Che cosa si nasconde dietro il successo della Lega di Salvini
Per voto di scambio arrestati 3 boss leghisti in Sicilia
L'ex deputato di An Pagano, condannato in giudicato, fa eleggere il fratello al suo posto
Il vantato “successo elettorale” in Sicilia sbandierato dal boss fascio-leghista Matteo Salvini è frutto di una truffa elettorale senza precedenti messa a segno alle scorse regionali dai massimi vertici del partito anche attraverso un “sistematico voto di scambio”.
A scoperchiare il vergognoso mercimonio elettorale in salsa siculo-leghista fatto di corruzione, ricatti politici, assunzioni e raccomandazioni in cambio di voti, ci ha pensato la procura di Termini Imerese che il 4 aprile su ordine del Giudice per le indagini preliminari (Gip) ha spedito agli arresti domiciliari con l'accusa di “voto di scambio e attentato ai diritti politici del cittadino", il commissario provinciale di "Noi con Salvini" a Palermo, Salvino Caputo, il fratello Mario e un "procacciatore di voti", Benito Vercio.
Nel resgistro degli indagati figurano altre 17 persone, compresi i due plenipotenziari del partito di Salvini in Sicilia: Alessandro Pagano e Angelo Attaguile: il primo, ex Forza Italia e Pdl poi passato con l'Ncd di Alfano, già assessore regionale alla Sanità e ai Beni culturali in Sicilia, è stato anche rieletto alla Camera e i Pubblici ministeri (Pm) hanno chiesto l'autorizzazione a utilizzare le intercettazioni a suo carico; mentre Attaguile, ex presidente del Catania Calcio, fra i primi ad aderire al progetto salviniano di una “Lega non solo padana ma nazionale”, attualmente ricopre la carica di commissario del Carroccio nella Sicilia orientale, è anche lui un ex Dc, poi deputato dell'Mpa di Lombardo, che negli anni '80 guidò anche l'istituto case popolari di Catania.
Tra gli indagati figurano invece l’assessore comunale alla Pubblica istruzione di Termini Imerese Loredana Bellavia, il consigliere comunale Michele Galioto e alcuni dipendenti comunali fra i quali Agostino Rio, bibliotecario arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di assenteismo.
L'inchiesta coordinata dal procuratore di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, e dal sostituto Annadomenica Gallucci, ruota attorno alla candidatura alle scorse Regionali di Salvino Caputo, commissario “straordinario e unico” della Lega a Palermo dal 6 febbraio 2017, ex Msi, An, Pdl e Forza Italia, deputato regionale condannato in giudicato per tentato abuso d’ufficio è il primo politico siciliano fermato dalla legge Severino. Da sindaco di Monreale (Palermo), si legge nella sentenza, Caputo ha brigato per togliere alcune multe ai suoi assessori, agli amici degli amici e persino al defunto arcivescovo, Salvatore Cassisa, più volte implicato in inchieste penali per collusione mafiosa, appropriazione indebita e falso in atti d'ufficio.
Il 29 settembre scorso, l’incandidabile Salvino Caputo, appena saputo del rigetto dell'istanza per la sua riabilitazione politica, informa subito il berlusconiano Gaetano Armao, oggi assessore regionale all'Economia, che gli "prospettava la possibilità di candidare il fratello" e la truffa elettorale prende forma.
In una successiva telefonata Alessandro Pagano, l'altro fedelissimo di Salvini in Sicilia, suggerisce a Caputo di candidare il figlio, indicandolo nei manifesti elettorali come "detto Salvino" e "omettendo strategicamente l'inserimento nei fac simili di una foto": "Non possiamo prendere settemila-seimila voti e buttarli al macero - dice il deputato della Lega intercettato dai carabinieri -, male che va candidi tuo figlio". E precisa: "Caputo senza fotografie e Gianluca detto Salvino, basta cosÌ, funziona cosÌ".
Con la truffa elettorale è d'accordo anche l'altro plenipotenziario della Lega nella Sicilia orientale, Attaguile: "Ho parlato con Alessandro – commenta soddisfatto al telefono -, la soluzione che ha posto lui è ottima".
Mario Caputo diventa così il primo “candidato fantasma” della storia repubblicana al punto che, in occasione di un comizio elettorale a Termini Imerese, di fronte a oltre 200 persone si presenta Salvino fingendo di essere lui il nome in lista.
Da quel momento - scrivono i Pm nell'ordinanza di arresto - Salvino si spende in prima persona, partecipa agli incontri elettorali, convince i capi elettori a sostenere la sua strategia per "trarre in inganno il corpo elettorale, determinando numerosissimi elettori a esercitare i propri diritti politici in senso difforme dalla loro effettiva volontà" avvalendosi in modo massiccio del voto di scambio.
L'ordinanza infatti dedica una quindicina di pagine ai “metodi propagandistici” utilizzati da Caputo e dalla sua banda di impresentabili, riciclati e vecchi notabili Dc per raccattare voti: a Nicola Bordino viene promessa l'assunzione in un 'impresa di pulizie che lavora all'ospedale di Termini "per il tramite di Pagano"; a Mario Faso, che tra moglie, figli, parenti e amici dispone di 50 voti promettono un posto di lavoro in un supermercato, al genero il rinnovo del contratto in un altro supermercato e alla figlia l'accesso all'Università rumena di Enna di Mirello Crisafulli; al bancario Dario Guercio il trasferimento ad altra filiale tramite i buoni uffici di Attaguile; a Giacomo Imburgia il trasferimento ad altra Asp tramite l'interessamento del manager Antonino Candela. E se a Davide Saja la promessa era l'assunzione alla Mondialpol, per la figlia di Renato Vuolo era pronto l'accesso alla facoltà di scienze infermieristiche. Per realizzarlo, emerge dalle intercettazioni, la ragazza avrebbe fornito il codice identificativo segreto poi girato a Caputo che avrebbe parlato con un medico. Mentre in cambio del voto di Giulio Fortino e della fidanzata c'era in cambio un posto di lavoro "con stipendio superiore a 300 euro non appena avrebbe conseguito la laurea specialistica".
Nel registro degli indagati figurano anche i nomi di oltre una ventina di “grandi elettori” leghisti, compresi i coniugi Faso, “per avere accettato la promessa di Caputo”. Tutti gli indagati, infatti, la mattina delle elezioni sono stati intercettati mentre al telefono facevano a gara per contattare Salvino ognuno per rassicurarlo che: “Io ho fatto il mio dovere”.
Grazie a questi vecchi inganni elettorali di stampo mafioso e democristiano, la Lega alle regionali siciliane è riuscita a superare lo sbarramento del 5% e a eleggere per la prima volta un deputato all’Ars: si tratta dell’ex autonomista del Mpa Tony Rizzotto, primo eletto con 4.016 voti a Palazzo dei Normanni con la lista unica di Fratelli d'Italia e Noi con Salvini, il quale, qualche giorno dopo il voto, ha già ricevuto un avviso di garanzia per truffa e appropriazione indebita nell’ambito dell'inchiesta, condotta dalla Procura di Palermo, che riguarda la gestione dell'ente di formazione Irsfordd di cui fino a luglio scorso era presidente e legale rappresentante.
E pensare che fino a pochi giorni fa Salvini si vantava pubblicamente di “tenere fuori dalle liste della Lega anche chi aveva solo una multa”.
11 aprile 2018