Dal Rapporto dell'Ufficio politico presentato da Giovanni Scuderi al 3° Congresso nazionale del PMLI svoltosi nel dicembre 1985
Il '68 segna tutta un'epoca della nostra storia nazionale, come il '45
Nel '67 comincia la grandiosa stagione delle occupazioni delle università e delle lotte studentesche che raggiungono il loro apice nel '68 ma che continuarono fino al '74, specie a Milano. Tutte le maggiori università del Paese, a partire da quella di Pisa e successivamente Milano, Roma, Torino, Firenze, Bari, Palermo, Trento, ecc. ed anche le scuole medie superiori vengono investite da queste lotte senza precedenti nella storia studentesca e giovanile italiana.
I professori, i "baroni" dell'università, vengono contestati e cacciati via dai loro posti di insegnamento, vengono messi in discussione l'ordinamento scolastico e universitario, i metodi di studio, le materie di insegnamento, gli esami, l'autorità dei docenti e i rapporti tra costoro e gli studenti. Gli studenti vogliono contare, avere parola per quanto riguarda gli esami, le materie di studio, i compiti, il tipo e le forme di insegnamento. Si trattava di movimenti, non di piccoli gruppi ma di grandi masse. La parte più attiva e combattiva si aggrega rapidamente e fa delle università e delle scuole delle roccaforti rivoluzionarie, dei centri organizzativi delle battaglie studentesche e sociali. Gli studenti diventano i padroni delle scuole e delle università. Per la prima volta dentro queste istituzioni entrano la politica rivoluzionaria e i raggruppamenti che si ponevano a sinistra del PCI. Si trattava di un avvenimento colossale e inimmaginabile fino ad allora.
Tutte le vecchie organizzazioni studentesche, comprese quelle controllate dal PCI e dal PSI, in un sol colpo vengono spazzate via e ancora oggi nessuno è riuscito a ricostruirle. Analoga sorte accade alle organizzazioni giovanili dei partiti parlamentari, la FGCI si sfascia completamente e quando negli anni successivi verrà ricostituita non avrà più lo stesso smalto di prima. Ancora oggi non ce la fa a riprendere il controllo degli studenti e in genere dei giovani.
Le vecchie organizzazioni studentesche vengono liquidate in quanto ritenute sorpassate, organismi appartenenti al vecchio mondo, al vecchio modo di fare politica, delle istituzioni borghesi di carattere parlamentare, delle gabbie che impediscono al movimento studentesco di liberare tutte le proprie energie e di assaltare l'ordinamento statale borghese e il sistema capitalistico.
Gli studenti rivoluzionari e progressisti sentono il bisogno di aria nuova, di nuove strutture aggregative, di una nuova linea politica, di nuove esperienze. Ecco allora che inventano l'Assemblea generale, nuovi metodi di lotta, quale l'occupazione permanente dell'università, e scoprono il valore e il significato della democrazia diretta. Le fonti di ispirazione sono la Comune di Parigi, i soviet e i comitati rivoluzionari della Rivoluzione culturale. Alcune istanze del movimento studentesco vengono fatte proprie dagli operai. È il caso, per esempio, della democrazia diretta e dell'Assemblea generale. I consigli di fabbrica infatti nascono dall'"autunno caldo" del '69.
I colpi più duri gli studenti li indirizzano verso il partito revisionista ai cui dirigenti è proibito finanche di mettere piede nelle università. Il PCI è attaccato perché tenta di frenare le lotte studentesche e perché non vuol fare la rivoluzione.
Molti e prolungati sono gli sforzi degli studenti per collegarsi col movimento operaio ma il vertice revisionista del PCI li ostacola e li sabota in mille modi per paura di perdere l'egemonia del movimento operaio e per impedire che lo spirito, i metodi e la linea della ribellione studentesca penetrassero dentro di esso.
Gli studenti lottano non solo per sé, per le proprie rivendicazioni, ma anche per la libertà, la democrazia, la giustizia sociale, contro il governo democristiano e il capitalismo. Reclamano con forza il socialismo. Essi appoggiano attivamente la classe operaia e le masse popolari. Si uniscono alle grandiose manifestazioni di solidarietà ai braccianti di Avola (dicembre '68) e alla popolazione di Battipaglia (11 aprile '69). Nell'"autunno caldo" scendono in lotta a fianco della classe operaia in lotta per il rinnovo dei contratti di lavoro ('69-'70). Grande è il loro impegno contro la strage di Milano (12 dicembre '69), il terrorismo di Stato, la fascistizzazione e i tentativi golpisti. Lottando contro questi mostri e per la libertà del Vietnam molti eroici studenti finiscono in carcere e alcuni cadono gloriosamente nelle piazze assassinati dalla polizia.
Dal 1967 al 1971, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, dure lotte di piazza si svolgono quasi ogni giorno senza soluzione di continuità.
