Indetto dai “sindacati di base”
Sciopero contro la privatizzazione e i licenziamenti di Poste italiane.

Venerdì 25 maggio i lavoratori di tutti i comparti hanno scioperato contro il piano aziendale che spinge ancora più avanti la privatizzazione di Poste italiane e prevede il licenziamento di migliaia di lavoratori. A proclamare la protesta sono stati i sindacati CUB Poste, COBAS Poste, SI COBAS Poste, ALP CUB, SLG, che contestano anche l'ultimo contratto di categoria che non ha portato quasi niente nelle buste paghe dei dipendenti se non welfare aziendale e flessibilità.
Quel contratto, firmato a fine 2017 da Cgil-Cisl-Uil e Ugl, assieme all'accordo sulla riorganizzazione del servizio postale avvallato dalle stesse sigle sindacali nel 2016, hanno aperto la strada a una pesantissima ristrutturazione che prevede il più grande taglio occupazionale mai attuato e lo smantellamento di Poste Italiane intese come servizio pubblico capillare ed esteso su tutto il territorio nazionale.
È vero che l'azienda creata dallo Stato italiano adesso è già una spa ma è ancora controllata per il 60% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e tramite una convenzione che ha una copertura fino al 2026 è tenuta a erogare il cosiddetto “servizio pubblico universale”, ossia assicurare servizi definiti sociali di particolare rilevanza, e per questo concessi in posizione di monopolio ed esentati dal pagamento dell'iva.
I sindacati che hanno indetto la manifestazione accusano Poste Italiane di snaturare questa tradizionale funzione sociale consolidata negli anni, che presiede quotidianamente i territori a sostegno dei cittadini, preferendo speculare in borsa e indirizzare le risorse verso il settore finanziario, ampliando i servizi (che già esistono) solitamente erogati dalle banche.
Nel concreto questo produce la chiusura degli uffici postali ritenuti “improduttivi”, uno stillicidio continuo con i conseguenti tagli occupazionali e compiendo, come recita il comunicato congiunto Cub-Cobas-SI Cobas, “un vero attentato ai diritti sull’uguaglianza tra i cittadini” colpendo i territori meno densamente popolati e categorie come gli anziani costretti a lunghi spostamenti per pagare le bollette e riscuotere la pensione.
Già oggi la maggior parte delle province italiane riceve la posta a giorni alterni, con il nuovo piano industriale solo tre grandi città saranno escluse dalla consegna intermittente: Milano, Roma e Napoli, con prevedibili consegne di bollette già scadute e altri disservizi. Dall'altra parte Poste Italiane offre servizi di telefonia mobile, offerte finanziare su fondi d'investimento e titoli azionari, polizze assicurative e adesso, tramite un accordo con il Gruppo Intesa San Paolo, persino mutui e prestiti personali.
Un piano, come denuncia il SI Cobas, che “trasforma l'azienda in una grande finanziaria a vocazione speculativa” favorendo i dirigenti e gli speculatori privati a danno dei cittadini e dei lavoratori. Si tratta del più grande taglio all'occupazione nella storie delle Poste che tutt'oggi rappresenta, con 150mila dipendenti, l'azienda pubblica più grande d'Italia.
Quello che viene presentato come un ricambio generazionale e un piano per riqualificare la professionalità dei lavoratori si tratta in realtà di un licenziamento di massa che riguarderà nel breve periodo 15mila posti di lavoro (il 10%). Solo successivamente e gradualmente Poste Italiane promette di assumere “10000 nuovi talenti”, ovvero personale impiegato nella vendita e nella gestione di prodotti finanziari.
Nel frattempo proseguono l'intensificazione della flessibilità e la delocalizzazione a ditte appaltatrici dei servizi della logistica e della movimentazione pacchi e il larghissimo uso dei contratti a tempo determinato e del precariato in generale che riguarda la quasi totalità dei nuovi assunti, creando disparità rispetto ai lavoratori con più anzianità.
Gli addetti agli sportelli e i portalettere devono sottostare agli straordinari e a orari sempre più dilatati. La consegna delle lettere si deve fare anche di sera (fino alle 21) tanto che muoversi in ore con poca luce e con traffico di punta hanno portato a una rapida crescita degli infortuni. Nel solo mese di maggio ci sono stati due incidenti mortali che hanno coinvolto dei portalettere.
Una situazione sempre più insostenibile a cui i lavoratori hanno risposto con la mobilitazione. Lo sciopero nazionale dei postali del 25 maggio ha visto un alta adesione con manifestazioni in tutta Italia. Le maggiori si sono svolte a Milano, Treviso, Roma, Firenze, Torino, Salerno, dove a gran voce si è chiesto il ritiro del piano industriale di Poste Italiane.
Le rivendicazioni dei sindacati chiedono il ritiro dei licenziamenti e la stabilizzazione dei precari, lo stop al dilagare degli straordinari e alla flessibilità, consistenti aumenti salariali a fronte di buste paghe tra le più basse d'Europa, la salvaguardia del servizio pubblico e l'opposizione a qualsiasi tentativo di dismettere o ridimensionare il servizio recapiti.
 
 

30 maggio 2018