Grasso di sinistra?
Il leader di Liberi e uguali, copertura dei rinnegati D'Alema e Bersani, non ha le carte in regola
Pietro Grasso, il presidente del Senato e oggi presidente e “candidato premier” di Liberi e Uguali, si è definito un “ragazzo di sinistra”. Lo fece intervenendo ad un'assemblea di MdP a Napoli, poche settimane prima di annunciare la sua uscita dal PD di Renzi, con la motivazione ufficiosa di essere rimasto disgustato per il metodo con cui il suo partito aveva fatto approvare la legge elettorale Rosatellum, cioè con ben 8 voti di fiducia. Motivazione curiosa, per chi come lui in cinque anni di legislatura aveva visto approvare coi voti di fiducia di tutto, e senza mai battere ciglio dall'alto del suo scranno. Per poi indignarsi tutto in una volta proprio a legislatura sciolta e poco prima di candidarsi per la prossima.
Ma, a parte questo, che cosa avrà inteso dire l'ex magistrato, con quel “ragazzo di sinistra”? E poi, ha veramente le carte in regola per definirsi di sinistra? Nelle sue biografie, compresa l'autobiografia pubblicata sul sito di LeU, non compare assolutamente nulla che possa riferirsi ad un passato politico di “sinistra” prima del 2012, quando lascia l'incarico di procuratore nazionale antimafia e si “sposta in politica” accettando di candidarsi per il Senato nella lista Italia Bene Comune guidata da Bersani. Non ha nemmeno mai dichiarato per chi votava. Anche quando, nel suo discorso di investitura a leader di LeU, come Mattarella nel discorso di Capodanno, ha fatto un appello ai giovani ad andare a votare ricordando “l'emozione e il senso di responsabilità del mio primo voto”, si è ben guardato dal dire a quale partito lo aveva dato questo primo voto.
In un'intervista rilasciata a L'Espresso
del 21 gennaio scorso (“Io, Corbyn alla carbonara”), gli è stato fatto giustamente osservare che seppure si fosse dichiarato un “ragazzo di sinistra”, francamente finora nessuno se ne era accorto. E lui se l'è cavata con una facile formuletta di rito, rispondendo che “questo è un bene, perché fino a poco tempo fa sono stato un magistrato, una funzione dove bisogna non solo essere imparziali. Poi come presidente del Senato ho dovuto garantire la terzietà. Solo oggi posso far emergere i miei sentimenti politici”. La risposta all'osservazione continua, ma questa prima parte merita già qualche giudizio.
La discussa carriera del magistrato Grasso
Sulla sua pretesa “terzietà” abbiamo già detto qualcosa. Aggiungiamo solo che durante la sua presidenza del Senato sono state approvate leggi come il Jobs Act e l'abolizione dell'articolo 18, la responsabilità civile dei magistrati e la legge bavaglio sulle intercettazioni mai riuscite a Berlusconi, le leggi elettorali fasciste Italicum e Rosatellum, e soprattutto la controriforma neofascista e piduista del Senato. Ma quella che appare altrettanto dubbia è anche la sua “imparzialità” di magistrato, se si va a riesumare certi episodi del suo passato di procuratore a Palermo e le modalità con cui successivamente poté diventare procuratore nazionale antimafia.
Riguardo al primo punto, l'operato di Grasso come procuratore capo di Palermo, per quanto questi rivendichi quel periodo come un suo fiore all'occhiello, ha fatto invece molto discutere. Secondo l'ex pm antimafia Ingroia, che a quel tempo era alle sue dipendenze (intervista a Il Fatto
del 4 dicembre scorso), “Grasso ha avuto sempre posizioni molto prudenti su tante iniziative della procura di Palermo. Non volle sottoscrivere l’appello della procura di Palermo contro l’assoluzione di Andreotti in primo grado. E’ stato molto tiepido, quando era il mio capo, su indagini che avevo portato avanti intorno ai sistemi criminali, sulla trattativa Stato-mafia, sul processo Dell’Utri. E’ stato sempre un uomo prudente, legittimamente, ma anche un magistrato cauto”.
