Protezionismo per tutelare il capitalismo americano
Trump inizia la guerra commerciale
Protestano Cina, Corea del Sud e Messico
Il 23 gennaio l'amministrazione Trump ha proposto dazi del 30% sulle importazioni di pannelli solari e lavatrici con la motivazione di aiutare le aziende nazionali messe in crisi dalle produzioni straniere. La politica del predominio del libero mercato, tanto cara ai capitalisti di tutto il mondo, non funziona più quando non si è più la prima economia padrona assoluta e ti si ritorce contro; a un Trump che ha puntato tutto su l'America al primo posto non servono più quindi gli accordi commerciali globali ma intese specifiche e anzitutto barriere protezionistiche per difendere il mercato interno. Anche se tali misure fanno finire dalla stessa parte la principale concorrente imperialista mondiale, la Cina, e importanti alleati come la Corea del Sud e il Messico che hanno annunciato il ricorso alla World Trade Organization (Wto, l'organizzazione del commercio mondiale).
“L'azione del presidente chiarisce ancora una volta l'intenzione dell'amministrazione di difendere i lavoratori americani” affermava il Dipartimento del commercio che annunciava la durata di quattro anni per i dazi sui pannelli solari, il primo saranno al 30% poi caleranno gradualmente.
La norma protezionistica decisa dall'amministrazione americana è stata espressamente richiesta dalle società produttrici dei pannelli nazionali, due delle quali sono finite in bancarotta, che hanno chiesto l'intervento del governo contro la concorrenza sleale cinese, ossia contro le vendite in dumping, sottocosto grazie a sovvenzioni pubbliche. Nel settore delle lavatrici è stata la Whirlpool americana a presentarsi come parte lesa nei confronti dei concorrenti sudcoreani Samsung e Lg. Uno scontro tra colossi.
Per applicare i dazi Trump è ricorso a una legge del 1974, persino antecedente alla creazione della Wto, ma funzionale alla sua guerra contro gli accordi multilaterali. Una guerra da cui promette di uscire vincitore dato che secondo la Casa Bianca tale decisione avrebbe il magico potere di creare almeno 100 mila posti di lavoro. Di contro l’associazione statunitense dell’industria del solare che importa dall’estero l’80% dei pannelli installati ha denunciato che le tariffe “creeranno una crisi in un settore dell’economia che è stato trainante” e potrebbe mettere a rischio 23 mila posti di lavoro.
Protestava la Cina. Per il ministero del Commercio del governo cinese la decisione Usa “è un abuso. L’adozione di misure restrittive contro i pannelli solari importati e le lavatrici non è solo di detrimento a uno sviluppo salutare delle industrie negli Stati uniti, ma peggiorerà anche la situazione commerciale a livello globale” e annunciava il ricorso al Wto. Alla pari del ministero del Commercio sudcoreano che bollava la decisione degli Stati uniti come “eccessiva e costituisce una apparente violazione delle disposizioni dell’Wto e denunciava che “il governo Usa ha agito sulla base di considerazioni legate alla politica domestica, anziché ottemperare alle regolamentazioni internazionali”. A ruota seguivano le proteste del Messico le cui esportazioni di lavatrici domestiche e pannelli solari negli Usa nel 2017 sono state di un valore superiore ai 400 milioni di dollari.
Ormai Trump sembra lanciato nella politica dei superdazi, del protezionismo per tutelare il capitalismo americano e per equilibrare un disavanzo bilaterale nei commerci di 300 miliardi di dollari all'anno; è pronto a iniziare la guerra commerciale promessa per far ritornare l'America al primo posto. I prossimi capitoli di questa guerra potrebbero riguardare l'acciaio, l'alluminio, e il “furto di proprietà intellettuale” che interessano Europa e Cina. Intanto l'imperialismo americano fa il primo pericoloso passo, quello delle guerre commerciali alle quali possono seguire quelle politiche e militari.
31 gennaio 2018