L'ondata lunga del '68 arriva fino al '74 quando il movimento studentesco di Milano è ancora in grado di mobilitare 100 mila persone nell'anniversario dell'assassinio di Franceschi da parte della polizia.
Questo nonostante l'opportunismo del cattolico Capanna ed altri che manovravano per coprire a sinistra il PCI, se non addirittura il PSI. Clamorosa a questo proposito è la rivelazione che ha fatto Formica al recente Convegno di Milano sul '68 organizzato da DP. Senza essere smentito dall'interessato, egli ha detto apertamente: "Io ho conosciuto Capanna all'inizio degli anni '70 al congresso nazionale della Federazione giovanile socialista italiana. Capanna parlò a modo suo esprimendo le sue idee: io non criticai Capanna, criticai quelli che volevano sopravanzare Capanna nel Congresso della FGSI. Io dissi 'Capanna fa bene quello che fa e ciò che dice, forse ha una funzione democratica importante di canalizzare e di fissare sul terreno democratico, del resto l'ha fissato sul terreno istituzionale, questo è un grande merito; ha fissato delle proteste disperate nell'interno della società italiana'''.
L'influenza del pensiero di Mao - nonostante i giochi riformisti e parlamentaristi di tali imbroglioni e opportunisti - è enorme fra gli studenti che lo studiano collettivamente e durante le manifestazioni innalzano giganteschi ritratti di Mao oltreché quelli di Marx, Lenin e Stalin.
Il movimento studentesco di Milano, in particolare, aveva adottato ufficialmente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e quando scendeva in piazza era inquadrato dietro le insegne dei grandi maestri del proletariato internazionale. Il suo grido di lotta era "Viva Marx, viva Lenin, viva Mao e viva Stalin", gli studenti gridavano "Viva Stalin, terrore dei borghesi, dei fascisti e dei trotzkisti".
In quel periodo si viveva in una situazione incandescente, esplosiva, rara nella vita di un popolo. La rivolta delle masse studentesche, in particolare, ma anche le lotte dei braccianti, degli operai, delle masse del Sud, inflissero un colpo mortale alla stabilità politica italiana.
La formula governativa del cosiddetto "centro-sinistra" che aveva resistito, sia pure con alterne vicende, per ben 6 anni, entra definitivamente in crisi e fa saltare ogni illusione circa la collaborazione governativa tra DC e PSI, che pure era stata attuata dopo furibonde lotte all'interno della DC e della stessa chiesa cattolica in quanto una grande parte dei cattolici e la Confindustria ritenevano che quel partito fosse "il cavallo di Troia" del PCI.
Per frenare l'impetuosa avanzata dei movimenti operaio, popolare e studentesco, la classe dominante borghese, segnatamente la corrente golpista, non trovava di meglio che ricorrere agli attentati terroristici; le prime bombe le fa esplodere il 12 dicembre del '69 alla Banca nazionale dell'Agricoltura a Milano. Dopodiché seguiranno le stragi di Brescia, dell'Italicus, di Bologna ed altre. È evidente la strategia. Si vogliono creare le condizioni per giustificare un golpe che rimetta ordine nel Paese. E in effetti più volte vengono imbastiti dei golpe nessuno dei quali però va in porto grazie alle contraddizioni interne alla borghesia. Avvenimenti successivi dimostrano che la centrale terroristica è ramificata negli alti piani del palazzo, ai vertici dello Stato, dei servizi segreti, dei partiti borghesi, DC, PSI e MSI in testa.
Alle stragi di massa, verso il '74-'75 si sostituirà il cosiddetto "terrorismo rosso" specializzato in gambizzazioni e sequestri di personalità. Però la regia e i mandanti sono gli stessi, cambia solo la manovalanza. Non sono più solo i fascisti ad essere assoldati e strumentalizzati ma i giovani "ultrasinistri" per lo più di origine studentesca e borghese. In tal modo vengono mandati allo sbaraglio e sottratti alla rivoluzione importanti forze suscettibili di essere conquistate alla causa del socialismo. Nel frattempo operaisti di stampo socialdemocratico come Toni Negri, di origine cattolica e del PSI si fanno una fama e costruiscono le loro fortune parlamentari ingannando i giovani con la cosiddetta "autonomia operaia" e con l'avventurismo terroristico.
Il '68 costituisce dal punto di vista politico, sociale e storico l'anno più importante e più caratterizzante del quadriennio di fuoco che va dal '67 al '70. Il '68 segna tutta un'epoca della nostra storia nazionale, come il '45, l'anno dell'insurrezione nazionale contro il nazifascismo, come il '60, l'anno della ribellione di piazza per cacciare il governo clerico fascista Tambroni. Solo che il '68 rispetto a qualsiasi altro periodo precedente ha la caratteristica di mettere in discussione il sistema capitalistico, in particolare la sua sovrastruttura istituzionale, culturale, morale e giuridica.
