Contratto integrativo GD-Coesia: passa il si per una manciata di voti in un referendum molto contestato
Avanza il modello corporativo della Confindustria
In molte aziende emiliane é già operativo con il pieno consenso della Cgil.
Alla fine del 2017 è stato presentato un nuovo accordo integrativo alla GD di Bologna, azienda del gruppo Coesia, leader mondiale della produzione e del confezionamento di sigarette e altri prodotti del tabacco. GD opera in 32 paesi, con un fatturato di circa 1,6 miliardi di euro di cui il 98% di export e più di 6.800 dipendenti e collaboratori nel mondo di cui 1.850 nella casa madre. In seguito l'accordo è stato sottoposto al voto dei lavoratori attraverso un referendum che è passato per soli 27 voti. Sono stati 735 i favorevoli, mentre 708 sono stati i contrari alla piattaforma sottoscritta da Fim, Fiom e Uilm.
Tanti lavoratori e il sindacato USB hanno contestato la regolarità del voto. Le assemblee per spiegare i contenuti dell’integrativo sono state fatte per settore, senza una discussione complessiva, mentre il testo è uscito a spizzichi e bocconi, nella sua interezza è stato consegnato solo tre giorni prima che iniziassero le operazioni di voto, con la festività del santo patrono in mezzo. L’accusa è di aver voluto limitare al massimo la discussione.
Oltretutto se ne contesta la legittimità perché ci sono 55 voti contrari dei trasfertisti, che dall’estero hanno votato via mail, ma non sono stati ritenuti validi. “Nella storia Gd i trasfertisti non hanno mai votato dall’estero” ha ribattuto l’azienda, che parla tanto di modernità ma quando questa permette di ribaltare un risultato a lei gradito ne fa volentieri a meno.
I mezzi d'informazione bolognesi e nazionali sono sembrati quasi meravigliati della spaccatura a metà uscita dal referendum, presentando l'azienda come un modello di relazioni industriali, guidata da un “imprenditore illuminato d'impronta olivettiana” dove i lavoratori avrebbero tutto quello che i dipendenti di molte fabbriche non hanno: previdenza sanitaria (welfare aziendale), bonus, mensa, rimborsi spese e altri benefici (bonus). Naturalmente le cose non stanno proprio così e i lavoratori hanno tutte le ragioni di contestare l'accordo.
Sul fronte salariale é previsto un premio annuale di produttività che varia dai 3000 ai 4000 euro. L'ultimo, pessimo contratto dei metalmeccanici che prevede il blocco salariale quasi totale a livello nazionale, sommato alle agevolazioni contenute nella Legge di stabilità 2017 in pratica restringono la possibilità di aumenti solo ai premi di produttività aziendali tassati al 10% e totalmente detassati per i lavoratori e per le imprese se erogati sotto forma di welfare aziendale.
Quello che più viene contestato è il nuovo calcolo dell'indennità di trasferta, riconosciuta a chi deve fare le manutenzioni straordinarie in giro per l'Italia e per il mondo, e la gestione dell'orario di lavoro. D'ora in avanti i trasfertisti saranno divisi in 12 scaglioni, in base alle trasferte accumulate negli anni, e saranno pagati in base ad esse e alle ore effettive, insomma saranno pagati a cottimo.
Ancora più subdola è la questione dell'orario. Con la scusa di andare incontro alle esigenze dei lavoratori si lascia un orario flessibile: fare le 8 ore giornaliere in un arco di tempo di 10 ore. Miglioramento? No, peggioramento, perché gli straordinari saranno pagati dopo un'ora e non dopo mezz'ora come adesso, e solo al sabato e alla domenica e l'orario scelto, quando sarà a regime, non potrà più essere cambiato volontariamente.
Il lavoratore perderà la maggiorazione degli straordinari, userà meno permessi mentre l'azienda avrà meno assenze, tempi “non produttivi” ridotti e quindi più profitti. Del resto il maggiore coinvolgimento dei dipendenti sugli obiettivi padronali e l'aumento della produttività sono le fondamenta su cui si reggono gli ultimi rinnovi contrattuali nazionali di categoria, a partire da quello dei metalmeccanici che interessa la GD-Coesia.
Al riguardo sono eloquenti i commenti espliciti del Sole 24 Ore, più di quelli ipocriti dei sindacati confederali. “Un contratto integrativo distruttivo...con cui smontare gradualmente i vecchi accordi e introdurre innovazione 4.0” che include anche il superamento del concetto di orario di lavoro. Un modello liberista, aggiungiamo noi, dove l'orario di lavoro è una variabile dipendente completamente dalle esigenze del capitale. Il lavoratore deve essere sempre rintracciabile e disponibile, non pretendere lo straordinario o rifiutare il lavoro festivo e il salario è collegato in maniera imprescindibile alla produttività.
Un modello spacciato per moderno ma riconducibile al cottimo dell'industria del 1800 e largamente praticato fino agli anni '60 del secolo scorso. Sistema combattuto dalla classe operaia perché riduceva il lavoratore in schiavitù, spinto a sostenere ritmi sempre più alti e ad entrare in competizione con i suoi compagni. Questo modello, riconducibile al corporativismo fascista, vuole essere di nuovo inserito dalla Confindustria attraverso la sua proposta di “nuovo modello contrattuale” che sta trattando proprio in questi mesi con Cgil, Cisl e Uil, e sostenuto anche dal governo uscente, in primis dal ministro del Lavoro Poletti.
Anche se la Camusso a parole ha ancora espresso critiche a questa proposta, questo modello è già praticato in molte aziende con il pieno consenso della Cgil. Non solo GD Coesia ma anche Ima, Bonfiglioli, Scm, “che già hanno firmato clausole esplicite sul tema 4.0”. A confermarlo è ancora il quotidiano degli industriali.
“I sindacati confederali dal 2010 a oggi - continua il Sole 24 ore - sono passati da organi di lotta a partner di governo nelle imprese della via Emilia e siedono nei comitati interaziendali, monitorando e discutendo le strategie innovative, in un modello di cogestione alla tedesca. Modello che non piace all’Usb ma che, ad esempio, in GD ha ridotto dall’8,2% al 6,4% l’assenteismo, quasi azzerato gli scioperi (198 ore dal 2010 contro 21.500 ore tra 2007 e 2010) e permesso di re-internalizzare l’officina con uno scambio tra investimenti e occupazione, da un lato, e lavoro notturno e nei sabati, dall’altro.”
Il voto della GD va visto quindi come un rigetto della politica sindacale confederale che pone come suo obiettivo principale quello di rappresentare le eigenze delle aziende e del padronato anziché quelle dei lavoratori. Considerando che nel referendum i sì hanno prevalso per soli 27 voti, con un conteggio discutibile escludendo i trasfertisti che avrebbero ribaltato il risultato e che i 735 voti favorevoli rappresentano solo il 40% degli oltre 1800 dipendenti hanno tutte le ragioni il Comitato per il No e l'Usb a richiedere il ritiro dell'accordo per ridiscuterne uno nuovo.
Intanto il 12 febbraio buona parte dei lavoratori della GD ha scioperato per premere sull'azienda affinchè cambi il contratto integrativo aziendale.
7 marzo 2018