Per imporla quale potenza imperialista egemone nell'area in funzione anti Iran
Usa e Ue complici dell'Arabia saudita nell'aggressione imperialista allo Yemen
La guerra in Yemen, o meglio l'aggressione dell'Arabia saudita al paese confinante per tenere in piedi il governo del presidente Hadi che sarebbe già caduto sotto l'offensiva delle forze della minoranza Houthi guidata dal movimento Ansar Allah, dura da quasi tre anni con un bilancio di vittime civili che ha superato le 13 mila persone, di cui 5 mila bambini, 40 mila feriti e tre milioni di sfollati; vittime per la maggior parte dei continui bombardamenti dell'aviazione saudita. La distruzione delle infrastrutture ha causato tra l'altro la scarsità di acqua potabile e la diffusione di malattie quali il colera, che ha colpito un milione di yemeniti, febbre dengue e malaria, come ha denunciato l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Financo le organizzazioni dell'Onu che si occupano di profughi e di operazioni umanitarie civili condannano la “guerra assurda” in Yemen ma l'aggressione imperialista saudita continua grazie all'appoggio militare e politico dei complici e protettori imperialisti Usa e Ue che già avevano spinto la monarchia reazionaria wahabita dei Salman a guidare la coalizione sunnita contro lo Stato islamico. Quella coalizione oggi perde pezzi, con la Turchia di Erdogan che è passata nel campo concorrente sotto l'ala dell'imperialismo russo e col Pakistan che potrebbe percorrere la stessa strada verso la Cina dopo che lo scorso 5 gennaio gli Usa hanno deciso di sospendere 1,3 miliardi di dollari in aiuti militari accusando Islamabad di non “contrastare il terrorismo”, ossia i talebani afghani, mentre Pechino ha annunciato l'intenzione di costruire una base navale vicino al porto strategicamente importante di Gwadar, lungo la nuova Via della Seta marittima; un altro importante alleato come l'Egitto del dittatore al-Sisi è in difficoltà, e anche esso stringe accordi militari con la Russia di Putin. Resta l'Arabia saudita che gli imperialisti Usa e Ue puntano a imporre quale potenza imperialista egemone nell'area, a fianco dei sionisti, in funzione anti Iran.
Nel paese più povero del Golfo Persico, che ha comunque una importanza strategica trovandosi all'uscita del Mar Rosso lungo la via marittima di transito del greggio e delle merci diretti in Europa, il movimento guidato da Ansar Allah conquistava la capitale Sana’a nel settembre 2014; col supporto iraniano, accusava Riyad, che reagiva con la forza come quando nel 2011 aveva stroncato coi carri armati la “primavera araba” nel Bahrein a larga maggioranza sciita ma governato dalla fedele dittatura della dinastia sunnita degli Al Khalifa. Allora l'aggressione saudita al vicino Emirato non occupò che poche righe nei media imperialisti e passò sotto silenzio; i massacri di civili in Yemen rendono impossibile per la propaganda imperialista nascondere del tutto quanto succede nel paese ma la copertura anche mediatica è identica a vantaggio dell'aggressore. Lo scontro tra Riyad e Teheran è solo in parte dovuto alle diverse componenti religiose islamiche, è soprattutto uno scontro politico e economico per l'egemonia locale, acuitosi una volta che la Rivoluzione islamica in Iran ha perso gran parte delle sue caratteristiche antimperialiste dopo la morte di Khomeini.
I paesi imperialisti Usa e Ue sono dalla parte dei sauditi, che viaggiano velocemente verso una aperta alleanza con gli imperialisti sionisti di Tel Aviv e hanno consolidato con la recente visita a Mosca del re Salman un canale di collegamento con l'imperialismo russo. L'imperialismo europeo vuol tenere i piedi su due staffe e non segue a occhi chiusi Trump nello scontro con l'Iran tuttavia, come recentemente ha confermato il capo di Stato maggiore dell’esercito governativo yemenita alcuni “paesi della Ue, dell’Europa orientale e del sud-est asiatico” si sono candidati per “fornire supporto logistico”.
Il riarmo dell'Arabia saudita (alimentato anche dalle bombe che arrivano dall'Italia di Gentiloni e Matarella), era sostenuto anche dall'amministrazione Obama ed è proseguito con Trump che ha firmato l'ultimo contratto di vendita di armi per un valore di 110 miliardi di dollari; altre armi sono state vendute dai paesi europei, Italia compresa. Non per nulla Riyad è tra i primi tre paesi al mondo con il più alto rapporto percentuale tra spese militari e pil, un valore superiore al 10%. Ma quello di Trump non è solo un aiuto indiretto, c'è anche una quota di partecipazione dell'imperialismo americano nei raid aerei sullo Yemen che nel 2017, nel primo anno della nuova amministrazione, si curava di far sapere il Pentagono, sono stati 120, quasi quadruplicati rispetto al 2016. “Queste operazioni hanno aiutato a svelare le reti terroristiche, a raccogliere informazioni di intelligence, a realizzare operazioni sempre più produttive ed efficienti”, sosteneva il portavoce del Pentagono facendo finta di non sapere che anche queste avevano avuto il loro pesante bilancio di vittime civili, le cosiddette “vittime collaterali” secondo la fraseologia imperialista inaugurata dalla guerra di aggressione all'Afghanistan.
Nel caso dello Yemen si tratta della guerra a distanza con l'uso di aerei e droni iniziata da Bush e proseguita da Obama contro le basi “terroriste” di al Qaeda nella Penisola Arabica che si è conquistata il controllo di varie zone nell’est del paese.
10 gennaio 2018