Muore operaio all'Ilva, sciopero immediato
L’Ilva si tinge nuovamente di rosso. Giovedì mattina, tranciato dal cavo di una gru, è morto Angelo Raffaele Fuggiano. L’incidente è avvenuto nel reparto Ima dell’acciaieria, al porto di Taranto gestito dal siderurgico, dove l’operaio 28enne, padre di due bambini, stava lavorando per conto della Ferplast, ditta della quale era dipendente. Secondo una prima ricostruzione, una fune d’acciaio è saltata in fase di ancoraggio dalla macchina scaricatrice ed ha colpito il lavoratore alla schiena, uccidendolo sul colpo; la procura di Taranto ha aperto un’inchiesta per stabilire dinamica e responsabilità dell’incidente. I sindacati, hanno immediatamente proclamato lo sciopero, iniziato alle 11 di giovedì e terminato venerdì mattina alla scadenza del primo turno, per “richiamare con forza le precarie condizioni in cui vivono i lavoratori delle aziende dell’appalto e dell’indotto Ilva che alle continue tensioni di precarietà, mancanza di stipendi, incertezza sul futuro, aggiungono anche minori condizioni di sicurezza“.
Dunque, dopo le numerose vicende legate all’altissimo inquinamento prodotto dallo stabilimento che miete ogni giorno vittime nella popolazione dell'area, e al ripetersi di incidenti, alcuni dei quali mortali (il precedente nel 2012), i massimi vertici aziendali informati dello sciopero hanno avuto la faccia tosta di chiedere ai rappresentanti sindacali di ripensarci per evitare “problemi di sicurezza negli impianti che sarebbero causati dallo stop dell’intero stabilimento”; insomma, sarebbe stato l’eventuale sciopero ad arrecare danni alle macchine, più della scarsa manutenzione e della gestione irresponsabile di orari e turni di lavoro che all’Ilva, come nella gran parte delle imprese private, è andazzo quotidiano. Le Rsu di Fiom, Fim, Uilm e Usb, fortunatamente, hanno respinto l’invito ribadendo l’impossibilità di prendere in considerazione la revisione, iniziando immediatamente dopo l’incidente lo sciopero ed estendendolo a seguire con varie modalità anche a tutti gli altri stabilimenti del gruppo Ilva.
A livello istituzionale, il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha chiesto una verifica approfondita sullo stato di sicurezza di tutti gli impianti Ilva, mentre il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, all'uscita dalla Prefettura, è stato contestato e inseguito dai militanti di alcuni movimenti ambientalisti al grido di "assassino, assassino". Un po' poco per sostenere che le istituzioni “sono vicine alla popolazione”. Nel corso degli ultimi mesi all’Ilva sono stati realizzati più scioperi per denunciare le condizioni di sicurezza carenti, generate anche da una serie di mancanze organizzative, da assenza di investimenti e manutenzioni; unitamente a queste problematiche, i sindacati ritengono non più rinviabile una seria discussione sull’intero sistema degli appalti le cui condizioni vengono ancor più aggravate dallo strallo della trattativa Ilva che non accenna a sbloccarsi. Per il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli, la gestione commissariale sarebbe inadempiente anche sugli aspetti minimi e basilari della sicurezza del sito (che ricordiamo essere il maggior impianto siderurgico d’Europa): “Sono mesi che stiamo denunciando le gravi inefficienze sulla sicurezza dei lavoratori e dell’impianto. Ci sono casi di lavoratori che sono costretti a farsi cucire all’esterno le imbragature eludendo quindi anche l’omologatura delle stesse.
Come carenti sono i dispositivi per la sicurezza personale, per non parlare della manutenzione degli impianti ormai ai minimi“. La segretaria della Fiom Cgil, Francesca Re David, parla di una situazione inaccettabile perché “i lavoratori metalmeccanici continuano a morire tutti i giorni” e ricorda che “l’Ilva ha la responsabilità di garantire la sicurezza di tutti i lavoratori e soprattutto di quelli che operano nelle imprese di manutenzione e di appalto”. Per Rocco Palombella, numero uno della Uilm, la misura è colma: “Invochiamo uno sciopero immediato di tutti gli stabilimenti siderurgici in Italia, unito a quello di Taranto che è già iniziato, per dire basta alle morti sul lavoro”.
Sulla stessa linea gli interventi di Annamaria Furlan, leader della Cisl, e di Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL che afferma: “si è superato qualunque limite di sopportazione, è una strage continua. La parola emergenza nazionale ormai è riduttiva rispetto a quanto sta avvenendo”. Insomma, le parole sono sempre le stesse ed analogo è l’ardore con le quali le segreterie generali dei sindacati affrontano sul momento certi sciagurati avvenimenti; dobbiamo augurarci però che differente sia la reazione che generalmente affievolisce come un fuoco di paglia nei giorni a seguire.
Troppe sono le morti sul lavoro nel nostro Paese, ed ancora di più gli incidenti che per poco non costano la pelle ad altri lavoratori; occorre subito lo sciopero generale nazionale di tutte le categorie e con manifestazione a Roma, anche per ridare fiducia ad una classe operaia che è stata abituata alla sconfitta sociale dai sindacati stessi ed ai partiti della sinistra borghese ma che ha ancora in sé grandi capacità di analisi e di lotta se solo avesse quella coscienza di classe, anch’essa erosa e cancellata dai revisionisti e riformisti degli ultimi decenni, che farebbe veramente la differenza.
C’è nuovamente bisogno di Marx e dei suoi insegnamenti, oggi a duecento anni dalla nascita, poiché le problematiche del mondo del lavoro, dei rapporti di lavoro e dei rapporti sociali, sostanzialmente, sono sempre le stesse, così come la stessa è la strada rivoluzionaria che le spazzerà via definitivamente, aprendo una nuova era socialista nella quale l’uomo ed i suoi. bisogni saranno al centro della società, al posto dell’assassino profitto capitalistico.
23 maggio 2018