Celebriamo il 1° Maggio nel ricordo di Marx che ha indicato al proletariato la via della conquista del potere politico e del socialismo
di Andrea Cammilli*
Il 1° Maggio è la Giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, una delle ricorrenze storiche tra le più importanti del proletariato italiano e internazionale che ci invita a riflettere e ad agire.
Non è un caso che si celebri in maniera stabile a partire dal 1890.
In quegli anni il capitalismo si stava sviluppando in tutti i continenti e contemporaneamente, grazie al contributo decisivo di Marx ed Engels, tra le file del proletariato, per opera dei comunisti, cresceva la coscienza della propria condizione di sfruttamento e la necessità di organizzarsi politicamente.
Il Primo Maggio diventò così un appuntamento in cui le masse lavoratrici ribadivano nelle piazze la loro volontà di non rimanere inermi a subire l'oppressione dei capitalisti e dei loro governi, un momento in cui mostrare la propria forza chiedendo dignità, diritti e un ruolo non subalterno ma da protagonisti nella società che per questo doveva subire un profondo e radicale cambiamento.
Il capitalismo è ancora in piedi seppur scosso da una delle peggiori crisi della sua storia. Le “terze vie” e i governi della “sinistra” borghese si sono rivelati incapaci di cambiare la realtà capitalista. Solo il socialismo si dimostra sempre di più l'unica alternativa che può davvero cambiare le fondamenta economiche, istituzionali, sociali, giuridiche e morali del sistema vigente.
La “globalizzazione” capitalistica non ha sancito l'inizio di un'epoca di pace e prosperità come pontificavano i governanti borghesi e i loro servi, anzi ha aumentato il pericolo di una nuova guerra mondiale. Ne sono chiaro sintomo la recente aggressione alla Siria da parte degli imperialisti americani, francesi e inglesi e le manovre degli imperialisti russi, turchi e iraniani per spartirsi quel Paese.
Le difficoltà e le contraddizioni del capitalismo sono scaricate sulle spalle delle masse lavoratrici e popolari sempre più sfruttate, private dei diritti e costrette a subire le conseguenze di una crisi strutturale. Non essendo più in una fase espansiva il capitalismo non può permettersi di dare al proletariato e ai lavoratori nemmeno le briciole che concede in periodi più favorevoli. Mentre i grandi capitalisti hanno accresciuto le proprie fortune.
In Italia i primi sette miliardari possiedono una ricchezza pari al 30% di quella di tutta la popolazione. Il 20% dei più benestanti hanno in cassaforte patrimoni e liquidità che valgono il 70% della ricchezza complessiva. I più poveri invece stanno sempre peggio. Negli ultimi 10 anni le fasce più deboli hanno perso il 25% del loro reddito. Anche chi ha un'occupazione sta peggio: quasi 3 milioni di lavoratori sono poveri.
I governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese hanno favorito questo aumento delle disuguaglianze con una politica dei redditi che invece di favorire la redistribuzione della ricchezza ha partorito una raffica di misure a favore dei padroni: abbattimento del cuneo fiscale con la cancellazione o diminuzione dell'Irap e dell'Ires per le imprese, “super ammortamento” per gli acquisti di impianti e macchinari, “iper ammortamento” per l'innovazione digitale e l'automazione, decontribuzione per le assunzioni fatte con il Jobs Act.
La controriforma del lavoro voluta da Renzi ha invece provocato la cancellazione dell'articolo 18, i demansionamenti, i licenziamenti collettivi, i controlli a distanza, la riduzione e la cancellazione di alcune forme di cassa integrazione che hanno di fatto destrutturato lo Statuto dei lavoratori e instaurato relazioni industriali e sindacali di tipo mussoliniano. Politiche seguite tanto dai governi borghesi di destra, “centro-sinistra”, tecnici
e di “larghe intese”
: da Berlusconi a Monti, Letta, Renzi per finire con Gentiloni.
Non sarà certo il futuro governo a invertire la tendenza. I risultati del 4 marzo hanno evidenziato che quasi il 30% dell’elettorato si è astenuto lanciando un forte e palese segnale di delegittimazione di tutti i partiti del regime capitalista e neofascista e ponendo seri problemi di legittimità al nuovo parlamento. La tornata elettorale ha messo in evidenza anche le difficoltà della classe dominante borghese, in crisi politica e divisa in più correnti, a mettere su un governo e a dare stabilità al suo sistema economico, parlamentare, istituzionale e politico.
Il PD di Renzi, il governo Gentiloni e Forza Italia di Berlusconi ne sono usciti con le ossa rotte. Non si sa ancora se prevarrà un accordo tra il ducetto con la giacca e cravatta Di Maio e quello in camicia verde-nera Salvini, se M5S e Lega cercheranno in proprio altri accordi, oppure un “governo istituzionale”.
