In Italia il record di decessi per il “Dieselgate”
La pianura padana uno dei territori più inquinati del mondo
Un recente studio dell’ IIASA (International Institute for Applied Systems Analysis) e del Norwegian Meteorological Institute ha preso in esame le morti premature nei 28 Stati membri dell’UE più Svizzera e Norvegia direttamente collegate alle emissioni di ossido di azoto (NOx) prodotte dalle auto diesel. Oggi in questo territorio ci sono in circolazione oltre 100 milioni di auto diesel, il doppio rispetto a tutto il resto del mondo assieme; in Europa il diesel alimenta la metà del parco macchine in circolazione. In premessa di questa ricerca, lo studio del Transport & Environment che aveva già precisato l’esistenza nel vecchio continente di trenta milioni di auto diesel cosiddette “sporche”, e cioè che emettono in atmosfera almeno il triplo degli ossidi di azoto stabiliti per legge; l’esplosione dello scandalo Dieselgate aveva poi confermato l’indagine stabilendo che tali emissioni erano in realtà dalle quattro alle sette volte più elevate nella realtà rispetto a quanto riportato nei test di certificazione falsificati.
Dallo studio IIASA emerge che sui 425 mila morti per inquinamento in Europa, almeno cinque mila sono direttamente attribuibili proprio al “Dieselgate”; solo in Italia, che vanta l’area più inquinata del continente proprio in pianura padana, su 2.810 morti annui per le emissioni diesel, 1.250 di questi sono dovuti specificamente all’infrazione della normativa sulle emissioni. Seguono Germania con 960 annui e Francia con 680. In sostanza le compagnie automobilistiche hanno sulla coscienza ben 4.560 morti annui riconducibili alle emissioni in eccesso rispetto ai limiti dichiarati dai produttori di veicoli (sui 9.830 decessi annui per inquinamento da diesel). Sempre secondo lo studio, se i veicoli avessero mantenuto le emissioni sui livelli di quelle a benzina, si sarebbero potute evitare l’80% delle morti premature; semplicemente rispettando i già ampi limiti di legge e non alterando le certificazioni, ben il 47% del totale.
Le indagini hanno avviato una class action europea contro Volkswagen, al centro dell’inchiesta che poi si è allargata anche ad altre compagnie, che già per le vendite in USA ha dovuto sborsare qualcosa come 25miliardi fra multe, risarcimenti e rimborsi. L’UE ha approvato nuove procedure per i test sulle emissioni da effettuare prima della messa in vendita dei nuovi modelli di auto, che dovranno entrare in vigore progressivamente entro il 2019; nonostante esse siano più restrittive e più difficilmente aggirabili, non ci stupiremmo che alle legge sia presto trovato l’inganno, considerato che tali compagnie automobilistiche investono ogni anno grandi fette del proprio bilancio per attività di lobby, dichiarate o meno, nei confronti delle istituzioni nazionali e sovranazionali ed ai relativi organismi di controllo.
Sicuramente gli omicidi causati nel nome del mercato e del profitto che questo studio in maniera eloquente rivela, dovrebbero comportare pesanti sanzioni penali, anche individuali, che al momento non sono arrivate; al contrario i dirigenti rimossi per lo scandalo se ne sono andati con indennizzi milionari e fra gli applausi dei consigli di amministrazione. Uno scandalo dietro l’altro che coinvolge anche gli Stati membri poiché, poco o nulla si sta facendo per limitare l’uso del diesel e per agevolare il cambio delle auto inquinanti. Poco credibili sono i paesi Europei, soprattutto Germania e Francia che annunciano di voler eliminare progressivamente le auto a diesel e poi anche a benzina (basta leggere le risoluzioni della COP 21 di Parigi, finanziata fra l’altro dal binomio Renault-Nissan, per capire davvero a che punto siamo), ancora più vergognoso è l’atteggiamento dell’Italia, primatista dell’inquinamento da diesel, che al momento non ha proposto alcuna presa di posizione in merito. C'è un filo diretto tra le grandi compagnie petrolifere e i governi italiani che in ogni modo cercano di favorirle dando loro piena libertà persino nelle trivellazioni in mare e su terra che stanno devastando la Basilicata, e che non hanno alcuna strategia verso un pur progressivo passaggio dalle fonti energetiche fossili alle rinnovabili.
25 luglio 2018