Il '68 ha segnato profondamente un'intera generazione e un decennio della vita del nostro Paese. Esso ha sconvolto dalle radici abitudini, costumi, modi di pensare e di vivere, rapporti istituzionali e sociali. Comincia col '68 il periodo in cui le ragazze e le donne in generale prendono coscienza dei diritti del loro sesso e si slanciano nelle lotte per la parità dei sessi nella società, nel lavoro e nella famiglia. In questo campo si apre una nuova importante stagione. Di colpo vengono spezzati vecchi tabù civili, morali e sessuali e i vecchi rapporti familiari e di coppia.
Il '68 rappresenta storicamente la prima grande ribellione di massa contro il revisionismo moderno, indipendentemente dei suoi limiti soggettivi e oggettivi. Mai prima di allora il PCI era stato contestato da sinistra da masse così larghe e decise sul piano ideologico, politico e organizzativo. Se questa lotta storica non è andata oltre e non ha raggiunto risultati superiori è perché dei revisionisti e dei trotzkisti mascherati da rivoluzionari sono riusciti a controllarla e a impedire che essa avesse uno sbocco organizzativo rivoluzionario. Non a caso la coalizione revisionista, anarchica-operaista-trotzkista infiltrata nel movimento studentesco, operaio e popolare ha speso tutte le sue energie per ostacolare la nascita e lo sviluppo di un autentico partito marxista-leninista.
L'ondata progressista e rivoluzionaria si è riversata in tutte le classi sociali e in tutti gli ambienti, compreso quello cattolico dove si creano delle profonde divisioni e lacerazioni, forze notevoli di origine cattolica e persino democristiana passano al PCI, PSI, Psiup, DP e, in misura molto minore, nel campo marxista-leninista.
I primi pionieri del Partito vengono anch'essi attratti in questi grandi sconvolgimenti sociali e politici e si fanno le ossa nella battaglia. Partecipano a occupazioni studentesche, alle lotte di piazza e sindacali, a manifestazioni storiche, quali per esempio la manifestazione nazionale degli studenti per il Vietnam svoltasi a Firenze il 23 aprile del '68. In quella occasione scoprono e subiscono personalmente la ferocia e i metodi repressivi della polizia, allora denominata "celere". Sono in prima linea nell'"autunno caldo" del '69, nelle manifestazioni antimperialiste, per la casa, le pensioni, Avola e Battipaglia.
Il PMLI è dunque nato nella lotta contro il governo, la classe dominante borghese e il revisionismo; è nato sotto l'impulso della Grande rivoluzione culturale proletaria e del pensiero di Mao e rappresenta la continuità storica del '68.
Gli straordinari avvenimenti internazionali e nazionali di quegli anni hanno marcato profondamente lo spirito e la coscienza dei primi pionieri del Partito e di quelli immediatamente successivi. Sulla base della vasta e importante esperienza di quegli anni, vedendo qual era lo strumento fondamentale che mancava alla classe operaia, alle masse studentesche e popolari, essi si ripromettono di fondare un partito autenticamente marxista-leninista in grado di dare continuità e sviluppo al '68 e al '69, di suscitare nuove ondate rivoluzionarie, di riunificare tutte le forze rivoluzionarie del Paese, di ridurre in minoranza il partito revisionista, di guidare la classe operaia e i suoi alleati storici nelle lotte quotidiane per migliorare le condizioni di vita e di lavoro, di preparare tutte le condizioni soggettive necessarie per il successo della rivoluzione socialista.
In sintesi, si vuol creare un Partito che per fondamenta teoriche, linea politica, composizione di classe, pratica sociale e stile di lavoro sia totalmente differente rispetto ai due vecchi partiti della classe operaia, il PSI e il PCI. Un Partito che rifugga dal riformismo, dal parlamentarismo, dal pacifismo e dal legalitarismo, e ancori la sua azione alla lotta di classe, all'opposizione intransigente alla classe dominante borghese, al suo governo, alle sue istituzioni, al suo sistema economico e al suo ordinamento sociale, culturale e morale. Un Partito che si muova nella legalità borghese e costituzionale ma che non ne sia condizionato, e non si tiri indietro nel lavoro illegale e di fronte ai metodi di lotta di massa duri e violenti. Un Partito profondamente legato alle masse, anzitutto proletarie di cui ne rifletta lo spirito, la volontà, il carattere e gli interessi.
(Dal Capitolo VII: “La lunga marcia organizzativa del PMLI” del Rapporto dell'UP “Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani” presentato dal compagno Giovanni Scuderi al 3° Congresso nazionale del PMLI, svoltosi a Firenze nei giorni 27-28-29 dicembre 1985. Volume documenti, pagg. 87-92, http://www.pmli.it/lastoriapmliscuderi.htm)
7 febbraio 2018