Al vertice di Pechino del Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC)
Xi annuncia che il socialimperialismo cinese farà 60 miliardi di investimenti in Africa
In sostanza si è comprato i paesi destinatari. Il presidente del Sudafrica, il revisionista Ramaphosa, nega che si tratta di colonialismo. Il rinnegato di Pechino inganna e disarma i popoli sostenendo che “la pace e lo sviluppo rimangono la tendenza di fondo dei nostri tempi”
La Cina socialimperialista di Xi Jinping è già il principale partner commerciale e uno dei principali alleati finanziari e militari dell'Africa e a suon di miliardi si sta comprando il graduale spostamento di gran parte dei paesi del continente nella sua sfera di influenza. Dall'alto della sua potenza economica e finanziaria ha risorse consistenti per scalzare anche dall'Africa, come tenta di fare nell'America meridionale, la principale concorrente imperialista, gli Usa di Trump, che pur sotto traccia tentano di resistere, per quanto in declino e con meno risorse per tenere botta su tutti gli scenari di guerra commerciale e di guerra con le armi nel mondo; ha la forza per sostituire le vecchie potenze coloniali, dalla più che decaduta Gran Bretagna alla pur ringalluzzita Francia di Emmanuel Macron che regge in parte il confronto perché può mettere in campo la forza militare, quantomeno nell'area francofona, e lavora per rosicchiare lo stesso spazio ambito in Libia dal governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio. La Nuova via della Seta del socialimperialismo cinese non trascura l'Africa, la considera una diramazione non secondaria che parte dalla base militare già avviata a Gibuti, all'ingresso del Mar Rosso.
La penetrazione del socialimperialismo cinese nel continente africano si è sviluppata gradualmente, accelerando negli ultimi anni con un percorso scandito dallo sviluppo delle competenze e del numero dei partecipanti del Forum di Cooperazione Africa-Cina (FOCAC), dal 2000 a oggi, mostrando la tattica di Pechino: investimenti e costruzione di infrastrutture sono la moneta con la quale la Cina si è comprata nel tempo il favore di molti governi borghesi africani e soprattutto le preziosissime risorse dei loro paesi e i mercati di sbocco per le proprie merci. Una politica confermata dal terzo vertice del FOCAC che si è tenuto a Pechino il 3 e 4 settembre.
Nel discorso che ha aperto i lavori del Forum, il presidente cinese Xi Jinping, di fronte alla platea che rappresentava l'Africa al completo, salvo eSwatini, il nuovo nome che nel luglio scorso ha sostituito quello coloniale del piccolo regno di Swaziland che ancora mantiene legami diplomatici con Taiwan, ha messo sul piatto della bilancia la promessa di 60 miliardi di dollari di investimenti nel continente. Finanziamenti promessi ma certi quelli di Xi che ha ricordato che “la Cina ha deciso al vertice di Johannesburg della FCSA di fornire un sostegno finanziario per assicurare il successo dell'attuazione dei dieci piani di cooperazione Cina-Africa adottati contemporaneamente” e “la Cina ha pienamente attuato i dieci piani di cooperazione, con un numero enorme di progetti nelle ferrovie, autostrade, aeroporti, porti e altri progetti di infrastrutture, nonché un certo numero di aree di cooperazione economica e commerciale realizzate o in costruzione”. Così la Cina, sulla base dei piani di cooperazione già adottati, garantiva Xi, “avvierà otto importanti iniziative in stretta collaborazione coi paesi africani nei prossimi tre anni e oltre”.
Il nuovo pacchetto di 60 miliardi di dollari di finanziamenti per i prossimi tre anni all'Africa saranno “sotto forma di assistenza governativa, nonché investimenti e finanziamenti da parte di istituzioni finanziarie e aziende”, sottolineava Xi. Di questi 15 miliardi saranno di aiuti e prestiti agevolati, 20 in linee di credito, 10 per un fondo speciale per lo sviluppo e 5 per le importazioni dall’Africa; almeno altri 10 miliardi di dollari arriveranno delle imprese cinesi per progetti privati.
Il rinnegato di Pechino in sostanza si è comprato i paesi destinatari degli investimenti cinesi, presentando l'operazione come una missione che risponderebbe all'obiettivo del regime di Pechino di “rendere il mondo un luogo di pace e stabilità e una vita più felice e appagante per tutti”. Non poteva negare che “protezionismo e l'unilateralismo” stanno montando e che la guerra continua a tormentarci ma svicolava anzitutto sul confronto con l'imperialismo americano, alle guerre commerciali già in atto preludio delle guerre combattute con le armi, e assicurava che “la pace e lo sviluppo rimangono la tendenza di fondo dei nostri tempi”, ingannando e disarmando i popoli.
Anche lo sviluppo della cooperazione vincente tra Cina e Africa, così come veniva presentata al Forum di Pechino non era in realtà come dettava il titolo del discorso di Xi “Lavorare insieme per uno sviluppo comune e un futuro condiviso” nel momento in cui i maggiori guadagni degli investimenti nella costruzione di infrastrutture tornano con una partita di giro in tasca alle multinazionali socialimperialiste responsabili dei cantieri della Via della Seta o della gestione delle stesse infrastrutture come già successo a Sri Lanka e Pakistan mentre Gibuti ha messo il 77% del suo debito estero in mano della Cina.
“Non c’è nessun nuovo colonialismo”, garantiva negando l'evidenza il miliardario presidente del Sudafrica il revisionista Cyril Ramaphosa, anzi la Cina e l'Africa starebbero lavorando insieme per “far progredire la crescita e lo sviluppo nel continente africano” e acclamava i risultati economici dei capitalisti cinesi sostenendo che “ci sono molte lezioni preziose che l'Africa può attingere dall'imponente modello di crescita della Cina e dal suo approccio per soddisfare i bisogni della sua gente”.
Xi incassava gli elogi, tra gli altri, del presidente serbo Aleksandar Vucic che nell'incontro con l'ambasciatore cinese a Belgrado il 5 settembre teneva a mettere in evidenza “la dedizione disinteressata della Cina per aiutare i paesi in via di sviluppo”. Il presidente di Gibuti, Ismail Omar Guelleh, affermava che il partenariato Africa-Cina era basato sulla cooperazione vantaggiosa per tutti e sul reciproco vantaggio (sic!), quello del Botswana Mokgweetsi Masisi dichiarava che il vertice del Forum era stato “un successo clamoroso”; per la Cina.
19 settembre 2018