Elezioni comunali parziali del 10 giugno 2018
La diserzione dalle urne sale al 38,8%
Sei punti in più del 2013. A Catania al 46,9%. Cala il M5S, avanza la Lega, frana FI, PD arretra
Uniamoci contro le giunte e il governo del regime capitalista, neofascista e razzista
Domenica 10 giugno 2018 si sono tenute le elezioni amministrative parziali che coinvolgevano circa 7 milioni di elettori chiamati alle urne per eleggere sindaci e consigli comunali di 760 comuni, tra i quali 109 comuni superiori ai 15 mila abitanti. Fra questi 1 capoluogo di regione (Ancona) e 19 comuni capoluoghi di provincia: Brescia, Sondrio, Imperia, Treviso, Vicenza, Massa, Pisa, Siena, Terni, Viterbo, Teramo, Avellino, Barletta, Brindisi, Catania, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani. Si è votato anche nei Municipi di Roma 3 e 8 che per popolazione equivalgono alla grandezza di città medio grandi.
Pur coinvolgendo meno del 10% dei comuni italiani, queste elezioni parziali erano considerate un po’ da tutti (partiti, media, osservatori politici) un importante test politico data la distanza di soli tre mesi dalle elezioni politiche del 4 marzo e soprattutto perché si sono tenute a pochi giorni dalla formazione del nuovo governo nero, fascista e razzista dei due ducetti Salvini-Di Maio. Si trattava infatti di testare gli effetti dell’alleanza di governo fra Lega e M5S e i primi atti di questo nero governo sugli elettori dei rispettivi partiti e sull’astensionismo.
Astensionismo
La diserzione dalle urne è ulteriormente cresciuta rispetto alle precedenti elezioni comunali che in genere si sono tenute nel 2013, passando dal 32,8% al 38,8%, +6,1%. Il dato nazionale fra l’altro non considera il risultato nella regione Sicilia che viene gestita direttamente dalla regione e non dal Viminale. Dal momento che in Sicilia erano chiamati alle urne ben 1 milione e 643 mila elettori e che la diserzione siciliana è stata del 41,3%, il dato nazionale sarebbe risultato sicuramente maggiore. Stando ai soli 20 comuni capoluogo il dato riepilogativo della diserzione a livello nazionale è del 40,6% con un incremento del 6,7%.
Il risultato è molto significativo poiché specie nelle elezioni comunali vi è un vero e proprio proliferare di liste civiche che moltiplicano all’infinito i candidati a sindaco e a consiglieri comunali nella speranza di catturare voti, in virtù del voto di preferenza, fra familiari e conoscenti. Il che è particolarmente evidente nei comuni più piccoli.
Solo per fare un esempio, a Forio (Isola di Ischia), un comune con 14 mila elettori erano presenti quest’anno 20 liste di cui 19 civiche indistinguibili politicamente, con 6 candidati sindaco e ben 304 candidati consiglieri. Nel 2013 le liste erano 3 e i candidati 150. Ha del miracoloso che in questo comune l’astensionismo abbia retto attestandosi al 34,5% calando appena dello 0,3%.
Impossibile fornire il confronto nazionale con le elezioni politiche il cui dato relativo ai soli comuni coinvolti in questa tornata elettorale non è stato scorporato e fornito dal Viminale. A puro scopo indicativo ricordiamo che la diserzione dalle urne alle politiche del 4 marzo è stato del 27,1% a livello nazionale.
Per quanto riguarda i comuni capoluogo la diserzione rispetto alle politiche di marzo è cresciuta in genere del 10% con punte del 20,9% a Vicenza, del 20,8% a Ancona, del 20,2% a Brescia, del 19,1% a Pisa.
Per avere il dato complessivo dell’astensionismo in tutte le sue componenti, al dato sulla diserzione dalle urne andrebbero poi aggiunti i dati sulle schede annullate o lasciate in bianco per le quali però non esistono riepiloghi nazionali.
Il record della diserzione va alla Lombardia col 44,8% (+7,6%) rispetto alle precedenti elezioni 2013. A seguire una regione del Nord, il Veneto, e del Sud, la Basilicata, entrambe al 43,2%. Un dato che ci indica quanto il Nord e il Sud si stiano allineando in fatto di astensionismo.
