Venezuela
Fallito l'attentato golpista a Maduro
Il 4 agosto dello scorso anno si insediava a Caracas l'Assemblea nazionale costituente (Anc) voluta dal presidente Nicolas Maduro per sostituire il parlamento passato in mano all'opposizione e per rilanciare la costruzione di “un nuovo modello di economia post-petrolifera, produttiva, diversificata, che soddisfi le necessità di approvvigionamento della popolazione”, schiacciata dalla pesante crisi economica, dall'embargo pilotato dagli Usa che da Obama a Trump continua a orchestrare l'aperto boicottaggio della destra venezuelana. Nella stessa data a distanza di un anno registriamo un nuovo atto criminale contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela quando due droni sono esplosi di fronte al palco presidenziale mentre era in corso nella capitale una parata per celebrare l’81esimo anniversario della Guardia nazionale.
Secondo il ministero dell'Interno venezuelano erano due droni di tipo civile caricati con esplosivo militare in grado di colpire a 50 metri di distanza. Uno è stato neutralizzato, l'altro si è schiantato su un edificio vicino causando il ferimento di diversi militari. La polizia arrestava sette persone indicate come “gli autori materiali del tentato assassinio del presidente”. Decisa l'accusa del presidente Maduro che in un intervento alla tv di Stato, dopo aver detto di sentirsi “protetto da Dio”, dichiarava: “hanno tentato di assassinarmi. Tutto punta sulla responsabilità dell’estrema destra venezuelana in alleanza con l’estrema destra colombiana”.
Dalla parte del Venezuela di Maduro si sono schierati Cuba, Bolivia e Nicaragua.
L'attentato golpista era rivendicato da una formazione paramilitare, il Movimento nazionale “Soldados de Flanelas” (Soldati in flanella), la stessa che aveva organizzato l'attacco con granate lanciate da un elicottero sulle sedi del Tribunale supremo di Giustizia e del Ministero degli Interni nel giugno dello scorso anno. “Cecchini della guardia presidenziale hanno colpito i droni prima che raggiungessero l’obiettivo – sosteneva il comunicato dei golpisti – abbiamo dimostrato che sono vulnerabili. Questa volta non abbiamo avuto successo, però è questione di tempo”.
L'opposizione “democratica” e quella golpista si fanno forti dell'appoggio dell'imperialismo americano che con Trump, deciso a “ripristinare la democrazia in Venezuela”, ha stretto i legami con la vicina Colombia che ospita ben sei basi Usa e diventata non a caso partner globale della Nato.
Intanto il governo bolivariano di Caracas deve fare i conti con la guerra economica voluta dagli Usa che nei fatti rende ancora più pesante per le masse popolari la già grave crisi economica del paese; a fronte di un'inflazione che ha raggiunto livelli incontrollabili del milione per cento e che annulla il potere di acquisto della moneta ridotta praticamente a carta straccia Maduro ha promesso l’emissione di nuova moneta con stampati “cinque zeri in meno” e un “programma di recupero economico”. Un programma che comprende anche un regalo al settore privato con l’eliminazione delle imposte alle importazioni di beni e materie prime per riattivare l’apparato produttivo.
Un regalo ai privati come quello denunciato dal Partito comunista venezuelano, il PCV revisionista unito da un patto elettorale col Partito socialista di Maduro, sullo smantellamento negli ultimi tre anni delle reti pubbliche di produzione e commercializzazione del settore alimentare; le conseguenze sono state il licenziamento di migliaia di lavoratori e la rinuncia del controllo statale in un settore strategico. “La propaganda ufficiale che qui c'è il socialismo e che la classe operaia e il popolo hanno il potere è falsa - dichiarava un membro dell'Ufficio politico del PCV in una intervista del 18 agosto - sebbene ci sia stata una distribuzione della ricchezza nazionale attraverso politiche sociali, le condizioni di sfruttamento e oppressione non sono cambiate. Rimangono le stesse perché il capitalismo continua ad esistere in Venezuela, la proprietà privata continua a dominare sui mezzi di produzione, il modello di gestione autoritaria e verticale del capitalismo stesso continua ad esistere nelle aziende private e nelle istituzioni statali”.
Maduro continua a promettere cambiamenti come quelli pronunciati alla conclusione della recente marcia promossa dai movimenti contadini, che ha percorso più di 400 chilometri da Guanare fino a Caracas dove si è conclusa l’1 agosto per rivendicare un altro modello di agricoltura criticando la politica a favore dei grandi proprietari del ministero dell’Agroindustria e denunciando gli assassini di loro dirigenti da parte dei latifondisti. Maduro ha promesso loro la riconsegna delle terre distribuite dal predecessore Chavez e una revisione delle leggi in materia agricola, un ritardo colpevole e esplicativo delle difficoltà dell'esecutivo bolivariano che ha perso una parte importante del suo appoggio popolare e lo espone maggiormente ai colpi delle azioni sovversive dell'imperialismo americano che vuol riportare il Venezuela sotto il suo protettorato.
5 settembre 2018