Milano
Strage di operai alla lamina di Via Rho
Quattro morti asfissiati e due ricoverati in ospedale. Un muratore muore mentre ristruttura una casa a Cafasse nel torinese. Un diciannovenne perde la vita nel bresciano stritolato da un tornio
Migliaia di lavoratori in piazza al grido “Mai più morti sul lavoro”

Redazione di Milano
Dieci anni dopo la terribile strage dei 7 operai morti nel rogo della ThyssenKrupp di Torino, nulla è cambiato sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro e l'ecatombe di lavoratori sottoposti alle bestiali condizioni di sfruttamento imposte dal sistema di produzione capitalista fondato sulla ricerca del massimo profitto sembra non avere mai fine.
Nel pomeriggio del 16 gennaio in via Rho (zona Greco) alla Lamina, azienda metalmeccanica che si occupa della produzione di acciaio e titanio, si è consumata una delle più terribili stragi di operai degli ultimi anni. Quattro operai sono morti dopo aver respirato le esalazioni di un gas letale, in un locale sotterraneo dove si trova un forno per scaldare l'acciaio. Il 43enne Marco Santamaria, Giuseppe Setzu, di 59 e Arrigo Barbieri, di 58 anni sono morti poco dopo essere arrivati in ospedale mentre il fratello maggiore di Arrigo, Giancarlo di 62 anni è spirato dopo 40 ore di agonia. Altri due operai, Alfonso Giocondo, 48 anni e Giampiero Costantino di 45 sono stati ricoverati alla clinica Santa Rita in condizioni meno gravi. Anche un capo squadra dei pompieri impegnati nelle operazioni di soccorso è rimasto lievemente intossicato ed è stato trasportato in codice giallo all'ospedale Niguarda per accertamenti.
Dai primi accertamenti emergerebbe come un guasto al forno avrebbe causato la perdita del gas inodore ma letale e due degli operai ignari, scesi per andare a controllare un problema all'impianto di allarme rilevato nei giorni precedenti, avrebbero immediatamente perso conoscenza e sarebbero rimasti a terra oltre venti minuti mentre agli altri sarebbe stato fatale il tentativo di andarli a soccorrere dopo averli visti a terra non sospettando minimamente di entrare in una camera a gas visto che l'allarme non era entrato in funzione. Gli altri operai rimasti intossicati si sono salvati unicamente in quanto non sono riusciti a scendere completamente le scale avendo accusato forti giramenti di testa dopo i primi gradini. La Procura di Milano ha deciso di mettere sotto sequestro la Lamina e ha anche iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di omicidio colposo plurimo il legale rappresentante dell'azienda.
Sulla strage operaia sono piovute puntuali le lacrime di coccodrillo di tutti i capicosca politici e istituzionali che, invece di difendere i lavoratori, reggono le sorti e curano unicamente gli interessi di questo barbaro sistema di sfruttamento capitalista: causa principale dell'ecatombe di lavoratori che quotidianamente perdono la vita o rimangono gravamente feriti nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi e perfino nelle scuole e negli uffici pubblici.
Il premier Paolo Gentiloni ad esempio si è lavato la coscienza sporca con un laconico messaggio su Twitter in cui rivolge "Un pensiero commosso alle vittime, ai feriti e alle loro famiglie".
Anche il sindaco di Milano Beppe Sala ha liquidato la tragedia con un post su Facebook. Mentre l'odiato ministro del Lavoro Poletti con perfetta faccia di bronzo ha commentato la stage operaia come si trattasse di un evento fisiologico sostenendo fra l'altro che: "La legislazione italiana sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è una buona legislazione e il sistema dei controlli interviene su 200.000 imprese ogni anno”.
Nei fatti nessuno muove mai un dito per obbligare i padroni ad adottare adeguate misure antinfortunistiche: la sicurezza sul lavoro, la salute e la vita degli operai non vengono tenute in alcuna seria considerazione, sacrificate alle esigenze del profitto. La Lamina è un'azienda con un volume d'affari di milioni di euro e alcuni cercano di sminuirne le oggettive responsabilità parlando di una “tragica fatalità” riferendosi al contemporaneo guasto al forno che ha provocato la perdita di gas e ai sensori che avrebbero dovuto segnalare le fuoriuscita di monossido di carbonio e azoto salvando la vita degli operai. Le cose starebbero ben diversamente e la sicurezza sembrerebbe aver presentato parecchie lacune come dimostra anche il fatto che sui corpi delle vittime sembrerebbero essere state trovate tracce anche di argon, un altro gas inerte ma considerato molto più pericolo e potenzialmente letale che in barba a tutte le norme sulla sicurezza sul lavoro non avrebbe dovuto in alcun modo trovarsi nelle vicinanze del forno anche perché non utilizzato in quel contesto lavorativo.
Per protestare contro la morte dei quattro lavoratori le organizzazioni sindacali di categoria di Milano e della Lombardia hanno organizzato davanti ai cancelli dell’azienda un’assemblea con i lavoratori e proclamato due ore di sciopero in tutte le aziende metalmeccaniche del capoluogo e un'ora a livello regionale.
Il 19 gennaio migliaia di operai provenienti non solo dalla Lombardia sono scesi in piazza ritrovandosi alle 16 in piazza San Babila e, sfilando in corteo al grido “Mai più morti sul lavoro”, sono giunti fino in corso Monforte, a pochi metri dalla sede della Prefettura di Milano dove una delegazione aveva ottenuto un incontro sul tema della sicurezza del lavoro.
Nonostante la tecnologia faccia passi da gigante potendo in realtà contribuire alla diminuzione degli infortuni ogni anno i morti sul lavoro anziché diminuire addirittura crescono. L'ennesima dimostrazione che nel capitalismo si va avanti pensando unicamente al massimo profitto dei padroni e riducendo al minimo le misure di salvaguardia dell’incolumità e della vita dei lavoratori.
E così lo stillicidio continua: nelle stesse ore in cui i quattro operai di Milano morivano intossicati, un muratore è morto a Cafasse, nel Torinese, mentre lavorava alla ristrutturazione di una casa nel vicolo Fasanera. L'uomo è stato schiacciato da un muro che ha ceduto e l'ha travolto. Poche ore dopo un altro incidente mortale si è verificato nel Bresciano; la vittima è un ragazzo di appena 19 anni stritolato da un tornio. La manica del maglione gli è rimasta incastrata nel macchinario che lo ha trascinato e schiacciato fra gli ingranaggi.
Nei primi sette mesi del 2017 gli incidenti e i morti sul lavoro sono aumentati in Italia rispettivamente dell’1,3 e del 5,2 per cento.

24 gennaio 2018