Esposto di Rete disarmo e altre organizzazioni
Crimini contro l'umanità dell'Italia in Yemen
Per aver venduti armamenti e bombe all'Arabia saudita che ha bombardato villaggi e popolazione inermi
Già due settimane fa, su “Il Bolscevico” n. 14, i lettori hanno potuto consultare un articolo relativo alla produzione di armi nel Sulcis sardo, destinate ai bombardamenti in Yemen. È recente invece la notizia secondo la quale la Rete “Disarmo”, assieme ad altre organizzazioni che da tempo si battono per la fine della guerra yemenita, una delle più devastanti quanto ignorate del mondo arabo, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma, col quale avvia la propria battaglia legale nei confronti delle responsabilità italiane in materia di produzione ed esportazioni di armi destinate anche a quello specifico conflitto che miete decine di migliaia di vittime innocenti.
Le vittime della guerra in Yemen
Lo Yemen è dilaniato dalla guerra civile dal 21 marzo 2015. Stando a un report dell’UNICEF, pubblicato il 16 gennaio, più di 5.000 bambini sarebbero stati uccisi o feriti nella guerra civile, mentre altri 400.000 soffrirebbero di gravi forme di malnutrizione che potrebbero portarli rapidamente alla morte. Sullo sfondo una catastrofe umanitaria che conta oltre 50.000 vittime civili. Per questo motivo, il 5 ottobre 2017, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva inserito la coalizione araba a guida saudita, che combatte in Yemen, all’interno della lista nera di coloro che hanno compiuto violazioni contro i bambini nelle zone di guerra. In particolare, la coalizione viene accusata di aver ucciso e mutilato i bambini in Yemen e di aver distrutto edifici civili, quali scuole e ospedali.
I contenuti dell'esposto
Nel fascicolo si cita, per testimoniare sostanzialmente una prassi e supportandolo con foto e testimonianze, la morte di sei persone, inclusa una donna incinta e quattro bambini, nel villaggio yemenita di Deir Al Hajari. Un povero villaggio in una zona non strategica, senza insediamenti militari e popolato solo di civili inermi. Questa strage fu provocata da un raid aereo della coalizione militare a guida saudita l’8 ottobre 2016. Proprio nel cratere dell’esplosione, a seguito di ulteriori ispezioni, sono stati rinvenuti i resti delle bombe che hanno dimostrato la provenienza degli ordigni dallo stabilimento sardo della tedesca Rwm. A confermare che le armi erano prodotte specificatamente per lo Yemen, è stato l'accertamento dei lotti di produzione risalenti a fine 2016, e quindi successivi all'inizio del conflitto armato in Yemen. Questo avvenimento, assieme al contesto generale che non va mai dimenticato, così come non va dimenticato l'articolo 11 della Costituzione borghese del '48, non lascia scampo al nostro paese poiché, essendo nota la violazione dei diritti umani in Yemen, l'esportazione di armi all'Arabia Saudita continua ad essere una colpa grave che macchia di sangue le mani dei nostri governanti in camicia nera. I legali della Rete Disarmo quindi imputano al governo italiano il reato di abuso d’ufficio in violazione sia della legge 185, che vieta l’export di armamenti verso paesi belligeranti, sia della normativa europea del 2008 e del trattato sul commercio di armi firmato dall’Italia nel 2013.
Ostentano serenità Rwm e Uama
I vertici di Rwm Italia e dell’Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento), cioè il comitato che indirizza per conto del governo l’attività parlamentare di verifica e concessione delle autorizzazioni all’esportazione di armi in base alla legge 185, ostentano una cinica serenità, anche se lo stesso ministro Francesco Azzarello, direttore dell'Uama, ha affermato che, nel caso la magistratura italiana aprisse un fascicolo, la questione non sarà né semplice né generica. Forse semplice no, e nemmeno generica; chiara però lo è senz'altro poiché, nei fatti, le esportazioni di armi ancora in atto in particolare da parte dei Paesi europei, favoriscono l’uccisione di civili, mentre società come la tedesca Rheinmetall, proprietaria dello stabilimento sardo, compresa la sua filiale italiana di Domusnovas, traggono vantaggio da questo business di morte. Condividiamo in particolare un passaggio dell'esposto e delle dichiarazioni in conferenza stampa che l'hanno presentato, che condanna fermamente l'ipocrisia con la quale “allo stesso tempo, i Paesi esportatori forniscono aiuti umanitari alla medesima popolazione colpita da queste stesse armi”.
L'ipocrisia dell'imperialismo tedesco
Anche la Germania nell'azione pilatesca di lavarsene le mani, non è da meno dell’Italia poiché da un lato applica con severità il divieto di export bellico diretto in Yemen, dall'altro lo fa valere solo per le industrie del suo territorio nazionale. È per questo limite che la RWM, consociata italiana del gruppo tedesco Rheinmetall, è libera di vedersela con le leggi italiane, tutt'altro che rispettate. L'analoga della Caritas tedesca, assieme alla fondazione Banca Etica, ha annunciato l'acquisto di un pacchetto minimo di azioni della Rheinmetall che consenta diritto di parola all’assemblea dei soci del prossimo 8 maggio a Bonn, al fine di denunciare i fatti yemeniti.
Certo è che la via maestra sarebbe quella di cessare immediatamente ogni esportazione di armi in Arabia Saudita e poi chiudere quella fabbrica di armamenti riconvertendola al settore civile.
25 aprile 2018