Condannato per corruzione il Partito popolare
Il governo Rajoy travolto dagli scandali
Nuovo esecutivo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sanchez
Il leader dei socialisti Pedro Sanchez si è presentato il 2 giugno davanti al re Felipe VI per la cerimonia nel Palazzo della Zarzuela a Madrid e preso l'incarico per la formazione del nuovo esecutivo spagnolo; l'ex premier Mariano Rajoy, leader del Partido Popular (Pp), e il suo governo di minoranza che si reggeva grazie all'astensione dei socialisti, erano stati costretti alle dimissioni il giorno precedente, quando la maggioranza dei parlamentari aveva approvato la “mozione di censura” presentata dai socialisti del Psoe presentata una volta arrivato a conclusione uno dei processi della cosiddetta Tangentopoli spagnola, quella del “caso Gurtel”, con una sentenza di condanna per corruzione del Pp.
È la prima volta, nella storia di Spagna, che un governo in carica viene sfiduciato dall’opposizione e secondo il meccanismo legislativo il rappresentante del partito che propone la mozione, in questo caso Sanchez per il Psoe, ha il diritto di prendere il posto di capo del nuovo esecutivo. Hanno votato a favore gli 84 deputati socialisti e i 67 parlamentari del movimento Podemos che avevano fin da subito appoggiato “incondizionatamente” la mozione di sfiducia; determinanti a raggiungere i 180 voti e quindi arrivare alla maggioranza necessaria sono serviti i consensi dei 5 indipendentisti baschi e dei 17 separatisti catalani.
Dopo la sentenza della magistratura anche il movimento di destra Ciudadanos, alleato governativo del Pp alla Moncloa, dopo la sentenza del “caso Gurtel” aveva dichiarato finita l’esperienza di governo ma la formazione guidata da Albert Rivera avrebbe preferito che Rajoy si dimettesse per andare di nuovo alle urne e approfittare del tracollo degli alleati e dei sondaggi che la danno come primo partito. Il Pp ha aspettato il responso del voto parlamentare che al momento se non altro ha evitato elezioni anticipate, per la terza volta in solo due anni e mezzo. Che al momento sono rimandate dal tentativo di Sanchez.
La campana a morto per il governo Rajoy era suonata il 24 maggio con la sentenza di primo grado del tribunale di Madrid che, per tangenti e favori in cambio di commesse pubbliche a Valencia e Madrid nel periodo dal 1999 al 2005, condannava a 33 anni l’ex tesoriere del partito Luis Barcenas, a 15 anni sua moglie Rosalia Iglesias e a 51 anni Francisco Correa, ritenuto il principale responsabile della rete definita un “efficace sistema di corruzione istituzionale”. Il tribunale condannava lo stesso Pp a pagare 240mila euro in qualità di “partecipante a titolo lucrativo”; un marchio non da poco per il partito che è stato l'artefice dell'applicazione della politica di lacrime e sangue dettata dalla Ue per far pagare la crisi alle masse popolari, dopo che aveva fatto cassa con le mazzette. E non è finita qui anche se per Rajoy si tratterebbe di “vecchi casi isolati”, dato che la sentenza ha portato a conclusione solo una parte dell'inchiesta sui fondi neri accumulati dal cassiere del Pp che riguarda anche gli anni successivi ed è tuttora in corso.
18 luglio 2018