All'Assemblea nazionale di Napoli
Potere al popolo si struttura sulla base del mutualismo riformista e assistenzialista anziché sulla lotta di classe
I movimenti senza la teoria e il partito rivoluzionari non escono dal capitalismo
Come anticipato dall'assemblea post-elettorale del 18 marzo a Roma, dal 26 al 27 maggio si è svolta a Napoli, presso l'Ex OGP “Je so' pazzo”, la quarta assemblea nazionale di Potere al popolo (Pap). Una due giorni articolata su tre tavoli tematici e una plenaria finale, che aveva l'obiettivo, nelle parole della portavoce nazionale (ed ex candidata premier) Viola Carofalo, di “redigere un documento politico e organizzativo”, ossia di garantire la sopravvivenza di Pap dopo il flop elettorale ed evitare una fine ingloriosa alla “Sinistra arcobaleno” di bertinottiana memoria.
Con questo intervento vogliamo analizzare criticamente su basi di classe, rivoluzionarie e marxiste-leniniste le posizioni emerse da questa importante assemblea per il futuro e la linea politico-organizzativa di Pap, a partire dal documento finale che è stato approvato.
Mutualismo o lotta di classe contro il capitalismo?
Nelle sue linee generali il documento politico contiene diverse affermazioni condivisibili, che potranno essere terreno comune su cui sviluppare battaglie unitarie su questioni immediate di estrema urgenza per le masse oppresse, come il mettere “prima gli sfruttati” rispetto allo xenofobo “prima gli italiani”, la “radicale opposizione” al governo Lega-M5S – e ora al nascituro esecutivo Cottarelli –, l'opposizione a Jobs Act, Buona scuola, legge Fornero, guerre imperialiste e devastazione ambientale.
È curioso che invece non si faccia menzione del mutualismo, che Pap mette al centro della sua azione politica. Non così nel dibattito assembleare e pre-assembleare, dove invece è stato diffusamente trattato. Ci limiteremo a citare Salvatore Prinzi, esponente di “Je so' pazzo”, che su “Left” il 22 maggio contestava il fatto che “la priorità è stata piuttosto data alla lotta sindacale o politica” e, pur riconoscendo che il mutualismo non esce dai confini del capitalismo, lo difendeva come strumento per “avviare un lavoro sui territori che sia in grado di ricomporre un sociale frammentato, fare inchiesta e radicare le 'avanguardie' nella classe, far maturare elementi di coscienza, non attraverso la propaganda, ma soprattutto attraverso l'esperienza diretta, il mettersi al servizio, l'essere utili”. Che le pratiche mutualistiche debbano essere centrali rispetto alle lotte sociali, ci pensava il nazionale di Pap con un articolo del 25 marzo dal titolo “Cosa fare ora?”, dove si legge: “a fianco
(corsivo nostro - “il bolscevico”) al mutualismo, le assemblee territoriali devono dare sostegno alle lotte già aperte sul territorio e svilupparne di nuove”.
Il mutualismo, un'idea partorita in origine dagli anarchici, teorizzato dal riformista ed idealista Proudon criticato da Marx ed Engels e praticato diffusamente dai partiti riformisti della Seconda Internazionale, punta sulla creazione di strutture parallele allo Stato e ad esso alternative, come case del popolo, attività sociali quali ambulatori e palestre popolari, sportelli legali gratuiti e casse di resistenza. Ciò però non viene visto come supporto alla lotta di classe, ma come una vera e propria alternativa strategica politica, nell'illusione di potersi ritagliare spazi indipendenti all'interno del capitalismo.
Diversi esponenti di Pap e fautori del mutualismo hanno respinto questa interpretazione, ma non si spiega altrimenti perché nello stesso documento politico e in altri interventi del movimento non vi siano indicazioni su come ricomporre l'unità della classe operaia, ridarle coscienza di classe, spostare sempre più a sinistra l'asticella politica delle lotte in corso, meno che mai sulla questione urgente e tutt'altro che puramente teorica del socialismo. Tutto ciò a nostro avviso dimostra che queste lotte si ritengono tutto sommato superate o perdenti, comunque in secondo piano rispetto alle attività mutualistiche. Siamo quindi davanti ad una versione 2.0 dei centri sociali che già negli anni '90 avevano idee molto simili. Non è un caso che proprio alla vigilia dell'Assemblea nazionale di Pap sia uscito il libro dell'ex parlamentare trotzkista del PRC Salvatore Cannavò che teorizza e rilancia il mutualismo contrapponendolo alla via dell'Ottobre e alla concezione di Lenin sul Partito del proletariato.
I marxisti-leninisti sanno che se mancano un obiettivo politico generale e una strategia rivoluzionarie, il mutualismo si riduce ad una forma di assistenzialismo laico. Abbattuto lo Stato sociale sotto i colpi dell'austerity, il mutualismo di fatto scarica lo Stato borghese dagli oneri dell'assistenza sociale dei lavoratori... a spese dei lavoratori stessi! Non esce cioè dai rapporti di produzione del capitalismo e non smuove i rapporti di forza al suo interno.
Le ambiguità sull'Ue e il vizio De Magistris
Si spiegano così anche le gravi ambiguità e i chiari cedimenti riformistici per conquistare nuovo terreno elettorale. A partire dall'Ue, su cui in Pap sembra non esserci ancora unanimità. Nonostante la forte presenza e influenza di Eurostop di Giorgio Cremaschi, che comunque ha una posizione di stampo “sovranista” e non conseguentemente anticapitalista, chiaramente alla fine prevale un compromesso riformista a favore di chi accetta l'Ue, a partire da Rifondazione, insieme a chi si è di fatto arreso al fatto che la battaglia per uscire dall'Ue sia caduta nelle mani della destra fascio-leghista. Infatti nel documento si chiede “rottura” con i “vincoli Ue e Nato” e si esprime contrarietà all'austerity e alle “ingerenze della tecnocrazia”, ma non l'abbattimento dell'Ue stessa, e comunque sulla base della “piena applicazione dei principi contenuti nella prima parte della Costituzione repubblicana”, cioè del riformismo e non dell'anticapitalismo. Manca una dichiarazione netta sulla necessità dell'uscita dell'Italia dalla UE imperialista. Si parla solo di rivedere i trattati.