Sfiorano il 50% di diserzione i comuni nella provincia di Lecco (48,9%), di Milano (48%), di Como (47,4%). Ottimo il risultato dei comuni in provincia di Biella (46,8%) che detengono anche il record del maggior incremento, +13,5%, rispetto alle passate elezioni.
Fra i 20 comuni capoluogo in testa c’è Catania con il 46,9% degli elettori che hanno disertato le urne. Calcolando anche le schede nulle e bianche gli astenuti risultano addirittura la maggioranza dell’elettorato pari al 50,2%. A seguire Siracusa col 44,7%. In questi due comuni gli incrementi della diserzione superano il 10% rispetto alle passate elezioni: Siracusa +10,9% e Catania +10,2%.
Bene anche i comuni in provincia di Ancona 45,4% (+3,6%), Vicenza 44,2% (+6,8%), Brescia 42,6% (+8,2%). Sopra la media nazionale anche Sondrio (42%), Ragusa (41,8%), Pisa (41,4%).
È ormai evidente che un solco profondo divide una consistente parte dell’elettorato dai governi e dalle istituzioni rappresentative borghesi, compresi quelli locali che dovrebbero essere i più vicini, e da tutti i partiti del regime capitalista e neofascista. I sindaci e i consigli comunali eletti risultano fortemente delegittimati e sfiduciati dall’elettorato attraverso l’astensionismo.
Il neosindaco di Catania, il già segretario del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del MSI, Salvo Pogliese, eletto al primo turno e sostenuto da ben 9 liste, è stato eletto con 69.029 voti pari al 52,3% dei voti validi, in realtà, per effetto dell’astensionismo, può contare solo sul consenso del 26% dell’intero corpo elettorale catanese. Senza contare che rischia già la sospensione in caso di condanna in un processo per peculato nel quale è imputato.
In questa situazione nessun partito del regime può davvero cantar vittoria.
La destra scalza il “centro-sinistra”
Non si può ancora tirare la somma dei risultati di questa tornata amministrativa. Occorre attendere l’esito dei ballottaggi che si terranno il 24 giugno e riguarderanno 75 comuni su 109 e il Municipio 3 di Roma, per conoscere chi si aggiudicherà il potere nei singoli comuni.
Nei 109 comuni superiori, più i due municipi romani, le amministrazioni uscenti erano prevalentemente in mano al “centro-sinistra” che controllava 61 comuni. 32 amministrazioni erano controllate dal “centro-destra”, 6 dal M5S e 12 da Liste civiche. Il “centro-sinistra” per ora ne ha confermati solo 9 mentre ne ha già persi 10. La coalizione di destra ha invece conquistato già 8 comuni e ne ha persi solo 3.
La coalizione di “centro-sinistra” è in vantaggio nel ballottaggio in 27 comuni. La coalizione di destra può invece vantare il vantaggio in 37 comuni.
Il M5S non ha confermato nessun comune che aveva in precedenza e ha già perso il Municipio 8 di Roma. In 7 comuni il M5S va al ballottaggio ma è in vantaggio solo in tre: Ragusa, Pomezia e Assemini.
In 9 comuni sono in vantaggio Liste civiche.
Batosta per il M5S
Per il M5S è stata una batosta. Il partito di Grillo, Casaleggio e Di Maio conferma lo scarso radicamento nel territorio con risultati sempre più deludenti nelle consultazioni amministrative rispetto a quelle politiche. Ma questa non è la sola e soprattutto la principale spiegazione di questo risultato.
Il M5S infatti non solo perde una valanga di voti rispetto alle politiche, ben 260 mila, stando solo ai 20 comuni capoluoghi, conquistando la palma del partito che ha perso più voti in questi tre mesi. Ma perde più di 17 mila voti persino rispetto alle elezioni comunali 2013.
Persino a Roma, nonostante il governo ormai biennale della Virginia Raggi, nei due Municipi, non solo l’affluenza alle urne non supera il 27%, ma il M5S è fuori dai giochi in entrambe. Nella città natale di Davide Casaleggio, Ivrea, il M5S non riesce nemmeno a raggiungere il ballottaggio.
