41° Anniversario della fondazione del Partito marxista-leninista italiano
Il PMLI è figlio ed erede del Sessantotto
di Giovanni Scuderi *
Cinquanta anni fa, era il 1968, esplose in Italia il movimento studentesco causando un terremoto politico e sociale senza precedenti dalla Liberazione del nazi-fascismo. Le studentesse e gli studenti non sopportavano più l’oppressione e lo strapotere dei baroni dell’università, nonché i metodi, i contenuti e la didattica dell’insegnamento. Volevano libertà, democrazia, rapporti paritari con i docenti, propri spazi e voce in capitolo sull’ordinamento universitario. Rivendicavano il governo delle università. Le università vengono occupate e le piazze si riempiono quasi ogni giorno delle masse studentesche che, nella battaglia di Valle Giulia in cui vengono duramente represse, rompono col pacifismo e il legalitarismo per passare alla lotta di piazza e all’uso di metodi di lotta anche violenti e illegali.
Scendono in campo anche le studentesse e gli studenti delle scuole medie che, per la prima volta nella storia d’Italia, partecipano agli scioperi generali promossi dai sindacati. La partecipazione e la combattività delle studentesse non erano inferiori a quelle degli studenti. Esse prendono coscienza dei diritti del loro sesso e si battono con forza, coinvolgendo le lavoratrici, per la parità tra donne e uomini nella società, nella politica, nel lavoro, nell’istruzione e nella famiglia. Grazie soprattutto a loro vengono spezzati vecchi tabù borghesi e patriarcali civili, morali e sessuali e i vecchi rapporti dello stesso segno di classe familiari e di coppia. L’immagine feudale, borghese e cattolica della donna madonna, madre, sposa, vergine, regina del focolare e casalinga va in frantumi.
I giovano erano esasperati anche perché non vedevano un loro futuro occupazionale. La disoccupazione e la sottoccupazione avevano pesantemente investito persino i diplomati e i laureati.
L’anno successivo scoppia l’“autunno caldo” delle lavoratrici e dei lavoratori con in testa il proletariato. Essi infliggono colpi durissimi al padronato e ai primi governi di “centro-sinistra”, che vedono la presenza del PSI assieme alla DC, strappando loro importanti concessioni sulle pensioni, la casa, la società, il salario, la parità di salario tra donne e uomini, le “gabbie salariali”, l’orario di lavoro, il fisco, i trasporti, il divieto di licenziamento senza giusta causa. Il famoso articolo 18 dello “Statuto dei lavoratori” cancellato dal governo Renzi. Si fanno sentire e valere anche i braccianti e i contadini poveri del Sud d’Italia.
Una grande conquista politica del Sessantotto è l’Assemblea generale nelle università e nelle fabbriche fondata sulla democrazia diretta reale, non come quella virtuale e falsa del M5S.
In questa Grande Rivolta popolare, di cui il movimento studentesco è stato il detonatore, vengono attratti tutti gli ambienti sociali, compresi quelli degli intellettuali, degli insegnanti, degli scrittori, degli artisti, dei giornalisti, del cinema, dei professionisti, dei tecnici e persino della magistratura, dell’esercito e della polizia. I cattolici di sinistra abbandonano la DC e si proiettano in avanti. Una parte significativa di essi si schiera apertamente contro il capitalismo e per il socialismo.
Le lotte degli studenti e dei lavoratori, che si sviluppano fino al 1975, si intrecciano e si stimolano a vicenda fino ad unificarsi. Appare la parola d’ordine “Operai e studenti uniti nella lotta”.
La situazione internazionale rivoluzionaria incoraggia e infiamma le lotte che si svolgono nelle università, nelle scuole, nelle fabbriche, nei campi, nei vari settori sociali e nelle piazze. La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina, la lotta di Mao contro l’imperialismo, il socialimperialismo e il revisionismo moderno, le guerre di liberazione nazionale, soprattutto quella del Vietnam, le ispirano e le influenzano.
Il movimento studentesco ne è particolarmente sensibilizzato e in più città, a partire da Milano, fa proprie le parole d’ordine di Mao: “È giusto ribellarsi contro i reazionari”
, “Il potere politico nasce dalla canna del fucile”
, “Osare pensare, osare parlare, osare agire”
, “L’imperialismo è una tigre di carta”
, “Se si vuol fare la rivoluzione
, ci deve essere un partito rivoluzionario”
, “Le donne sono la metà del cielo”
.
Si respira aria di rivoluzione e la classe dominante borghese ne è terrorizzata, ha paura di perdere il potere e ricorre alla repressione di massa. Migliaia di operai, braccianti, contadini, lavoratori, sindacalisti e studenti vengono processati. Altri vengono licenziati, centinaia di studenti vengono sospesi. Non si contano le perquisizioni domiciliari e personali e i fermi di polizia. Alcuni manifestanti vengono uccisi nelle piazze dalle “forze dell’ordine”. Fioccano le incriminazioni per “reati di opinione” per zittire i “sovversivi” e i giornalisti di sinistra. Anche noi e “Il Bolscevico” veniamo colpiti ripetutamente per questi “reati”, i nostri processi cadono nel silenzio dei media.
