Sentenza del tribunale del riesame
La Lega di Salvini deve restituire i 49 milioni rubati agli italiani
Salvini: “Temete l'ira dei giusti”. L'altro ducetto Di Maio lo copre
“Poiché la Lega Nord ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato in quanto oggettivamente confluite sui conti correnti, non può ora invocarsi l’estraneità del soggetto politico rispetto alla percezione delle somme confluite sui suoi conti e dalle quali ha direttamente tratto un concreto e consistente vantaggio patrimoniale” pertanto “Il Tribunale dispone il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta anche delle somme che sono state depositate o verranno depositate sui conti correnti e depositi bancari intestati o comunque riferibili alla Lega Nord successivamente alla data di notifica ed esecuzione del decreto di sequestro fino all’occorrenza di 48,969 milioni”.
Questi i passi salenti della sentenza emessa il 6 settembre dal tribunale del Riesame di Genova che, sulla base di quanto stabilito dalla Cassazione a luglio scorso, dispone il sequestro dei famigerati 49 milioni che la Lega fascista e razzista di Bossi, Maroni e Salvini ha rubato al popolo italiano.
Soldi che, secondo la sentenza che ha condannato l’ex leader Bossi, l’ex tesoriere Belsito e tre ex revisori dei conti, sono stati incassati dai caporioni fascio-leghisti sotto forma di rimborsi elettorali fra il 2008 e il 2010 ma utilizzati per fini personali attraverso rendicontazioni fasulle e investimenti all'estero.
La sentenza tra l'altro dà nuovo impulso a un altro filone di indagine, quello che ipotizza il riciclaggio di denaro nel periodo di segreteria di Roberto Maroni e Matteo Salvini. L'inchiesta riguarda i dieci milioni che dopo una serie di passaggi bancari vennero investiti dalla Sparkasse di Bolzano in un fondo lussemburghese, Pharus Management. Se gli investigatori trovassero conferme - è stata inoltrata una rogatoria in Lussemburgo - potrebbero essere chiamati a rispondere di quei movimenti proprio gli ex segretari Roberto Maroni e l'attuale Matteo Salvini.
“Temete l’ira dei giusti! Se qualcuno pensa di fermarmi o spaventarmi ha capito male, io non mollo e lavoro con ancora più voglia. Sorridente e incazzato” ha tuonato via social il boss leghista Matteo Salvini che ancora una volta attacca a testa bassa la magistratura e addirittura su una slide pubblicata sui social recita il ruolo della vittima che “Rischia 30 anni per aver bloccato gli immigrati, gli impediscono l’attività politica per vicende di dieci anni fa”.
In realtà il sequestro ai danni della Lega non è frutto di una persecuzione giudiziaria, come vorrebbe far credere Salvini, ma è espressamente previsto dall’articolo 640 quater del codice penale, che punisce la truffa anche per erogazioni di denaro pubblico, e combinato con l’articolo 322 stabilisce la confisca dell’intero finanziamento, senza se e senza ma.
Non a caso nelle motivazioni che accompagnano la sentenza il collegio giudicante presieduto da Roberto Cascini sottolinea: “Deve rammentarsi che non solo non esiste alcuna norma che stabilisca ipotesi di immunità per i reati commessi dai dirigenti dei partiti politici... Esiste anche una precisa disposizione di legge che impone la confisca addirittura come obbligatoria nel caso in esame senza quindi consentire al giudice alcuno spazio di disapplicazione della norma stessa per i dirigenti pro tempore di un partito politico che commettano reati rispetto alle posizioni di ogni altro imputato”.
La sentenza, in riferimento ai deliranti attentati alla democrazia paventati dai vertici leghisti, ricorda fra l'altro che: “Nel procedimento di merito (quello contro Belsito e Bossi, ndr) definito con sentenza di condanna sono parti civili i massimi organi costituzionali di rappresentanza popolare, il che evidentemente esclude ogni possibile violazione delle prerogative democratiche in relazione all’esecuzione della confisca disposta in sentenza”.
Non a caso il Tribunale del Riesame ha cassato punto per punto tutte le eccezioni presentate dagli avvocati leghisti Giovanni Ponti e Roberto Zingari.
I sequestri partiranno non appena la Guardia di Finanza riceverà la delega da parte della Procura o del Tribunale.
Si partirà con la cassa centrale di Via Bellerio nella quale gli stessi avvocati difensori hanno certificato che dal settembre 2017 al luglio di quest’anno sono stati versati 5 milioni e 600mila euro fra donazioni di privati cittadini e versamenti dei parlamentari. Ma saranno aggredibili anche le diramazioni locali del partito. Anche perché lo scorso luglio sempre il tribunale del Riesame, dopo un’altra battaglia in Cassazione, aveva stabilito che esiste continuità patrimoniale tra la Lega Nord centrale e la Lega Toscana, creando un principio a cui ispirarsi per i sequestri futuri. Poi la "caccia al tesoro" della Lega proseguirà anche nella galassia leghista: onlus, gruppi e associazioni come la " Più Voci", costituita nel 2015 dal tesoriere della Lega Giulio Centemero e dagli altri commercialisti Alberto di Rubba e Andrea Manzoni.
Tutto quel che la Finanza troverà, così come i 3 milioni già sequestrati, sarà "congelato" nel Fondo unico della giustizia, in attesa che la sentenza su Bossi e Belsito affronti nuovi gradi di giudizio (a Genova è in corso l’appello).
Uno scenario da incubo per i caporioni leghisti che ha spinto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nonché vicesegretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, a mettere le mani avanti dichiarando che: “Se ci sarà il via libera ai sequestri” dei proventi “che sostanzialmente sono i versamenti dei parlamentari e dei consiglieri, è evidente che il partito non potrà più esistere perché non avrà più soldi”.
In ogni caso la decisione del tribunale del Riesame di Genova non ha colto di sorpresa i vertici della Lega che, nonostante le promesse di Salvini: “Non cambio nome e simbolo al partito per una sentenza”, adesso prendono in seria considerazione l'ipotesi di creare un nuovo soggetto politico e amministrativo per sfuggire alle pendenze giudiziarie. Lo stesso Salvini, anche se continua a ripetere che: “il marchio storico non si può archiviare”, ha già fatto sapere che è disposto a considerare alcuni ritocchi magari aggiungendo formule tipo "Prima gli italiani" al nome Lega.
Ma, come ha ammesso lo stesso Paolo Grimoldi, segretario della Lega Lombarda: “anche così facendo, se mantieni lo stesso segretario, gli stessi parlamentari e consiglieri regionali, ovvio che un qualsiasi magistrato poi ti viene a bussare anche lì”.
Di fronte a tutto ciò è a dir poco vergognoso vedere il M5S che ha costruito le proprie fortune elettorali proprio ingannando le masse popolari con slogan fuorvianti al grido di “onestà, onestà” contro la “vecchia partitocrazia” adesso copre e difende a spada tratta il suo alleato fascista e razzista Salvini con alla testa l'altro ducetto Di Maio che, invece di chiedere le immediate dimissioni di Salvini e rimangiandosi quel che invocava quand'era all'opposizione, ha fatto sapere che: “Da parte nostra non c'è nessun problema per l’esecutivo, le sentenze si rispettano e si va avanti... Non c’è nessuna ricaduta sul governo. E comunque sono fatti risalenti alla Lega Nord di Umberto Bossi”.
Che imbroglioni!
Che voltagabbana!
19 settembre 2018