ultimi anni il maggiore aumento di permanenza al lavoro. Nonostante questo l'Italia è indicata tra gli Stati che devono ulteriormente diminuire la spesa pensionistica, attualmente al 14% netto del Pil.
L'avvertimento e le minacce dell'organizzazione imperialista con sede centrale nella capitale francese sono chiare: “I Paesi dell’OCSE non devono attendere la prossima crisi per attuare le riforme necessarie per rispondere all’aumento della longevità, tra rischi crescenti di ineguaglianza tra anziani e l’evoluzione delle forme di lavoro”.
13 dicembre 2017