Una cosa è certa, né di Maio né Salvini né nessun altro esponente della borghesia e del capitalismo possono avere il minimo credito da parte del PMLI e da tutti coloro che dicono di difendere gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari. I marxisti-leninisti sono convinti che in questo regime capitalista e neofascista occorre stare all’opposizione e lottare per il socialismo e il potere politico del proletariato, combattendo ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista, costituzionale, pacifista e legalitaria. In modo che tutte le lotte sbocchino nella rivoluzione proletaria.
I lavoratori, bersaglio principale del capitalismo e del liberismo, devono essere i primi a lottare contro i governi della borghesia per difendere i loro diritti e i loro interessi. Purtroppo i maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil, si sono resi complici negli anni delle politiche governative e padronali di attacco alle condizioni economiche e materiali di lavoratori, pensionati, giovani, donne e masse popolari in genere. Anche la Cgil, che storicamente accoglie la parte più consistente e avanzata della classe operaia, è diventata un sindacato istituzionale, corporativo e concertativo, alla costante ricerca della collaborazione con la borghesia.
La proposta di un sindacato unico con Cisl e Uil, che la Cgil sta portando avanti in vista del suo 18° Congresso nazionale, conferma questa linea. Una fusione o un rapporto ancora più organico tra le segreterie dei tre sindacati confederali sancirebbe la rinuncia a qualsiasi forma di conflitto e mobilitazione contro le politiche governative e padronali in favore di un “patto sociale” che ha l'obiettivo di sostenere la ripresa del capitalismo italiano anziché la difesa degli interessi specifici dei lavoratori. Durante e dopo il Congresso i lavoratori più coscienti dovranno opporsi a questo modello di sindacato istituzionale e aziendalista che mette al centro le compatibilità economiche e la centralità dell'impresa capitalistica.
Al centro delle rivendicazioni vanno invece messe la piena e buona occupazione con l'eliminazione delle forme estreme di sfruttamento, compresa quella dei giovani con “l'alternanza scuola-lavoro”, l'aumento effettivo (e non di welfare aziendale) dei salari e delle pensioni, l'eliminazione della legge Fornero, il ripristino dell'età pensionabile a 60 anni e l'istituzione di una “pensione di garanzia” dignitosa per i giovani, la parità salariale tra uomini e donne, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, la difesa del contratto nazionale di lavoro, l'estensione dei diritti ai lavoratori delle piattaforme digitali (la Gig Economy
) e la cancellazione della libertà di licenziamento che vige nei loro confronti.
Il PMLI ovviamente è a favore dell'unità delle lavoratrici e dei lavoratori ma è contro il sindacato unico che vogliono i vertici confederali. Propone invece un sindacato di tutte le lavoratrici e i lavoratori, delle pensionate e dei pensionati basato sulla democrazia diretta. Un sindacato in cui l'Assemblea generale abbia tutto il potere sindacale e contrattuale, libero dalla soffocante burocrazia sindacale, corrotta e asservita ai padroni e alle istituzioni borghesi, che operi per la difesa degli interessi fondamentali e immediati delle masse lavoratrici, pensionate, disoccupate e popolari, senza vincoli e compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo.
Un sindacato che rifiuta il Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR) e qualsiasi legge che vieti la democrazia sindacale, limiti il diritto a contestare gli accordi e la libertà di scioperare, che prevede che i rappresentanti sindacali siano eletti direttamente dai lavoratori con diritto di revoca in qualsiasi momento. Tutt'altra cosa del sindacato unico Cgil, Cisl e Uil”.
Come afferma l'Editoriale del Segretario generale del PMLI compano Giovanni Scuderi per il 41° Anniversario della fondazione del Partito, “migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse è importante, e su questo fronte il PMLI sarà sempre in prima linea, come in passato, ma ciò non ha nulla a che vedere con il cambiamento dell’Italia, che può avvenire solo se si cambia tutto, cioè se si passa dal capitalismo al socialismo, dalla dittatura della borghesia alla dittatura del proletariato, dalla sovrastruttura istituzionale, giuridica, culturale e morale borghese a quella proletaria”.
Questa è la strada che ci ha indicato il cofondatore del socialismo scientifico e grande Maestro del proletariato internazionale Marx, della cui nascita il 5 Maggio si celebra il Bicentenario. Egli, assieme a Engels, studiando la realtà ha elaborato il materialismo dialettico e il materialismo storico ed è arrivato alla conclusione che il capitalismo e la sua macchina statale non possono essere modificati ma devono essere distrutti, e al loro posto vanno instaurati l'economia socialista e lo Stato del proletariato, l'unica via per abolire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e creare le condizioni per il comunismo e la scomparsa delle classi.
Il nostro auspicio è che questo 1° Maggio le lavoratrici e i lavoratori, a cominciare dalle operaie e dagli operai, riflettano e facciano proprie queste straordinarie parole scritte da Marx ed Engels nel “Manifesto del Partito comunista” del 1848: “I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono essere raggiunti che con l’abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente. Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare”.
Viva il Primo Maggio!
Viva il proletariato, le lavoratrici e i lavoratori!
Seguiamo la via della conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato indicata da Marx!
Firenze, 24 aprile 2018
* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del Comitato centrale del PMLI
25 aprile 2018