Mattarella, Gentiloni e il papa ricevono vergognosamente il dittatore fascista e aggressore turco
I curdi in piazza contro la visita di Erdogan a Roma e in Vaticano manganellati dalla polizia
Un ferito grave e due fermati
“Erdogan assassino” e “Giù le mani dal Kurdistan” denunciavano i manifestanti curdi che in piazza a Roma il 5 febbraio manifestavano contro la visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il dittatore fascista che reprime il dissenso dell'opposizione e le richieste curde all'interno del paese e che ha recentemente rilanciato l'aggressione alla Siria e al cantone curdo di Afrin. E tuttavia costui è stato ricevuto vergognosamente con tutti gli onori in Vaticano da papa Francesco e da Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni, nonostante i ripetuti inviti a annulare gli incontri istituzionali. Il governo italiano ai manifestanti curdi che protestavano, riservava le manganellate della polizia.
La visita del dittatore turco in Vaticano era stata organizzata su invito di papa Francesco in particolare per discutere della crisi di Gerusalemme, dato che Erdogan è tra i maggiori critici della decisione del presidente degli Stati uniti di riconoscere la città capitale di Israele e di spostarvi in futuro l'ambasciata da Tel Aviv. Va bene l'attenzione turca ai diritti dei palestinesi ma parimenti dovrebbe essere dedicata ai diritti dei curdi, cui Erdogan riserva repressione e bombe. Un appello al papa di pacifisti italiani che non condividevano la visita indicava che Erdogan doveva essere richiamato “affinché cessi la campagna militare intrapresa contro i curdi in Siria e affinché interrompa la spirale repressiva e di terrore intrapresa nel suo Paese”. Niente di tutto ciò.
“Nel corso dei cordiali colloqui – si leggeva in un comunicato del Vaticano – si è parlato della situazione del Paese, della condizione della comunità cattolica, dell’impegno di accoglienza dei numerosi profughi e delle sfide ad esso collegate. Ci si è poi soffermati sulla situazione in Medio Oriente, con particolare riferimento allo statuto di Gerusalemme, evidenziando la necessità di promuovere la pace e la stabilità nella regione attraverso il dialogo e il negoziato, nel rispetto dei diritti umani e delle legalità internazionale”. Nulla sui curdi.
Dalla visita in mattinata in Vaticano Erdogan passava attraverso una Roma blindata dalla polizia al Quirinale, a colazione da Mattarella, un incontro altrettanto tranquillo come il successivo a Palazzo Chigi col premier Paolo Gentiloni che ha avuto occhi di riguardo per l'ospite che può dargli una mano in Libia e che compra armi dall'Italia. Unico commento critico di Gentiloni pare essere stato il richiamo che “la vostra offensiva contro Afrin e i curdi rischia di danneggiare la lotta all'IS”; prima viene la lotta al terrorismo poi le beghe nazionali, l'invito complice di Gentiloni che ricalcava quello di Trump.
La visita era contestata da manifestanti curdi al presidio organizzato a Roma da Rete Kurdistan Italia nei giardini di Castel Sant'Angelo dove erano esposti striscioni che denunciavano “Stato turco assassino”, “Boia Erdogan! Giù le mani dal Kurdistan”. Al presidio partecipavano anche il sindacato unitario dei giornalisti italiani, l'Ordine dei giornalisti, l'associazione Articolo21 e la rete Nobavaglio per denunciare il bavaglio imposto ai media in Turchia dal governo di Ankara dopo il fallito golpe del luglio 2016 e per chiedere la libertà per i giornalisti ingiustamente incarcerati o sotto processo.
Al momento in cui un gruppo di partecipanti cercava di partire verso San Pietro interveniva la polizia con cariche e manganellate; un ferito grave e due fermati il bilancio dell'intervento poliziesco.
Rete Kurdistan Italia con un comunicato riteneva “inaccettabili le violenze nei confronti dei manifestanti che si sono verificate questa mattina durante un presidio indetto per protestare contro la presenza in Italia del presidenteturco Recep Tayyip Erdogan”. “Il presidio è stato aggredito con delle cariche che hanno provocato il ferimento di un cittadino curdo di Afrin”, sosteneva l'organizzazione che denunciava “l’intervento delle forze dell’ordine che hanno circondato i manifestanti nel piazzale antistante e hanno impedito ai manifestanti di uscire, inscenando una vera e propria identificazione di massa. I manifestanti hanno potuto lasciare la zona attorno alle 18. Riteniamo inaccettabili la sospensione delle libertà democratiche e dello stato di diritto che si sono verificate durante la visita del presidente turco e del silenzio delle istituzioni e delle più alte cariche dello Stato sui crimini commessi dal regime turco che rischiano di far sprofondare il Medio Oriente in un conflitto sanguinoso”.
7 febbraio 2018