Secondo uno studio della Cgil
Si allungano le liste d'attesa nella sanità pubblica
65 giorni in media per un esame e così ingrassano i privati

Secondo lo studio “Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei sistemi Regionali” commissionato dalla Funzione Pubblica Cgil e dalla Fondazione Luoghi Comuni, che prende in esame in quadriennio 2014 - 2017, in Italia i tempi di attesa per le visite nel pubblico sono sempre più lunghi ed costi sempre più vicini a quelli delle strutture private. Le regioni prese a campione sono Lombardia, Veneto, Lazio e Campania, ed i dati fanno riferimento alle sole prestazioni mediche senza esplicita indicazione di urgenza. In sostanza, per effettuare una visita medica nella sanità pubblica servono in media 65 giorni, mentre i privati fanno aspettare solo 7 giorni; si sale a 32 per il privato convenzionato. Il dato si fa ancora più rilevante e preoccupante per il sistema sanitario nazionale se si considera che nell’arco degli anni i tempi di attesa sono aumentati: per una visita oculistica nel pubblico servivano 61 giorni di attesa nel 2014 ed oggi ne servono 88, mentre nel privato a pagamento lo scorso anno ne bastavano 6; per la stessa visita oculistica condotta in intramoenia nel 2017 si prevedeva una lista di attesa di 7 giorni mentre nel privato convenzionato di 55. Al pari, per una visita ortopedica nel pubblico i giorni di attesa nel 2017 erano 36 ed ora ne servono 56; nel privato a pagamento e in intramoenia l’attesa è di 6 giorni e di 27 nel privato accreditato. Nei fatti, complice la distruzione perpetrata per decenni dai governi borghesi attraverso tagli esponenziali di finanziamenti da destinare alla sanità pubblica, oggi il privato riduce di oltre dieci volte i tempi di attesa per prestazioni mediche ed anche il “convenzionato”, offre un servizio notevolmente più rapido di quello del sistema pubblico. Relativamente ai costi, quelli della sanità privata sono più alti ma spesso non di troppo. Dallo studio Crea e Funzione Pubblica Cgil emerge infatti che i costi sostenuti dai pazienti nel settore privato, “risultano mediamente abbastanza consistenti ma in molti casi non molto distanti dal costo del ticket pagato nelle strutture pubbliche e private accreditate”. È quindi del tutto evidente che la sanità privata fa riferimento al costo dei ticket pubblici per calibrare la propria e rendersi “competitiva”, accorciando notevolmente i tempi di attesa con prezzi di poco superiori. “La Sanità privata – conclude il documento - ha trovato un suo specifico posizionamento derivante dalle inefficienze del pubblico, e il Servizio Sanitario Nazionale continua ad arretrare soccombendo alla concorrenza del privato”. In realtà, diciamo noi, la Sanità Pubblica viene lasciata indietro per avvantaggiare il modello privato. La FP CGIL ha affermato: “Forse da ministro Lorenzin è stata più attenta agli interessi delle lobby del privato che ai bisogni dei cittadini e dei lavoratori. Non l'abbiamo mai vista impegnata nella partita dei rinnovi dei contratti, anzi quando lo ha fatto per dividere il comparto.”. Chi critica questo modello liberista che riduce tutto a merce, deve riappropriarsi del concetto fondamentale secondo il quale il diritto alla salute deve essere universalmente garantito a tutti. Per rendere effettivo questo principio, a parole condiviso da tutti ma poi negato dalle politiche liberiste dei governi borghesi, la Sanità pubblica deve essere gratuita e gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, e finanziata tramite la fiscalità generale. Sarebbe necessario rivedere anche i parametri di distribuzione dei sempre minori finanziamenti statali affinchè finalmente tengano presente una distribuzione territoriale congrua all'ammontare dei residenti, dello stato e della capillarità delle strutture pubbliche presenti nelle varie zone del Paese, incluse le condizioni ambientali e le consequenziali necessità di prevenzione, le esigenze socio-sanitarie della popolazione privilegiando in ogni caso le regioni più povere e depresse e le periferie delle città. Solo in questo modo si potranno riequilibrare le pesanti differenze fra nord e sud Italia anche in tema sanitario. La demolizione del servizio sanitario pubblico a solo vantaggio dei privati è inaccettabile; dobbiamo lottare per trasformare tutte le strutture private, accreditate e non, comprese le farmacie, in strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, così come sarebbe necessario nazionalizzare anche le industrie farmaceutiche. Pensate a quale beneficio trarrebbe la sanità pubblica se dai costi dei medicinali fosse eliminata quella parte, la maggiore, che i produttori trattengono in profitti! Anche l'inframoenia, e quindi l'utilizzo di strutture pubbliche da parte di medici ospedalieri che le utilizzano in libera professione, è una pratica scandalosa che serve solo ai privati stessi; se è vero che le strutture pubbliche ci sono ma spesso sono inutilizzate per mancanza di personale, basterebbe semplicemente assumere personale pubblico per farle funzionare. Tutto ciò rimane un miraggio in un sistema economico che mette al centro di ogni suo ramo il profitto; serve una svolta radicale, serve il socialismo.
 

4 aprile 2018