Il nuovo zar Putin rieletto. Il 32,5% dell'elettorato diserta le urne
Il candidato miliardario comunista revisionista all'11,77%. Denunciati brogli e frodi
Alle elezioni presidenziali russe del 18 marzo non era in discussione la rielezione di Valdimir Putin per il suo secondo mandato consecutivo e il quarto in totale, una volta che aveva messo fuori gioco gli avversari anche lontanamente pericolosi, ma quanti sarebbero stati i votanti a legittimare il nuovo zar del Cremlino; dai dati ufficiali risulta che il 32,5% dell'elettorato ha disertato le urne, uno su tre dei 73 milioni di elettori, e probabilmente anche qualcuno in più a fronte delle documentate denunce di brogli e frodi. Comunque Putin ha vinto e il suo insediamento, o meglio l'incoronazione è prevista per il 7 maggio.
I dati ufficiali diffusi dalla Commissione elettorale centrale il 23 marzo assegnano la vittoria a Putin col 76,69% dei voti validi e con un larghissimo margine sul secondo, il candidato del Partito comunista revisionista che non era come di consueto il leader Ghennadj Zjuganov ma Pavel Grudinin, un miliardario soprannominato “il re delle fragole” che è stato candidato nonostante sia coinvolto in uno scandalo finanziario, fermatosi all'11,77% dei voti validi. Seguono il leader del Partito liberal-democratico Vladimir Zhirinovsky col 5,65% e la candidata del Partito di iniziativa civile, la conduttrice televisiva già attiva nei movimenti anti-Putin del 2011-2012 Ksenia Sobchak con l'1,68%; completano la lista il capo del comitato politico federale del partito Yabloko, il liberale Grigory Yavlinsky con l'1,05%, il presidente del Partito della crescita e inviato presidenziale russo per i diritti degli imprenditori Boris Titov con lo 0,76%, il candidato revisionista Maxim Suraikin, dei Comunisti della Russia con lo 0,68% e il capo del partito dell'Unione Popolare russa, il nazionalista Sergei Baburin, con l'0,65%.
Gli elettori che hanno disertato le urne sono stati due punti percentuali inferiori alle presidenziali del 2012. Restano come dato da sottolineare il record della diserzione nella Regione di Bajkal col 47,62% e di Arcangelo col 46,1% e come dati significativi le percentuali della diserzione nelle due maggiori città, Mosca e San Pietroburgo, ben oltre la media nazionale: il 43,54% nella regione di Mosca e il 47,2% nella città, il 43,25% nella regione di San Pietroburgo e il 44,53% nella città.
La responsabile della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha sottolineato che le elezioni presidenziali del 18 marzo sono state corrette e trasparenti, il risultato affidabile e “coloro che contestano o agiscono in modo distorto o credono in false dichiarazioni”, riportava la Tass. La Pamfilova rispondeva direttamente alle osservazioni contenute nel report degli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) che riconosceva una gestione “efficiente e aperta” del percorso elettorale ma denunciava anche un voto “condotto in modo ordinato nonostante le carenze legate a segretezza del voto e trasparenza dei conteggi”, e soprattutto che le presidenziali russe si erano distinte per una mancanza di “reale competizione“ date le “restrizioni alle libertà fondamentali di riunione, associazione ed espressione” che hanno “limitato la spazio per l’impegno politico”.
Le accuse di brogli e in particolare di voti plurimi, circostanziate con filmati diffusi nella rete, sono venute dall'oppositore Alexei Navalny che era stato escluso dalla lista dei candidati formalmente per una condanna ritenuta controversa e che aveva invitato gli elettori a disertare le urne. Per il boicottaggio elettorale si erano espresse altre forze della “sinistra” borghese come il Levy Blok.
Secondo Navalny “ci sono stati cittadini letteralmente trascinati ai seggi” che hanno fatto registrare un non consueto alto afflusso alle urne fin dall'apertura. Osservatori ai seggi dell'opposizione hanno denunciato frodi come un'urna imbottita di schede precompilate a Ljubertsy, voti multipli in Cecenia, osservatori aggrediti in Daghestan, impiegati costretti con le minacce a votare a Perm, Ekaterinburg e Mosca. Tanto che anche il miliardario revisionista Pavel Grudinin ha sottolineato che “è chiaro che queste elezioni non sono state oneste, anzi sono state le più sporche nel territorio dell’ex Urss: purtroppo aveva ragione Aleksej Navalnyj: molti elettori hanno votato più volte”.
28 marzo 2018