Sull'episodio risalente alla primavera del 2000, del rifiuto di Grasso di vistare la richiesta d'appello dei pm Lo Forte e Scarpinato, contro l'assoluzione in primo grado di Andreotti, fece luce anche Marco Travaglio nel 2013 nella trasmissione Servizio pubblico
poco tempo dopo l'elezione dell'ex magistrato a presidente del Senato. In quella trasmissione, in cui Grasso si rifiutò di presentarsi preferendo andare ad una rete concorrente, Travaglio spiegò che i due magistrati ci rimasero molto male, e si sentirono ancor più isolati, anche perché in quei giorni erano sotto attacco della destra e dei suoi giornali, che li definivano “toghe rosse” e “fabbricatori di teoremi”. Successivamente un collega di Grasso passò a trovarlo in ufficio, e facendogli presente che si era cacciato “in un bel casino” perché era diventato “il beniamino dei nostri calunniatori” (in quei giorni Grasso veniva infatti elogiato pubblicamente da Berlusconi, da Dell'Utri e da tutta la destra), gli suggerì anche un escamotage per uscirne in qualche modo: dicendo che non aveva potuto firmare l'atto in quanto era anche testimone al processo, e così fece da allora in poi.
Travaglio riferì anche dei giudizi di Dell'Utri, che era stato suo allenatore quando da giovane l'ex procuratore militava nella squadra di calcio del Baccigaluppo: “Grasso è equilibrato, è un uomo di Stato, lui sa chi sono io... Grasso è una brava persona, sono contento per la sua elezione a presidente del Senato... Grasso non è un pm fanatico come Ingroia”, e via dicendo. È rimasta anche famosa la frase maliziosa di Dell'Utri che parlando del “calciatore” Grasso, ebbe a dire: “Anche quando c'era fango in campo lui ne usciva sempre pulito e senza schizzi”.
Il mistero del suo passato politico
E c'è poi la vicenda della sua nomina a procuratore nazionale antimafia nel 2005 al posto di Giancarlo Caselli (dal quale lo divideva un'accesa rivalità fin dai tempi di Palermo), che era più titolato di lui a ricoprire quel ruolo. La cosa avvenne grazie ad una legge ad personam
fatta apposta da Berlusconi che non voleva assolutamente un magistrato considerato “nemico” come Caselli per quel posto. Anni dopo, nel 2012, Grasso ricambierà la cortesia dichiarando in una trasmissione radiofonica: “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia”. Accreditando così il delinquente di Arcore come campione dell'antimafia, lui che è anche sospettato di essere il mandante delle stragi politico-mafiose del '93.
“Ma sappia – prosegue la risposta di Grasso all'osservazione dell'intervistatrice sul suo misterioso passato di “ragazzo di sinistra” - che già negli anni Sessanta mio padre, che era di idee socialiste, mi portava in piazza ai comizi di Nenni. Poi, per darmi l'idea della pluralità, mi portava anche ai comizi di Almirante. Voleva che vedessi tutto per farmi un'opinione”.
Dunque il mistero si infittisce, anziché diradarsi: dapprima sembra voler suggerire che da ragazzo era di simpatie socialiste, sulle orme del padre. Ma poi ecco il sorprendente riferimento ad Almirante, per cui tutto ripiomba nel buio e nell'ambiguità. Di sicuro c'è solo l'ammissione di essere cattolico, “e anche praticante”. Ma insomma, il giovane Grasso era di sinistra o di destra? Neanche la domanda successiva, su come avesse vissuto il Sessantotto, riesce a sciogliere il dubbio, in quanto Grasso se la sbriga dicendo di averlo visto solo da lontano: “In quell'anno facevo il militare e avevo da poco vinto il concorso da magistrato. Due anni dopo mi sarei sposato e tre anni dopo avrei avuto un figlio”. Stop.
Questo è tutto quel che è dato sapere sui trascorsi politici dell'ex magistrato borghese liberale disinistra leader di LeU, copertura “istituzionale” dei rinnegati D'Alema e Bersani. Di sicuro, anche se con la sua visita al leader laburista Jeremy Corbyn ha cercato di colorare di “rosso” la sua sbiadita immagine politica (“non ci eravamo mai visti prima, ma ci siamo subito riconosciuti come due ragazzi di sinistra”, ha detto al termine dell'incontro), Grasso non ha le carte in regola per chiedere i voti di quegli elettori di sinistra che sono disgustati dal PD renziano e dalla sua politica sfacciatamente di destra e hanno deciso di astenersi: perché votare per lui, lungi dall'essere una scelta di sinistra, sarebbe invece come ricadere dalla padella del renzismo nella brace del liberalismo borghese di sinistra.
28 febbraio 2018