Ancora vittime del capitalismo a La Spezia e nel mantovano
Scioperi e manifestazioni per fermare la strage di lavoratori
Non si ferma la mobilitazione dei lavoratori sul tema centrale del Primo Maggio

 
Lunedì 14 maggio nei cantieri navali spezzini si è verificato l’ennesimo incidente sul lavoro che ha provocato la morte di un operaio e il gravissimo ferimento di un secondo. La vittima è un croato di 56 anni, Dragan Zekic, dipendente dell’azienda Vettori, subappaltante del cantiere Navalmare al Muggiano vicino a Lerici. L’uomo, mentre stava lavorando alla realizzazione di moduli frangionde per un molo, è rimasto schiacciato da una grande e pesante lastra di metallo e cemento sganciatasi da una gru, presumibilmente a causa della rottura della cinghia che la assicurava al braccio del mezzo meccanico.
Questo episodio, ultimo di una lunga serie di morti sul lavoro in costante crescita in tutta Italia, è riuscito a scuotere l’immobilismo dei sindacati confederali CGIL, CISL e UIL che hanno proclamato lo sciopero generale di otto ore con manifestazione a La Spezia; per analogo avvenimento, stop di quattro ore anche dei metalmeccanici a Mantova. In sciopero anche gli stabilimenti ILVA per la morte di un lavoratore a Taranto.
 

Lo sciopero a La Spezia
I lavoratori della città ligure di tutte le categorie, escluso il pubblico impiego per l’impossibilità “legale” di preavviso entro i tempi, hanno incrociato le braccia per otto ore, manifestando in presidio di fronte alla Prefettura. Nella città lombarda, la protesta si è concentrata davanti ai cancelli della Belleli, scelta simbolicamente dai sindacati poiché è ritenuta la fabbrica che più di ogni altra porta avanti una strategia di boicottaggio nei confronti dei lavoratori RLS delegati alla sicurezza, arrivando addirittura a sanzionarli e a trasferirli a scopo intimidatorio. In Liguria, sotto lo slogan “Fermiamo la strage”, i lavoratori che hanno devoluto un'ora di lavoro alla famiglia dell'operaio, hanno affermato con convinzione che, oltre al lutto ed alla riflessione, lo sciopero deve essere l’occasione per rilanciare e rinnovare la battaglia per la sicurezza sul lavoro. Le cause di queste innumerevoli tragedie sono da ricercarsi in un lavoro ormai svolto sempre più di corsa, dove l’importante è fare in fretta, sempre e comunque e nel quale le tutele si sono talmente assottigliate che nella sostanza non esistono più.
È importante sottolineare come la situazione sia incredibilmente peggiorata dopo l'abolizione dell'articolo 18, con l’introduzione del Jobs Act di Renzi, proprio perché gli operai adesso hanno anche il terrore di denunciare le scarse condizioni di sicurezza eventualmente presenti in azienda o nel proprio cantiere, dal momento in cui, se perseguiti e licenziati senza giusta causa, non possono più essere reintegrati ma, anche se accertata la malafede aziendale, avrebbero diritto solo ad un semplice indennizzo economico.
 

