In una partita a quattro con Cina e Ue
Gli imperialisti americani e russi si disputano l'Africa
Nell’ottobre 2017 l'uccisione di quattro soldati delle forze speciali statunitensi in un’imboscata rivendicata da milizie legate allo Stato Islamico in Niger portò all'attenzione il recente attivismo militare, fino ad allora sottotraccia, dell'imperialismo americano nella fascia dei paesi del Sahel, nell'area dei paesi dell'ex impero coloniale francese che non ha certo mollato la presa, e anche oggi nel mirino della Ue, Francia e Italia in testa, che la definisce la sua nuova frontiera meridionale; nello stesso modo l'assassinio lo scorso 30 luglio di quattro giornalisti russi che erano nella Repubblica Centrafricana per una inchiesta sui mercenari del Gruppo Wagner, messi da Mosca al servizio del governo di Bangui ha portato all'attenzione la crescente penetrazione dell'imperialismo russo nel paese subito sotto la zona contesa tra Usa e Ue. Il recente vertice del Forum di Cooperazione Africa-Cina (FOCAC) che si è tenuto a Pechino ha confermato l'ampiezza dello sforzo del socialimperialismo cinese per rimanere il principale partner commerciale e uno dei principali alleati finanziari e militari dell'Africa. Anche gli imperialisti americani e russi partecipano alla disputa dell'Africa.
La Russia, col permesso dell’Onu, fornisce armi e addestramento alle truppe del presidente Touadéra della Repubblica Centrafricana, come confermato dai nuovi accordi firmati alla fine di agosto nella visita a Bangui del ministro della Difesa russo Serghey Shoigu; i suoi mercenari vigilano sugli interessi delle multinazionali russe che partecipano allo sfruttamento dei giacimenti di oro, diamanti e uranio del paese che l'esercito governativo non è in grado di tenere a bada.
Prima ancora del ministro Shoigu era stato il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, a preparare il terreno al rilancio delle ambizioni imperialiste del Cremlino in Africa col viaggio in una serie di paesi che una volta avevano relazioni particolari con l'Urss socialimperialista e crollate con essa agli inizi del 1991, quali Mozambico, Zimbabwe e Etiopia. Una operazione completata da Lavrov a fine agosto scorso con l'incontro col collega dell'Eritrea e l'annuncio dell'avvio dello studio per un progetto comune che porterà alla costruzione di un centro logistico in uno dei porti eritrei, in una posizione strategica sul Mar Rosso.
I progetti di sviluppo delle relazioni bilaterali con questi paesi si aggiungono a quelli già compiuti dall'imperialismo russo per conquistarsi relazioni speciali e basi tra i paesi africani della fascia mediterranea, dall'Egitto di Al Sisi fino all’Algeria, passando per le regioni della Libia controllate dal generale Khalifa Haftar. Una rete di relazioni che Putin sta costruendo per guadagnarsi un posto di rilievo nel controllo del continente africano; i cui governi borghesi possono guardare a Mosca più che per gli scambi commerciali, per il sostegno politico e soprattutto per quello militare. Due settori dove diretta è la concorrenza tra Usa e Russia, con Washington che ha rafforzato nel tempo la sua presenza militare lungo la fascia subsahariana. Dove, nel nome della lotta al terrorismo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, l'imperialismo americano ha via via aumentato la sua presenza in Niger, dove i marines si trovano fianco a fianco o in concorrenza dei contingenti di Francia, Germania, Canada e Italia; è presente con militari anche in Mauritania, Senegal, Mali, Burkina Faso e Ciad, con la cooperazione di truppe di Israele, Colombia e Giappone.
3 ottobre 2018