Dopo 22 anni di negoziato tra Russia, Iran, Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan
La Convenzione sullo Stato giuridico del mar Caspio taglia fuori gli Usa e la Nato da quel mare
La decisione di vietare a paesi terzi la zona di mare dà alle navi russe della flotta del Caspio di rimanere invulnerabili alle flotte di quei paesi, compresi gli Usa e la Gran Bretagna
“La presente convenzione avrà durata illimitata a causa della sua natura” recita l'articolo 24, l'ultimo, che chiude in maniera secca come una pietra tombale la Convenzione sullo stato legale del Mar Caspio, il documento firmato nella città kazaka di Aktau lo scorso 12 agosto dai leader dei cinque paesi rivieraschi, Azerbaigian, Iran, Kazakistan, Russia e Turkmenistan. Un accordo definito dal nuovo zar russo Vladimir Putin di “valore epocale” perché di fatto mette nelle mani del Cremlino il controllo militare di una regione importantissima per ragioni geopolitiche e economiche. Anche ciascuno degli altri firmatari, l’iraniano Hasan Rouhani, il kazako Nursultan Nazarbayev, l’azero Ilkham Aliyev e il turkmeno Gurbanguly Berdimuhamedow portano a casa qualcosa: l'Iran, sotto il tiro delle nuove ingiuste sanzioni dell'imperialismo americano, una conferma dell'asse Mosca-Teheran, col presidente Rohani che dopo l'incontro con Putin dichiarava che “sono molto lieto del fatto che di anno in anno le nostre relazioni bilaterali si sviluppino solo in una maniera positiva”. Gli altri paesi firmatari hanno soprattutto vantaggi economici nella possibilità di sfruttamento delle enormi risorse di petrolio e gas naturale sepolte sotto le acque del Caspio, il più grande bacino d’acqua chiuso del mondo, collegato al Mar Nero da un sistema di canalizzazione che passa per i fiumi Volga e Don.
A margine del quinto summit dei cinque Stati del litorale caspico sono stati firmati anche sei accordi su cooperazione economica, trasporti e la lotta al crimine organizzato.
L'intesa è stata presentata come il frutto “di relazioni di buon vicinato e della cooperazione tra i cinque”, che pure ci hanno messo 26 anni a venire a capo della questione della “cogestione” della regione che una volta riguardava solo i due paesi rivieraschi, l'Urss e l'Iran, e era regolata dai trattati sovietico-iraniani del 1921 e del 1940 che dichiaravano il mare “proprietà comune”, senza tuttavia regolamentare delimitazioni, uso del fondo marino e attività militari. Il crollo del socialimperialismo sovietico e la nascita dei nuovi Stati indipendenti rivieraschi portarono alla necessità di dare il via a negoziati sullo statuto del Caspio già nel 1992, proseguiti dal 1996 con incontri regolari a livello di ministri degli esteri e poi di capi di governo.
Parallelamente agli incontri a cinque la Russia avviava colloqui separati con il Kazakistan e l'Azerbaigian che si chiudevano nel 2003 con una intesa sullo status della parte settentrionale del mare mentre restavano aperti i negoziati nel Caspio meridionale tra Iran, Turkmenistan e Azerbaigian, non arrivati ancora a una completa soluzione nella bozza definitiva concordata dai ministri degli Esteri il 4 e 5 dicembre 2017 a Mosca.
L'intesa firmata a Aktau definisce infatti circa il 90 per cento della convenzione sul regime legale del Mar Caspio, avvisava l'Iran, lasciando aperte due questioni: la determinazione delle linee di base e la delimitazione dei rimanenti fondali marini e delle risorse sotterranee, ossia come definire e a che distanza dalla costa tracciare il limite delle acque territoriali, di quelle coi diritti di pesca e soprattutto di quelle coi diritti di sfruttamento del fondo marino, che saranno oggetto di ulteriori negoziati. Il nocciolo dell'intesa è su altre cose e viene esplicitato chiaramente nell'articolo 3.
Una volta dichiarato che “le Parti esercitano la loro sovranità, i loro diritti sovrani ed esclusivi, nonché la giurisdizione nel Mar Caspio” nel “rispetto della sovranità, integrità territoriale, indipendenza e uguaglianza sovrana degli Stati, non uso della forza o minaccia di forza, rispetto reciproco, cooperazione e non ingerenza negli affari interni reciproci”, i cinque paesi dichiarano di voler “usare il Mar Caspio per scopi pacifici, trasformandolo in una zona di pace, buon vicinato, amicizia e cooperazione e risolvendo tutti i problemi relativi al Mar Caspio attraverso mezzi pacifici”. Per “garantire la sicurezza e la stabilità nella regione del Mar Caspio” dichiarano tra le altre la “non presenza nel Mar Caspio di forze armate non appartenenti alle Parti” e la non concessione di parti del proprio “territorio ad altri Stati per commettere aggressioni e intraprendere altre azioni militari contro qualsiasi Parte”. Infine decidono che “navigazione, entrata e uscita dal Mar Caspio sia esclusivamente da navi battenti la bandiera di una delle Parti”.
Seguono gli altri 21 articoli ma la questione centrale è subito sistemata nel passagio che maggiormente interessava alla Russia di Putin: sigillare il Mar Caspio tenendo fuori i mezzi militari delle concorrenti imperialiste per proteggere le proprie e definire una sorta di alleanza militare, seppur generica ma della quale tiene indubbiamente le redini, tra i cinque Stati per coprirsi il fianco Sud dalle possibili infiltrazioni della principale potenza militare rivale, l'imperialismo americano arrivato nel nord e centro Europa fino ai sui confini.
A questo serve il divieto della presenza di basi e mezzi militari di paesi terzi che non si affacciano sul Caspio definito nella Convenzione, a partire da quelle degli Usa e della Gran Bretagna che ci hanno provato nel corso dell'aggressione imperialista all'Afghanistan. “È importante che la convenzione disciplini chiaramente le questioni della navigazione e della pesca, impegni i principi della cooperazione politica militare tra i paesi membri, garantisce l'uso del Mar Caspio puramente per scopi pacifici e (soprattutto, ndr) la non presenza di forze armate di off-shore stati della regione”, ha sottolineato Putin.
19 settembre 2018