Vertice di Ankara
Russia, Turchia e Iran uniti contro i curdi in Siria
Le tre potenze imperialiste si spartiscono il controllo della Siria. Gli Usa si preparano ad abbandonare il campo
Nella dichiarazione congiunta rilasciata al termine del vertice di Ankara del 4 aprile Vladimir Putin, Hassan Rohani e Recep Tayyp Erdogan, i presidenti della Federazione russa, della Repubblica islamica dell'Iran e della Repubblica di Turchia si legge anzitutto che i tre hanno “espressa la loro soddisfazione per i risultati del primo anno degli incontri di Astana svoltisi dal gennaio 2017, sottolineato che il formato di Astana è stata l'unica iniziativa internazionale efficace che ha contribuito a ridurre la violenza in tutta la Siria e ha contribuito alla pace e alla stabilità in Siria, dando impulso al processo di Ginevra per trovare una soluzione politica duratura al conflitto siriano”. Una considerazione che mette in evidenza soprattutto l'ipocrisia imperialista della coalizione guidata dalla Russia che parla di soluzione politica mentre la Siria è a ferro e fuoco, dai cantoni curdi sotto attacco della Turchia alle zone controllate dall'opposizione al regime di Bashar Assad sotto attacco delle forze governative e delle milizie filoiraniane appoggiati dai militari di Mosca.
Russia, Iran e Turchia si considerano i padroni della Siria e sottolineano “il loro forte e continuo impegno per la sovranità, l'indipendenza, l'unità, l'integrità territoriale e il carattere non settario della Siria” e respingono “tutti i tentativi di creare nuove realtà sul terreno con il pretesto di combattere il terrorismo e hanno espresso la loro determinazione a schierarsi contro le agende separatiste volte a minare la sovranità e l'integrità territoriale della Siria, nonché la sicurezza nazionale dei paesi vicini” non certo in nome della difesa della sovranità del paese e dell'autodeterminazione del popolo siriano quanto delle loro esigenze egemoniche locali.
Il presidente iraniano Rohani accusava Israele e Stati Uniti di voler dividere la Siria mentre il presidente turco in conferenza stampa giurava che “tutti i nostri sforzi sono stati in questo senso: l’integrità territoriale della Siria passa attraverso l’eliminazione di tutte le organizzazioni terroristiche”. Che per il fascista di Ankara sono sostanzialmente le organizzazioni curde.
Nel documento di Ankara, così come in quello del precedente vertice di Sochi, non c'è una parola sulle questioni curda e di Afrin in particolare. Poco importa che a margine del vertice Rohani abbia auspicato la riconsegna alle truppe governative di Damasco la zona di Afrin; richiesta appoggiata il 9 aprile anche dal ministro degli Esteri russo Lavrov. Parole perse nel vento, Erdogan ha altri piani e continua a puntare alla restante regione curda del Rojava.
Al momento l'unità raggiunta da Russia, Turchia e Iran è contro i curdi in Siria. Che sono stati mollati anche dall'imperialismo americano.
Nelle regioni della Siria del nord amministrate dalle Forze democratiche siriane (Sdf), secondo i militari di Mosca, sono presenti almeno 20 basi americane che potrebbero essere un ostacolo per Ankara che le vorrebbe smantellate. Un desiderio che sembra poteri realizzare a breve dopo che dalla Casa Bianca hanno dato notizia delle intenzioni del presidente Trump di dare mandato al Pentagono di preparare il ritiro. Non subito, i soldati americani resteranno “fin che sarà necessario”, sostengono a Washington ma non sembra in discussione la scelta di Trump di abbandonare il campo, magari lasciando il posto di guastafeste dei progetti della coalizione imperialista guidata da Putin ai sionisti israeliani o all'azione di paesi arabi reazionari guidati dall'Arabia Saudita.
Il vertice di Ankara ha confermato al massimo livello l'impegno delle tre potenze imperialiste a completare il loro piano di spartizione della Siria, dove non c'è spazio per i curdi. Ma in Siria non sono finiti i colpi di coda dell'imperialismo americano e escono sempre più allo scoperto i sionisti imperialisti di Tel Aviv che finora avevano lavorato sotto traccia per proteggere intanto la loro occupazione illegale delle alture del Golan.
11 aprile 2018