Come risulta dalle anticipazioni sulle licenze 2017 fatte dal ministro Azzarello
L'imperialismo italiano ha esportato nel 2017 10,3 miliardi di euro di armamenti
Tutto alle spalle del parlamento
Le associazioni Amnesty international, Oxfam, Rete della Pace, Rete per il Disarmo, Movimento dei focolari e Fondazione Finanza Etica, che da decenni monitorano l’attuazione della legge 185 sul rilascio delle licenze di esportazioni di armamenti, hanno diffuso la notizia che il ministro Francesco Azzarello, direttore dell’UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento), ha rilasciato una intervista all’agenzia Ansa fornendo anticipazioni sui dati delle vendite di armi all’estero nel 2017. Il parlamento che è stato appena eletto, è stato dunque anche immediatamente scavalcato poiché certe considerazioni, anche di tipo politico alla stampa, sono state diffuse ancor prima dell’invio al Parlamento della relazione prevista dalla legge 185.
Vendite di armi alle stelle
Secondo i dati diffusi, le autorizzazioni all’export armiero per il 2017 ammontano a 10, 3 miliardi di euro, attestandosi per il secondo anno di fila sopra la soglia dei 10 miliardi, celebrate da Azzarello con soddisfazione come “il secondo valore più alto di sempre”. L'export del 2017 è più basso di quello dell'anno precedente solo per la grossa partita dei 28 Eurofighter venduti al Kuwait per 7,3 miliardi nel 2016; invece la componente di export destinata ai Paesi del Golfo (3,8 miliardi per navi e missili venduti al solo Qatar), e quindi verso i sanguinosi conflitti mediorientali, continua a costituire la fetta più grossa della torta.
La difesa comune europea e la nuova corsa agli armamenti
Al contrario di quanto ci viene raccontato, dunque, l’Europa, che già oggi è la seconda potenza al mondo per la spesa di settore, nel prossimo futuro sarà protagonista di una nuova corsa agli armamenti. In sostanza con il nuovo strumento di cooperazione rafforzata per la creazione di una difesa comune europea (PeSco), invece che un risparmio per la razionalizzazione dei costi degli eserciti nazionali, si avrà in realtà una esplosione delle spese per nuovi armamenti iper tecnologici. Da quando il PeSco è stato varato in sordina da 25 paesi Ue nel dicembre 2017, la spesa in armi di questi paesi è già aumentata e, a partire dal 2020, è prevedibile un nuovo stanziamento di 5,5 miliardi tra fondi europei e dei singoli stati nazionali, con la possibilità di svincolare certe somme dal conteggio dei deficit dello Stato. Il tutto quando nella quasi totalità dei paesi continua inesorabile la discesa della spesa pubblica destinata allo “Stato sociale”, sanità e scuola in primis. Insomma, l'Europa vuole mostrare i muscoli a USA, Russia e Cina.
L'incidenza del business bellico in Italia
A detta dello stesso Azzarello, l'industria delle armi rappresenta lo 0,9% del Pil Italiano, occupando però appena 150 mila persone. Questa fabbrica di morte, non al servizio della difesa della nostra sovranità nazionale ma dell'imperialismo italiano e di capitalisti spietati che non esitano a vendere i loro “prodotti” alimentando guerre fratricide in corso da decenni nelle quali sono le popolazioni inermi le principali vittime, proietta l'Italia stessa al centro di tutte queste guerre nonostante in alcune di esse non vi sia la presenza di un nostro solo soldato. Anche in questo modo, oltre al parlamento si calpesta l'articolo 11 della Costituzione del '48. I nostri governanti e i nostri capitalisti hanno le mani lorde di sangue.
18 aprile 2018