Il ministro Savona indagato per “usura bancaria”
Deve dimettersi
Il ministro per gli Affari europei Paolo Savona, già al centro dello scontro istituzionale fra i ducetti Salvini e Di Maio (che lo volevano imporre alla guida del ministero dell'Economia) e il capo dello Stato che invece, avvalendosi delle sue prerogative costituzionali, si era rifiutato in un primo momento di cedere al diktat; è ora indagato dalla procura di Campobasso con la pesante accusa di usura bancaria.
Insieme a Savona sul registro degli indagati compaiono i nomi di tutti i vertici di Unicredit che si sono succeduti alla guida dell'Istituto tra il 2005 e il 2013: 23 indagati “eccellenti” fra cui spiccano Alessandro Profumo, oggi alla guida di Leonardo, Fabio Gallia, sino a pochi giorni fa amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti e i banchieri Federico Ghizzoni, Paolo Fiorentino e Roberto Nicastro.
Vittime del reato sono i fratelli Pietro e Angelo Santoro, titolari della Engineering srl, che ha realizzato alcuni dei principali parchi eolici nel Sud.
Secondo il Pubblico ministero (Pm) Rossana Venditti, l’azienda ha subìto da Unicredit tassi d’interesse tacciabili di usura. Di conseguenza tutti i vertici dell’istituto devono essere indagati in quanto, spiega il legale della società Luigi Iosa, “la Cassazione penale impone di indagare i vertici per via del loro ruolo di controllo e garanzia: è un atto dovuto”.
Salvini e Di Maio che già sapevano dell'iscrizione di Savona nel registro degli indagati fin da gennaio scorso, prima lo hanno promosso ministro e ora, invece di dimetterlo, lo difendono a spada tratta. Il primo liquida la questione con il classico “atto dovuto” scimmiottando Renzi e Berlusconi; mentre il secondo addirittura ironizza: “ma Savona vi sembra uno con la faccia da usuraio? È una delle persone più oneste, pulite e corrette di questo Paese: la giustizia faccia presto il suo corso”.
Entrambi fanno finta di non sapere che la notizia dell'inchiesta su Savona è diventata di dominio pubblico il 20 luglio proprio perché la procura di Campobasso ha chiesto sei mesi di proroga per le indagini; segno evidente che la vicenda presenta ancora molti lati oscuri che vanno approfonditi e chiariti come ha confermato lo stesso procuratore di Campobasso, Nicola D’Angelo, che concorda con i tempi ulteriori chiesti dal Pm “perché la vicenda presenta numerosi aspetti tecnici che non possono essere sbrogliati senza le dovute consulenze”.
Del resto non è la prima volta che Savona finisce nella rete della magistratura. Nel 2009 in qualità di presidente del famigerato gruppo cementificatore Impregilo fu accusato, in concorso con l’allora amministratore delegato Piergiorgio Romiti, di aggiotaggio, mancato rispetto per “i risparmiatori” e false comunicazioni al mercato e alla Consob. L'inchiesta è poi finita in prescrizione, ma, annotano i giudici nelle motivazioni: “La vicenda dimostra che gli uffici interni di Impregilo erano esclusi da una effettiva partecipazione alla elaborazione dei dati da fornire all’esterno, essendo questi rimessi alla discrezione dei vertici i quali diffondevano previsioni a braccio con il chiaro intento di fornire al mercato una immagine più favorevole del gruppo”. Il modo di operare di Savona (e Romiti) chiosano i giudici: “è assolutamente censurabile”. Inoltre “si è in presenza di un metodo di formazione della contabilità e delle informazioni esterne affidato alla pura e semplice convenienza di immagine”. Tanto che “l’informazione esterna non tiene conto del vero dato: lo trasforma, lo manipola, diventa frutto di un desiderio e non di un riscontro oggettivo, nel rispetto delle regole del mercato e della trasparenza verso i risparmiatori”.
L’indagine di Campobasso invece è nata da un esposto di 21 pagine scritto per conto della Engineering dall’avvocato Luigi Iosa, dell’associazione “Sos utenti”, e consegnato alla procura di Campobasso nel giugno di un anno fa. All’esposto era allegata la perizia del revisore contabile Raffaele Ranucci fatta sui quattro conti correnti della società, aperti presso Rolo Banca 1473, poi confluita in Unicredit.
Stando alla perizia di Ranucci, tra il 2002 e il 2013 la banca ha applicato alla Engineering tassi effettivi di interesse superiori alla soglia di usura in almeno 39 trimestri su undici anni (e sui quattro conti). Nominalmente erano sotto la soglia di usura, ma sommando tutti i costi sostenuti dall’azienda per i crediti aperti (la Commissione di massimo scoperto, ad esempio), il tasso sforava. Nel terzo trimestre 2006, per dire, il tasso effettivo applicato sul conto numero 1541859 arrivò al 23,21 per cento, quando il tasso soglia era al 14,3 per cento; nel terzo trimestre del 2012, per il conto numero 1368150, addirittura salì al 34,30 per cento, con la soglia di usura al 16,4. "I calcoli sono stati effettuati attenendosi alle istruzioni della Banca D’Italia" , scrive Ranucci, quantificando in un milione di euro l’indebito arricchimento ai danni della Engineering.
Per sei mesi non si è mosso niente. Poi il 19 gennaio scorso la Pm Rossana Venditti, dopo l’istruttoria della Guardia di finanza e dopo una consulenza tecnica che evidentemente ha trovato qualche riscontro ai calcoli di Ranucci, ha iscritto Savona, Profumo e gli altri sul registro degli indagati. E ora ha chiesto una proroga di indagine di sei mesi.
Ciononostante gli stessi politicanti borghesi, con a capo Di Maio e Salvini, che predicano “onestà, moralità e trasparenza”, straparlano di “governo del cambiamento” e che hanno costruito gran parte del proprio consenso elettorale perché fino a poco tempo fa non perdevano occasione per reclamare le dimissioni del politico indagato di turno,ora blindano il ministro per gli Affari europei e invitano ad “aspettare che l’inchiesta faccia il suo corso”.
Esattamente come facevano Renzi e la Boschi, Berlusconi e Alfano, tanto per citare i casi più eclatanti.
31 luglio 2018