In base ai primi studi sui flussi elettorali forniti dall’Istituto Cattaneo risulta che il M5S ha ceduto consensi soprattutto verso l’astensionismo. In sostanza, il M5S è stato punito per l’alleanza governativa con Salvini specie da quell’elettorato di sinistra che si era illuso e fatto abbagliare dalla promessa di “cambiamento” e che oggi si ritrova ingannato e strumentalizzato a sostegno di un governo fascista e razzista senza precedenti nella storia repubblicana.
Lega e Forza Italia
Al contrario l’elettorato di destra si è ringalluzzito con la conquista del potere centrale da parte della Lega che ha catalizzato i voti degli elettori di destra sia dalle altre liste, compreso il M5S, che dall’astensionismo dove si erano temporaneamente parcheggiati. La Lega, soprattutto al Nord, sta letteralmente spolpando Forza Italia. Solo al Sud quest’ultima riesce a contenere le perdite grazie al recupero di una piccola parte di elettori di centro che si erano spostati sul M5S. Nei 20 comuni capoluogo Forza Italia perde 33 mila voti rispetto al 2013 e quasi 70 mila rispetto alle politiche di marzo.
La Lega invece guadagna circa 85 mila voti rispetto al 2013, quando ne aveva ottenuti solo 25 mila. Anche se non riesce a fare il pieno dei voti ottenuti alle politiche perdendo per strada circa 36 mila voti.
Il PD arretra
Il PD non arresta la sua caduta. Non si capisce come possa gioire solo perché è riuscito ad essere confermato alla guida del comune di Brescia, quando ha già perso due roccaforti come Terni e Catania. A Catania fra l’altro Bianco che ha avuto quasi vent’anni di governo per realizzare la tanto promessa “primavera”, in cinque anni ha perso altri 9.679 voti rispetto al 2013, ottenendo solo 34.858 voti.
Nei 20 comuni capoluogo secondo i dati dell’Istituto Cattaneo il PD perde circa 100 mila voti rispetto alle precedenti comunali e quasi 55 mila voti rispetto alle politiche di marzo. I voti persi fra l’altro sono andati soprattutto verso l’astensionismo.
I partiti a sinistra del PD infatti non avanzano e sembrano quasi spariti dal panorama elettorale, a cominciare da Leu e da Potere al popolo.
Opposizione alle giunte e al governo
Il risultato di queste elezioni confermano che il vero cambiamento non passa dalle elezioni borghesi e meno che mai votando partiti e movimenti che non mettono minimamente in discussione il capitalismo e l’imperialismo e il potere della classe dominante borghese.
Dobbiamo unirci contro le giunte e il governo del regime capitalista, neofascista e razzista. È questa l’unica posizione da cui è possibile difendere gli interessi del proletariato e delle masse popolari. Sul piano elettorale l’unica posizione tattica utile è quella dell’astensionismo.
Il PMLI ha fatto quanto ha potuto là dove era presente e cioè a Catania, a Belpasso (Catania) e Forio (Ischia) per propagandare l’astensionismo marxista-leninista e possiamo veramente andare fieri dei nostri militanti e simpatizzanti che pur con pochi mezzi e forze hanno affrontato questa battaglia. Ma le nostre sole forze non sono in grado di suscitare una vasta opposizione alle giunte e al governo del regime capitalista, neofascista e razzista.
Ci auguriamo che quanto prima venga accolto l’importante e accorato appello lanciato dal Comitato centrale del PMLI nel documento sul nuovo governo nero, fascista e razzista Salvini e di Maio, perché “Non solo i marxisti-leninisti, i fautori del socialismo e gli anticapitalisti, ovunque organizzati, i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, ma anche gli antifascisti consapevoli e informati hanno il dovere storico di unirsi per sbarrare la strada ai fascisti del XXI secolo. Uniamoci per buttar giù il governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio, poi ciascuno andrà per la sua strada. Chi cercherà di ammorbidire gli effetti del capitalismo, e chi, come il PMLI, lotterà per abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato”. “Il nostro auspicio – conclude il Comitato centrale - è che i riformisti di sinistra in buona fede, a cominciare da quelli che teorizzano e praticano il mutualismo assistenziale anarchico e proudonhiano, capiscano che il riformismo, il parlamentarismo, l'elettoralismo, il governismo, il costituzionalismo bloccano lo sviluppo delle coscienze di classe e rivoluzionarie del proletariato, delle masse e dei giovani, e quindi vi rinuncino e si uniscano al PMLI sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista”.
13 giugno 2018