Ma tutto ciò non riesce ad arrestare la rivolta delle masse, e allora si usano lo stragismo, i tentativi di golpe, il terrorismo nero e quello delle sedicenti “Brigate rosse” dell’oscuro Mario Moretti le quali rapiscono e uccidono il presidente della DC Aldo Moro, come voleva la destra italiana e americana.
Il Sessantotto è stata una Grande Rivolta contro il capitalismo e per il socialismo e contro il revisionismo di destra del gruppo dirigente togliattiano del PCI, già smascherato nel 1962 dai comunisti cinesi ispirati da Mao. Una critica di massa senza precedenti ai revisionisti di destra la cui unica aspirazione era di andare al governo con la DC, abbandonando definitivamente ogni riferimento al marxismo-leninismo, alla lotta di classe, alla rivoluzione proletaria e al socialismo. Una critica storica che però non viene condotta correttamente e portata fino in fondo perché i leader delle varie fazioni dei movimenti erano afflitti dal revisionismo di “sinistra” operaista, trotzkista, spontaneista, anarchico, “ultrasinistro”.
Solo i pionieri del PMLI, che non hanno perso una sola battaglia dall’inizio alla fine del Sessantotto, hanno affrontato la lotta contro il revisionismo di destra in maniera giusta secondo gli insegnamenti di Mao, che l’aveva iniziativa a livello mondiale subito dopo che la cricca revisionista di Krusciov, nel 1956, aveva restaurato il capitalismo in Urss. Ma eravamo troppo pochi e solo in alcune città per poter incidere concretamente sulle masse in lotta e perché il sedicente partito marxista-leninista di cui facevamo parte non li sosteneva.
E così i revisionisti di destra e di “sinistra” hanno avuto campo libero e potuto far rifluire la lunga ondata rivoluzionaria del Sessantotto. Della lunga lista dei falsi comunisti, poi premiati dalla borghesia con posti nel governo, nelle istituzioni rappresentative borghesi, nei media, citiamo solo Mario Capanna, Paolo Mieli, Adriano Sofri, Gad Lerner, Toni Negri, Massimo Cacciari, Paolo Flores D’Arcais e Paolo Gentiloni.
Rimane comunque il fatto che il Sessantotto ha generato il PMLI, di cui il 9 Aprile ricorre il 41° compleanno, che ne costituisce la memoria e realizzerà nel tempo tutti i suoi ideali. Intanto non dando alcuna fiducia né a Di Maio, né a Salvini, né a qualsiasi altro esponente della borghesia e del capitalismo. Convinto che in questo regime capitalista e neofascista occorre stare all’opposizione e lottare per il socialismo e il potere politico del proletariato, combattendo ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista – compreso quella assistenzialista alla San Vincenzo laica -, costituzionale, pacifista e legalitaria. In modo che tutte le lotte sbocchino nella rivoluzione proletaria.
Migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse è importante, e su questo fronte il PMLI sarà sempre in prima linea, come in passato, ma ciò non ha nulla a che vedere con il cambiamento dell’Italia, che può avvenire solo se si cambia tutto, cioè se si passa dal capitalismo al socialismo, dalla dittatura della borghesia alla dittatura del proletariato, dalla sovrastruttura istituzionale, giuridica, culturale e morale borghese a quella proletaria. È questa l’indicazione generale che Marx, di cui il 5 Maggio ricorre il Bicentenario della nascita, ha dato al proletariato mondiale e ai veri comunisti.
Che tutti gli sfruttati e gli oppressi, a cominciare dalle operaie e dagli operai coscienti e informati, dalle ragazze e dai ragazzi che lottano per una nuova società, si scolpiscano nella mente la seguente citazione del marzo 1850 di Marx e agiscano di conseguenza per attuarla: “Il socialismo è la dichiarazione della rivoluzione in permanenza, la dittatura di classe del proletariato, quale punto di passaggio necessario per l’abolizione delle differenze di classe in generale, per l’abolizione di tutti i rapporti di produzione su cui esse riposano, per l’abolizione di tutte le relazioni sociali che corrispondono a questi rapporti di produzione, per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da queste relazioni sociali”
.
Un lavoro pionieristico in Italia che richiede pionieri di acciaio. Come ha scritto il Comitato centrale del PMLI nel Documento sul ventennale del Sessantotto “Non c’è cosa più bella ed esaltante di essere tra i pionieri che stanno cercando di aprire la via socialista in Italia”. Proletarie e proletari, lavoratrici e lavoratori, masse popolari femminili e giovanili, uniamoci sotto le grandi bandiere rosse di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, del socialismo e del PMLI, e marciamo con forza e fiducia sulla via dell’Ottobre verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Firenze, 29 marzo 2018, ore 20,45
* Segretario generale del PMLI
4 aprile 2018