L'esercito sionista-nazista israeliano spara sui pacifici manifestanti nel secondo venerdì della “Marcia del Ritorno”
Continua il massacro dei palestinesi
9 morti, 1000 feriti
Al bando i criminali sionisti-nazisti di Tel Aviv
Il 6 aprile si è ripetuta la protesta palestinese di massa a Gaza per riaffermare il loro diritto al ritorno, contro le barriere illegali che chiudono la Striscia come un lager con dentro i quasi due milioni di abitanti dei quali gran parte sono rifugiati espulsi dalle loro case e dalle loro terre durante la fondazione dell'entità sionista 70 anni fa, per i palestinesi la “Nakba” (la Catastrofe). E si è ripetuto il massacro dei palestinesi del 30 marzo a opera dell'esercito sionista-nazista che dai boia del regime di Tel Aviv avevano avuto l'ordine di sparare per uccidere.
Legittimando il massacro dei palestinesi definito come una difesa da chissà quale invasione di manifestanti, gli organi di informazione imperialisti hanno vergognosamente coperto di nuovo i criminali sionisti raccontando di “scontri” ai confini, legittimando il fuoco dei cecchini contro migliaia di civili palestinesi disarmati che manifestavano pacificamente ad una distanza di almeno 300 metri da tale linea protetti solo da una cortina di fumo dei copertoni che avevano incendiato,
Il bilancio della strage del 6 aprile è di 9 palestinesi morti, tra cui 2 bambini, e più di mille feriti tra cui 77 bambini, 17 donne, 5 operatori sanitari e 5 giornalisti nonostante fossero ben riconoscibili. Molti i manifestanti ricoverati negli ospedali perché intossicati da gas lacrimogeni finora sconosciuti lanciati dagli occupanti sionisti sulla folla con droni. Sale a 31 morti e oltre 3000 i feriti, dei quali 35 gravemente, il bilancio complessivo della protesta palestinese inziata con la “Marcia del Ritorno” del 30 marzo indetta da Hamas e altre organizzazioni palestinesi per condannare l'occupazione sionista, denunciare l'assedio illegale della striscia di Gaza e esprimere sostegno alla minoranza araba discriminata in Israele. Le manifestazioni di protesta sono previste fino al 15 maggio, l'anniversario della “Nakba”.
Diverse le manifestazioni di solidarietà col popolo palestinese fra le quali quella del 7 aprile del Collegamento-pro-Palestina Roma davanti le sedi di diversi quotidiani per protestare contro la falsificazione di quanto avvenuto a Gaza il 30 marzo e il 6 aprile e denunciare che “se la popolazione di Gaza, continuerà a rimanere chiusa e assediata via terra, via mare e via cielo, senza prospettive di vita e non saranno attuate le risoluzioni ONU che prevedono il diritto al ritorno dei rifugiati, le dimostrazioni continueranno e così i crimini di Israele. Per impedirli, come primo atto, deve essere istituita una Forza di Protezione Internazionale nei territori palestinesi”. Il diritto al ritorno dei rifugiati, riconosciuto dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite, è negato dai sionisti e dai loro protettori imperialisti, gli Usa di Trump in testa.
Lo ha confermato il veto posto dalla rappresentante americana al Consiglio di sicurezza dell'Onu la sera del 6 aprile per bloccare per la seconda settimana consecutiva, una risoluzione che appoggiava il diritto dei palestinesi a manifestare pacificamente e che approvava l’appello del Segretario generale Antonio Guterres per un’indagine indipendente sull’uccisione ed il ferimento dei manifestanti a Gaza.
L'Onu e gli altri organismi internazionali, i singoli paesi, dovrebbero mettere al bando i criminali sionisti-nazisti di Tel Aviv per i crimini commessi, dalla Palestina al Libano alla Siria. La risposta invece è di generici richiami “all'uso moderato della forza” quando non di complicità palese.
Le denunce non mancano. L'ultima è dell’alto commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Liz Throssell, che il 6 aprile, poco prima del nuovo massacro a Gaza, con un comunicato condannava le “deplorevoli uccisioni” dei manifestanti palestinesi del 30 marzo denunciando che anche se i manifestanti “tentano di avvicinarsi o di attraversare la barriera della linea verde non rappresentano una minaccia per la vita o per gravi lesioni che giustificherebbe l’uso di proiettili”. E chiedeva “un’indagine indipendente e trasparente su questi avvenimenti, onde trattenere i responsabili”.
Significativo l'appello dei pacifisti israeliani di B’Tselem che il 5 aprile invitavano i soldati a rifiutarsi di sparare sui manifestanti a Gaza perché sparare su manifestanti disarmati è illegale, e ordinare di farlo è un reato grave. B’Tselem sottolineava che l’illegalità di simili ordini “non è una questione di forma”, è un caso di “inequivocabile illegalità palese ed evidente nel comando stesso, è un ordine che ha in sé una chiara natura criminale o in cui le azioni comandate hanno una chiara natura criminale. È un reato che fa male agli occhi e offende il cuore, a meno che l’occhio non sia cieco e il cuore non sia incallito o corrotto”.
11 aprile 2018