Infatti Pap conferma la sua vocazione elettoralistica mettendosi al seguito di De Magistris, presente sullo sfondo fin dall'inizio e ora uscito allo scoperto: il documento si propone di “verificare la possibilità di costruire uno schieramento popolare alternativo ai poli esistenti”, con il sindaco di Napoli eletto a leader di un “quarto polo” alternativo a PD, “centro-destra” e M5S, a livello europeo legato ai socialdemocratici di sinistra alla Varouflakis e Melenchon.
Il nodo aperto dell'organizzazione
Con l'assemblea del 26-27 maggio Pap si proietta verso il congresso nazionale a settembre e avvia una campagna di adesioni individuali. Per il momento quindi, pur configurandosi sempre più come un partito (specie in vista del “quarto polo”), mantiene l'autonomia delle varie formazioni che vi aderiscono. Anche perché il PRC, che ha di fatto l'egemonia su Pap anche grazie ai numerosi centri sociali che seguono la sua linea, è diviso fra chi vorrebbe sciogliersi definitivamente in Potere al popolo, chi abbandonarla per inseguire Sinistra italiana, e chi (la maggioranza Acerbo) vuole tenere il piede in due staffe, proseguendo il percorso con Pap ma tenendosi disponibile ad altre alleanze per le europee dell'anno prossimo. Anche per il PCI, che fa parte anche di Eurostop, aderente a Potere al popolo, lo scioglimento non sarebbe accettabile.
Ciò di fatto impantana Pap nelle ambizioni elettorali delle sue componenti più opportuniste, sempre tentate dal flirt con le forze immediatamente alla sinistra del PD, che a loro volta ne condizionano la linea in senso riformista ed elettoralista.
Servono la teoria e il partito rivoluzionari
La montagna ha partorito il topolino e le tante affermazioni sulla ricostruzione di una sinistra sociale e alternativa si sono impantanate nella non messa in discussione dell'Ue imperialista, almeno non su un piano di rottura radicale e anticapitalista, e consegnandosi armi e bagagli a un De Magistris che ha fatto del presidenzialismo, dell'ostilità contro i precari e gli emarginati, dello sfacciato tradimento della battaglia per l'acqua pubblica e dello sfruttamento della rabbia popolare a fini riformistici le sue bandiere.
Il documento conclusivo dell'Assemblea è quasi tutto dedicato alla critica del programma del governo Di Maio-Salvini abortito, ma evita di denunciare la natura fascista di questo governo. E non è irrilevante. In un documento successivo Pap arriva addirittura ad attaccare il presidente della Repubblica, Mattarella, che si è avvalso delle sue prerogative costituzionali sulla nomina dei ministri, il che ha bloccato la nascita del governo dei fascisti e dei razzisti.
Il documento dell'Assemblea si conclude affermando che “Potere al popolo non è un partito ma vuole essere un movimento politico-sociale di alternativa (a cosa?, ndr) dentro il quale convivono posizioni e culture diverse impegnate nella costruzione di uno spazio e un soggetto unitario”. Una posizione ineccepibile quando si tratta di movimenti di massa. Ma come si fa a saltare a piè pari la questione del Partito del proletariato, che è oggi, ma lo è sempre stato da Marx in poi in tutti i paesi del mondo, la questione principale e più urgente per il proletariato e tutti gli sfruttati e oppressi d'Italia? Come si può sostenere “prima gli sfruttati” e poi non ci si confronta su questa questione politico-organizzativa dirimente, che segna lo spartiacque tra i veri anticapitalisti e i falsi anticapitalisti, tra i rivoluzionari e i riformisti, tra i marxisti e gli anarchici? Non sarà allora il caso che Pap si confronti col PMLI su questa fondamentale questione?
Finché resta appiattita sul costituzionalismo, sul movimentismo, sull'anarchismo e continua a sposare la linea sostanzialmente assistenzialista del mutualismo, che non rompe col capitalismo ma vi si adegua e ricerca al suo interno qualche spazio di sopravvivenza, Pap sarà in balia del riformismo e non potrà dare alcun contributo alla svolta rivoluzionaria della lotta di classe. Di certo non ci può essere nessuna alternativa di classe e rivoluzionaria al sistema se ci si mette a supporto dell'illustre sindaco partenopeo che si vanta di aver “legato la rabbia al palazzo”.
Allearsi e unirsi al PMLI, o almeno confrontarsi con la sua linea marxista-leninista, proposta rivoluzionaria e piattaforma rivendicativa, è l’unico modo per contribuire a costruire un’opposizione sociale, alternativa e rivoluzionaria contro il capitalismo, contro qualsiasi governo, a cominciare di quello di Cottarelli, tagliatore di sevizi sociali e al servizio della grande finanza, ne curi gli interessi e contro i rischi prodotti dalla sua irrefrenabile crisi politica oltreché economica. Insieme, PMLI, Pap e tutte le forze anticapitaliste, possono fare molto per imprimere alla lotta di classe un carattere rivoluzionario e aiutare il proletariato e le masse popolari, femminili e giovanili a risolvere i pressanti bisogni del lavoro, della casa, dei salari, della pensione, della sanità, dell'istruzione. Parliamone.
30 maggio 2018