La mobilitazione nel mantovano
Anche nel mantovano sono già cinque gli incidenti mortali avvenuti dall’inizio dell’anno, contro una vittima in tutto il 2017. “L’obiettivo – argomenta il segretario provinciale della Fiom – è lanciare un appello all’Agenzia di tutela della salute (Ats) e all’Inail per una maggiore prevenzione, pretendere il rispetto e la tutela dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, denunciare il mancato riconoscimento delle malattie professionali, sensibilizzare i lavoratori a pretendere mansioni sicure e a denunciare gli infortuni, cosa che purtroppo ancora oggi spesso non avviene a causa della pressione delle aziende”. È un fatto che la responsabilità di questi omicidi è da attribuirsi alle aziende ed ai padroni che, con il pretesto di “inseguire la ripresa”, conoscono ed applicano l’unica ricetta a loro congeniale, e cioè l’aumento costante di carichi e orari di lavoro ed il taglio dei costi dei salari e della sicurezza, al solo fine di aumentare la maledetta “produttività”, leggasi profitti per i capitalisti. Contestualmente, visti i risultati, appare sempre più evidentemente sbagliata la scelta di smantellare quei settori della pubblica amministrazione che erano preposti ai controlli e a garantire la sicurezza. Una scelta che ha caratterizzato tutti gli ultimi governi nazionali, ma che ha visto nel suo massimo fautore ed artefice, il neoduce di Rignano sull’Arno Renzi.
Adesso è più che mai necessario invertire la rotta, innanzitutto riportando le masse in piazza, rivendicando maggiori tutele e maggior controllo esterno degli organismi preposti e delle rappresentanze dei lavoratori interne alle aziende sulle misure di sicurezza e di sanità ambientale, in particolar modo nelle aziende più a rischio.
 
 

La classe operaia deve reagire subito!
Di fronte a questo grande tema che il capitalismo italiano, così come quello internazionale, non ha alcuna intenzione di risolvere, è necessario che la classe operaia torni ad essere unita, cosciente e compatta, in modo tale da trascinare i sindacati alla mobilitazione.
Molti sono i punti che dobbiamo inserire immediatamente nella piattaforma comune per la sicurezza sul lavoro, coscienti però che il problema si risolverà definitivamente solo nel socialismo. Innanzitutto, dovrebbe essere obbligo per le aziende e le amministrazioni pubbliche l’assicurare condizioni ambientali di lavoro idonee a garantire l'integrità psico-fisica delle lavoratrici e dei lavoratori con l'adozione di misure e mezzi antinfortunistici efficaci stabiliti sotto il controllo diretto delle Rsu, o in loro assenza delle rappresentanze sindacali aziendali. Ciò vale anche in caso di introduzione di innovazioni tecnologiche, poiché solo in questo modo si può essere certi del rispetto delle norme e della corretta manutenzione delle misure preventive e di quelle risolutive degli eventi. Inoltre, alle Rsu aziendali dovrebbero essere attribuiti in ogni circostanza tutti i poteri conferiti dalla legge in tema di sicurezza per poter pretendere dai padroni il rispetto di tutte le norme antinfortunistiche e delle leggi ad esse collegate. Le stesse aziende devono essere obbligate a istituire corsi in orario di lavoro per tutto il personale sui rischi specifici esistenti nelle lavorazioni e sul funzionamento e l'efficacia dei mezzi antinfortunistici, ivi compresi quelli antincendio. Servono ovunque, urgentemente, piani di sicurezza antinfortunistica e di igiene del lavoro dettagliati nei settori ad alto rischio quali le costruzioni, la cantieristica navale, il lavoro agricolo e quello nelle cave.
È un fatto che le peggiori condizioni di lavoro e di rispetto della normativa sulla sicurezza è sulle spalle dei lavoratori delle cooperative esterne, presenti in abbondanza in ogni grande azienda di produzione; sarebbe dunque opportuno introdurre, per le aziende appaltatrici e subappaltatrici, l’obbligo di presentare in via preliminare il piano per la sicurezza, dimostrando di rispettare le norme antinfortunistiche in corso d'opera e le normative previste dal CCNL di categoria. Non in ultimo, lo Stato stesso e le amministrazioni regionali, provinciali e comunali dovrebbero avere l'obbligo di controllare e di revocare qualsiasi appalto alle aziende che non rispettano gli impegni presi per la sicurezza sul lavoro e che non applicano le normative previste dal Ccnl; pena ne dovrebbero essere, oltre alla revoca, anche adeguate sanzioni pecuniarie e penali per le aziende che violano le disposizioni di legge e contrattuali in materia di sicurezza sul lavoro.

23 maggio 2018