Il re fascista Vittorio Emanuele III non deve stare in Italia nemmeno da morto
Né al Pantheon né al santuario di Vicoforte
Le salme dei sovrani fascisti riportate segretamente in Italia grazie a Mattarella e al governo Gentiloni
Il rientro della salma di Vittorio Emanuele III di Savoia, re d'Italia dal 1900 al 1946, colui che favorì l'ascesa al potere del fascismo e non alzò un dito contro Mussolini durante il buio ventennio, è un atto che non va sottovalutato, né derubricato a operazione di distrazione di massa, come fanno alcuni.
I fatti: Vittorio Emanuele era sepolto nella cattedrale di Santa Caterina ad Alessandria d'Egitto, dove morì settant'anni fa, in esilio per la sua collusione con il fascismo. Il 17 dicembre, dopo il rientro improvviso della salma della moglie, è rientrato in Italia ed è stato sepolto nel santuario di Vicoforte, in Piemonte, terra d'origine di Casa Savoia. Da tempo i suoi discendenti ne volevano il ritorno e ora addirittura chiedono, come ha fatto Emanuele Filiberto, che venga sepolto al Pantheon di Roma, dove già riposano Vittorio Emanuele II e Umberto I.
Il primo aspetto di questa vicenda è la colpevolezza del governo italiano e addirittura del presidente della Repubblica. Tutta l'operazione è stata tenuta nascosta alle larghe masse, condotta in gran segreto e imposta a fatto compiuto. Questo nonostante il peso politico e storico dell'intera vicenda e nonostante lo Stato italiano abbia pure speso soldi pubblici per renderla possibile, visto che la salma è stata riportata in Italia a bordo di un aereo militare.
Il fatto che Maria Gabriella di Savoia, la nipote del re, abbia direttamente ringraziato il presidente della Repubblica per avere “permesso il rientro della salma in Italia” e che l'Aereonautica militare abbia rimandato direttamente al Quirinale la decisione di volo di Stato, dimostra che nella cabina di regia c'era proprio Mattarella, al quale come minimo dovrebbero essere pretese delle spiegazioni, anche solo per il grave sperpero di denaro pubblico. Il fatto che, pare, fra le condizioni ci fosse l'interdizione del Pantheon, non cambia la natura del fatto.
In ogni caso il rientro di Vittorio Emanuele III, è gravissimo ma non ci stupisce troppo perché non è che l'ultimo frutto marcio del processo di pacificazione nazionale messo in atto soprattutto dal “centro-sinistra” e da Ciampi in poi per creare una “memoria condivisa” che superasse le “divisioni” del passato, soprattutto derubricando il fascismo ad una parentesi della gloriosa storia d'Italia e oscurando i crimini dell'imperialismo italiano prima e durante il ventennio mussoliniano. Utile soprattutto a rilanciare l'interventismo imperialista italiano oggi che i governi borghesi del nostro Paese ricercano un ruolo sempre più attivo di prim'ordine sullo scacchiere internazionale, soprattutto nelle ex colonie, a partire dalla Libia. E che ha, come effetto collaterale, lo sdoganamento dei gruppi apertamente fascisti che hanno potuto scorrazzare liberamente, ignorati quando non avvallati dalla “sinistra” borghese, almeno finché questo non le si è ritorto contro, come con l'assalto squadristico alla redazione de “la Repubblica”.
Noi siamo con l'ANPI nell'esprimere la nostra indignazione al rientro della salma di chi ha svolto un ruolo storico in netto contrasto con l'antifascismo e la Resistenza. Riteniamo gravi le aperture di chi, come il leader di “Liberi e uguali” Piero Grasso, pur contestando la tumulazione al Pantheon, difende l'operazione come “mero atto di umana compassione”, proprio come si giustifica Gentiloni. L'umana compassione non ha nulla a che fare con questo atto, si tratta di una presa di posizione politica su uno dei simboli del fascismo e del macello della prima e della seconda guerra mondiale imperialista.
Va infatti ricordato che i crimini storici di Vittorio Emanuele III non si limitano al fascismo. Fu lui a firmare l'entrata dell'Italia nel primo conflitto mondiale nel 1915. Fu lui a rifiutarsi di firmare lo stato d'assedio durante la marcia su Roma, giustificando la presa del potere di Mussolini. Fu lui a firmare le leggi razziali e a godere del titolo di “imperatore”. Senza contare la vigliacca fuga da Roma dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre, che lasciò l'esercito italiano allo sbando e al massacro da parte dei tedeschi. Se anche nacquero dissapori con Mussolini, ciò fu soltanto per i bisticci dei due galli nello stesso pollaio non certo per un genuino amore verso il popolo italiano oppresso dal fascismo al quale Vittorio Emanuele aveva spalancato le porte di Roma e del governo.
No al Pantheon per la salma di Vittorio Emanuele III! Fuori d'Italia i Savoia fascisti anche da morti! Difendiamo la memoria e l'attualità dell'antifascismo!
10 gennaio 2018