Parte da Sigonella la guerra sporca dei droni Usa in Africa
Chiudere subito la base di Sigonella per rompere ogni complicità e impedire di esporre l'Italia a rappresaglie
Un dossier diffuso lo scorso 19 giugno dal centro di monitoraggio inglese Airwars e dall'associazione statunitense New America sostiene che i bombardamenti americani effettuati in territorio libico con droni partiti quasi tutti dalla base siciliana di Sigonella abbiano provocato dal 2012 ad oggi tra le 244 e le 398 vittime civili.
Questa non è certo una novità, poiché già il 25 settembre 2017 i vertici dell’aeronautica militare statunitense avevano confermato, in un comunicato ufficiale, che droni e aerei americani erano partiti dall’aeroporto di Sigonella tre giorni prima per effettuare quattro raid su un campo dell'Isis in Libia, a Jufra per la precisione, dove, a loro dire, sarebbero stati uccisi una ventina di miliziani dello Stato Islamico e sarebbero stati distrutti tre fuoristrada armati con armi pesanti.
Ma già prima di tale dichiarazione ufficiale, precisamente il 23 febbraio 2016, l'allora ministro della Difesa Roberta Pinotti spiegava, a proposito dei droni della base americana di Sigonella, in un'intervista pubblicata sul Messaggero che "i droni armati americani sono pensati non solo in funzione della Libia, ma per la protezione degli assetti e del personale americano e della coalizione in tutta l’area
", ammettendo così che il governo italiano concedeva agli americani carta bianca per le loro missioni in Libia.
Il giornalista Gianluca De Feo inoltre chiariva in modo inequivocabile, in un articolo pubblicato su Repubblica del 24 febbraio 2016, che i raid americani provenienti da Sigonella avevano avuto inizio nel 2011 con l’attacco a Gheddafi e che a compiere i raid erano stati i droni Predator e Reaper, ed è evidente che tale sporca guerra dei droni è avvenuta senza che l'opinione pubblica italiana fosse minimamente informata per molti anni fino alle parziali ammissioni del ministro Pinotti del 2016 e alle chiare ammissioni delle forze armate statunitensi dell'anno successivo.
Ma il timore è che tali ordigni stanziati a Sigonella partano anche per destinazioni diverse dalla Libia (si pensi alla Russia, dove certamente un drone spia americano ha svolto una missione all'inizio di quest'anno) come il Mali, che a partire dal 2013 sta diventando il terreno di combattimento contro il terrorismo islamico e il nuovo terreno di conquista da parte degli Stati europei imperialisti che si aggiungono agli Stati Uniti.
È il caso di ricordare che nella base di Sigonella gli Usa operano non nell'ambito della NATO, bensì in proprio, in quanto il terreno che ospita la base fu messo a disposizione negli anni Cinquanta dal governo italiano a quello degli Stati Uniti, per cui la marina e l'aeronautica degli Stati Uniti che si sono insediate non rispondono delle proprie azioni neppure al governo italiano (contrariamente a quanto accadrebbe se gli Stati Uniti vi operassero nell'ambito della NATO), né hanno l'obbligo di informarlo di alcuna azione militare che parte da tale base verso il territorio estero.
Ciò espone l'Italia a possibili ritorsioni, anche armate, da parte di organizzazioni che vengono colpite, in territorio africano e non solo, dai droni americani, che partono peraltro per le loro missioni senza che il governo italiano sia nemmeno informato.
È chiaro che la base di Sigonella deve essere chiusa immediatamente poiché è inammissibile che un pezzo del territorio italiano sia completamente sottratto alla sovranità del suo governo e trasformato in una base militare americana da cui partono operazioni militari che rendono l'Italia corresponsabile degli Usa nel compimento di tali crimini imperialisti e la trasformano a sua volta in un potenziale bersaglio di rappresaglie e ritorsioni armate.
Ecco perché il PMLI ha da sempre sostenuto il movimento No Muos, e vi partecipa attivamente all'interno, e chiede di cancellare il Muos, chiudere subito la base militare di Sigonella e trasformarla in aeroporto civile.
4 luglio 2018