Il vertice della Sco rafforza l'influenza crescente del socialimperialismo cinese nello scacchiere internazionale
Sostegno massimo alla Via della seta, tranne l'India che la considera una violazione della propria sovranità e integrità territoriale. Impegno a “Creare un fronte antiterrorismo globale unificato” e a lottare contro il terrorismo, il separatismo e l'estremismo all'interno della Sco
“Una visione comune per costruire una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”
Alla conferenza stampa congiunta tenuta il 10 giugno al termine del 18° vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), che si è svolto a Qingdao, il padrone di casa, il presidente cinese Xi Jinping ha esordito sottolineando che l'organizzazione “entra in una nuova fase” della sua storia; dopo l'adesione dell'India e del Pakistan, l'approvazione di una serie di importanti documenti compresi quello sulla promozione della facilitazione degli scambi commerciali e sul piano d'azione per l'attuazione del trattato sul buon vicinato a lungo termine, l'amicizia e la cooperazione degli Stati membri per i prossimi cinque anni, evidenziava Xi, “abbiamo concordato di rispettare gli obiettivi e i principi della Carta SCO, portare avanti lo spirito di Shanghai di reciproca fiducia, mutuo vantaggio, uguaglianza, consultazione, rispetto per la diversità delle civiltà e ricerca di sviluppo comune, e perseguire congiuntamente la pace, la stabilità e sviluppo promuovendo il buon vicinato e l'amicizia e approfondendo la cooperazione pratica”.
Dall'altra parte del globo la superpotenza imperialista americana sotto la presidenza del fascista Donald Trump carica a testa bassa per sfasciare alleanze e accordi internazionali coi suoi stessi alleati per ridefinirli da una posizione di forza e apre guerre commerciali contro tutti, vedi il recente G7 canadese, allo scopo di tornare a essere la prima indiscussa nel mondo; la sua principale contendente all'egemonia mondiale, la superpotenza socialimperialista cinese, lavora al contrario per rafforzare le posizioni economiche e finanziarie conquistate, difende gli accordi commerciali multilaterali che favoriscono in ogni caso i paesi capitalisti economicamente più forti, compatta i suoi alleati, vedi il vertice con Putin alla vigilia di quello dello SCO. E a chiusura della riunione di Qingdao, Xi può registrare il rafforzamento del peso del socialimperialismo cinese nello scacchiere internazionale. Il rafforzamento delle ambizioni di leader imperialista mondiale della Cina camuffato dietro una fraseologia che ciancia di “formazione di una visione comune per costruire una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”, come ha detto Xi nel suo intervento di apertura dei lavori e ripreso pari pari nella dichiarazione finale.
Allo slogan divisivo “America first”, prima l'America di Trump, Xi nello scontro fra predoni capitalisti oppone quello dello “spirito di Shanghai”; una concezione che parafrasando formalmente i corretti principi della coesistenza pacifica elaborati e praticati dalla Cina di Mao, li declina da un punto di vista capitalista e punta certamente a rafforzare la cooperazione tra i paesi ma secondo il progetto di Pechino per costruire una via commerciale tra Asia e Europa, la Via della seta, a vantaggio di quello più forte, la Cina di Xi.
Per proteggere anzitutto gli interessi imperialisti della Cina, assieme a quella dei partner, Xi sottolineava che “la sicurezza è la base per lo sviluppo sostenibile della SCO. Tutte le parti, guidate dalla visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile, sosterranno congiuntamente la sicurezza e la stabilità regionali mediante l'attuazione della Convenzione di Shanghai sulla lotta al terrorismo, al separatismo e all'estremismo”, come dire pugno di ferro contro qualsiasi tentativo di modificare lo status quo. La collaborazione in questo settore all'interno della SCO è per Xi parte di un impegno dei paesi aderenti a “creare un fronte antiterrorismo globale unificato”, come recita la dichiarazione finale del vertice, sotto “il ruolo centrale di coordinamento delle Nazioni Unite”; non affidata quindi a un paese o a un gruppo di volenterosi, come quello creato dall'imperialismo americano sotto Bush che ha aggredito Afghanistan e Iraq e incendiato tutto il Medio oriente.
La ponderosa Dichiarazione di Shanghai dettaglia l'analisi e gli interventi sulla serie di crisi regionali che riguardano da vicino i paesi membri e che vanno dall'Afghanistan alla Siria, dalla Corea all'Ucraina. Nella conferenza stampa i temi politico-militari erano trattati con maggiore ampiezza dal presidente russo Vladimir Putin, che abbiamo già commentato sul numero scorso de Il Bolscevico
nell'articolo sul bilaterale con Xi; il presidente cinese si dilungava sul tema economico, campo nel quale il socialimperialismo cinese è il numero uno e non a caso principale bersaglio delle guerre commerciali di Trump. E sono gli Usa a finire sul banco degli accusati quando Xi sottolineava che “la globalizzazione economica e l'integrazione regionale sono la tendenza irresistibile dei nostri tempi”, esprimeva sostegno all'OMC (l'Organizzazione mondiale del commercio, Wto nelle sigla inglese, ndr) e la condanna “al protezionismo commerciale di qualsiasi forma”. Come evidenziava anche la dichiarazione finale, tutti i partner si impegnavano a lavorare “per migliorare gli accordi di cooperazione economica regionale”. Non tutti però si schieravano a favore della Belt and Road Initiative, la nuova Via della seta, l'India si teneva fuori e non era citata nel documento.
Il primo ministro indiano Narendra Modi definiva il progetto della Via della seta una minaccia alla sovranità e integrità territoriale dell'India in riferimento alla costruzione del corridoio economico tra Cina e Pakistan che prevede 3 mila chilometri di ferrovie, strade, oleodotti e reti di cavi in fibra ottica e che attraversa il Kashmir, la regione parte del Pakistan rivendicata da Delhi. Senza dimenticare che l'intesa Pechino-Islamabad accorcia il percorso della Via della seta e minaccia di tagliare fuori il Sud est asiatico e soprattuto l'India. Sono contraddizioni interne non di poco conto ma al momento la SCO viaggia col vento in poppa che soffia da Pechino e per volume di mercato ha già superato il G7. L'Organizzazione è nata il 15 giugno 2001 con sei membri (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) e dal 9 giugno 2017 sono divenuti membri effettivi anche India e Pakistan; sulla porta di ingresso stanno in qualità di Stati osservatori Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia e sei partner di dialogo, Azerbaijan, Armenia, Cambogia, Nepal, Turchia e Sri Lanka.
27 giugno 2018