L'Onu condanna Tel Aviv per la strage di Gaza
Abu Mazen invia la polizia a reprimere le manifestazioni contro le sanzioni imposte dal governo palestinese alla striscia di Gaza
L’Assemblea generale dell’Onu approvava il 13 giugno una risoluzione di condanna dei sionisti di Tel Aviv per la repressione violenta e le uccisioni di 130 palestinesi a Gaza avvenute nelle ultime settimane di protesta e che chiede al Segretario generale Antonio Guterres l’adozione di un meccanismo internazionale per proteggere i civili palestinesi. Il voto non avrà effetti pratici dato che le risoluzioni dell'Assemblea non sono vincolanti ma resta sempre una presa di posizione politica importante.
Il voto dell'Onu respingeva anche la richiesta Usa, che riprendeva la posizione degli assassini sionisti, di incolpare Hamas. Una accusa che indirettamente era accreditata dal governo dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e dal presidente collaborazionista Abu Mazen che il 13 giugno inviava la polizia palestinese a reprimere le manifestazioni a Ramallah, in Cisgiordania, contro le sanzioni che la stessa Anp applica da un anno contro l'amministrazione di Hamas a Gaza, in particolare contro il mancato versamento degli stipendi ai dipendenti pubblici.
Secondo la vergognosa posizione dell’Anp, queste proteste di migliaia di manifestanti palestinesi in Cisgiordania che si sono svolte anche il 10 giugno, sarebbero organizzate dal movimento islamista Hamas per mettere il difficiltà il governo di Ramallah. Per il collaborazionista Abu Mazen le questioni di beghe interne sono superiori alla grave situazione della popolazione di Gaza, strangolata dal blocco sionista e colpita dalle sanzioni del governo fantoccio di Ramallah. Una posizione criminale che è condannata e rigettata da Hamas come da militanti e attivisti palestinesi di altre organizzazioni e dell'Olp che chiamano all'unità contro l’occupazione sionista. Ed è stata condannata dall'Unione delle Comunità e Organizzazioni Palestinesi in Europa, che pubblichiamo a parte.
Hamas anche nel corso delle manifestzioni del 15 giugno a Gaza ribadiva che “il popolo palestinese continuerà le sue marce del ritorno finché non sarà tolto l’assedio sulla Striscia. Il nostro popolo è legato alla sua terra, alla sua religione e alla Palestina e si opporrà a qualunque tentativo volto a privargli il suo diritto alla patria o che gli concederà una patria alternativa”.
20 giugno 2018