Bruciate le bandiere del Movimento e strappati i certificati elettorali
Tradimento dei 5 Stelle: il Tap si farà
Il Comitato NoTap chiede le dimissioni dei pentastellati eletti in Puglia
“Prima o poi si tornerà a votare in questo paese. E con il governo del Movimento 5 Stelle quest'opera la blocchiamo in due settimane”.
Così il 2 aprile 2017 il boss dei Cinquestelle Alessandro Di Battista imbrogliava le masse salentine al termine di una manifestazione No Tap a San Foca.
A distanza di poco più di un anno da quella pubblica promessa, il Movimento 5 Stelle ha completamente tradito la fiducia dei suoi elettori e ora lavora alacremente per la realizzazione del Trans Adriatic Pipeline (TAP), il progetto di un gasdotto lungo 870 chilometri e un costo di circa 45 miliardi che, passando per Grecia e Albania, approderà in Italia attraverso un microtunnel lungo 1,5 km scavato a circa 700 metri dalla spiaggia di San Foca e a una profondità di 25 metri.
Il 28 ottobre con una provocatoria “lettera aperta ai cittadini di Melendugno”, centro della protesta No Tap, il premier Giuseppe Conte e il ducetto pentastellato Di Maio, hanno ribadito che il Tap è “un'opera di importanza strategica per il nostro Paese” e che quindi si deve fare a tutti i costi.
“A seguito delle ultime verifiche effettuate dal ministro dell’Ambiente Costa – scrive tra l'altro Conte - abbiamo dovuto prendere atto che non sono emersi profili di illegittimità tali da giustificare l’interruzione della realizzazione del progetto Tap". Mentre Di Maio gli regge il sacco alludendo a fantomatiche “penali per quasi 20 miliardi di euro” e cerca di giustificare il suo clamoroso voltafaccia sostenendo che prima di diventare ministro non sapeva nulla delle “penali” perché se ne parla su “carte” del ministero dello Sviluppo economico che non erano state mostrate ai parlamentari del Movimento 5 Stelle nella scorsa legislatura.
Immediata la protesta delle masse popolari pugliesi che hanno denunciato pubblicamente il clamoroso inganno politico ed elettorale dei Cinquestelle e davanti alle telecamere hanno strappato i manifesti dei parlamentari Cinquestelle eletti nel proprio territorio e i certificati elettorali e hanno dato fuoco alle bandiere del Movimento.
Una rabbia sacrosanta soprattutto se si pensa che fin da subito le masse popolari dei comuni interessati e associazioni ambientaliste, poi confluite nel Comitato No Tap, hanno organizzato cortei e manifestazioni di protesta per fermare l'ennesima opera inutile, dannosa e costosissima.
Il Movimento 5 Stelle, non ancora al governo, ha cavalcato per anni la protesta popolare, com'era accaduto per Tav e Ilva, tanto che alla manifestazione No Tap del 22 settembre 2014 Beppe Grillo aveva promesso: “Deve essere il popolo a decidere, anche sul gasdotto. Se per fare l'opera metteranno in campo l'esercito, noi ci metteremo il nostro di esercito”.
Una posizione di netta opposizione al progetto TAP ribadita in più occasioni negli anni successivi dal M5S con decine di post sul blog delle stelle arrivando addirittura, il 1 Aprile 2017, a candidare il "Comitato No Tap Salento Acquarica-Vernole" all'European Citizen's Prize 2017, il premio per il cittadino europeo dell'anno promosso dal Parlamento europeo.
Mentre il senatore dei 5 Stelle, Gianni Girotto, durante la visita del Commissario europeo all'Unione energetica Maros Sefcovic in Puglia, ad aprile 2017, urlava che: "l'Italia non ha bisogno di un gasdotto inutile che ancora prima di essere posato a terra ha già creato enormi conflitti sociali sul territorio pugliese. In queste ore assistiamo all'avvilente teatrino di uno Stato che difende gli interessi dei grandi player energetici rispondendo con violenza contro persone colpevoli solo di difendere il proprio diritto a una terra libera da rischi ambientali ed economici". E sempre ad aprile 2017, nel corso di una conferenza stampa sul programma energia del Movimento, i deputati 5 Stelle denunciavano che "con il Tap si sradicano 10 mila ulivi. Quel tubo non serve: per questo è stupido farlo. Quel tubo è stupido, è un'errata scelta politica. Per questo la gente protesta... bisogna fermare il gasdotto e la mattanza degli ulivi e il gioco di rimpallo tra la Regione Puglia, guidata da Emiliano, e il Ministero dell'Ambiente che fanno lo scarica barile delle responsabilità circa le procedure da seguire e le attribuzioni di potere, noncuranti delle conseguenze che ricadono sul territorio, sull'ambiente e sulla popolazione, dove è forte la mobilitazione in atto tra i cittadini".
A novembre 2017 scendeva in campo anche l'europarlamentare dei 5 Stelle, Rosa D'Amato, che rilanciava le ragioni dei NOTAP con un intervento al parlamento europeo in cui fra l'altro dice: “Siamo qui a parlare di salvare il nostro mare, di salvare le praterie di Posedonia quando per farlo basterebbe impedire infrastrutture energetiche come la TAP. Quella TAP che in questi giorni ha militarizzato San Foca, in Puglia, sud dell'Italia. Quella TAP che è proprietaria di un intero territorio che lo compra con 55 milioni di euro. Sta devastando un intero paesaggio, un'economia, il turismo. Ha estirpato centinaia di ulivi. Perciò - ha chiosato ancora la D'Amato – ai cittadini di Meledugno, ai ragazzi del Movimento NO TAP che sono stati costretti a lasciare il presidio San Basilio dopo 8 mesi di lotte dico di non fermarsi e con loro noi non ci fermeremo per fermare, invece, la devastazione di chi lo fa solo per il mero profitto”. Gennaio 2018. A gennaio 2018 Rosa D'Amato pubblicava un post sul blog delle Stelle in cui affermava di aver "scritto al commissario UE all'Ambiente, Miguel Arias Canete, per contestare la decisione del ministero dell'Ambiente di avocare a sé le verifiche di ottemperanza di ben undici prescrizioni per la realizzazione del gasdotto Tap, sottraendole alla Regione e all'Arpa Puglia" e per chiedere di "sapere se questa decisione violi la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati".
A marzo 2018, in piena campagna elettorale, su proposta del sindaco di Melendugno, Marco Potì, i Cinquestelle, insieme a LeU, Potere al Popolo e addirittura Casa Pound, firmavano un patto elettorale col quale si impegnavano “solennemente” a “fermare il gasdotto appena saremo al governo del Paese”. Grazie a queste promesse da prima Repubblica il 4 marzo 2018 i Cinquestelle hanno turlupinato tantissimi elettori, in gran parte astensionisti, e sono arrivati al governo.
Ma, come tutte le altre cosche parlamentari, non appena hanno messo piede nella stanza dei bottoni hanno gettato alle ortiche tutte le promesse elettorali e il 15 Ottobre scorso al termine del Consiglio dei Ministri i 5 Stelle si sono letteralmente calate le brache confermando che non hanno alcuna intenzione di fermare il TAP.
“Il sentiero è molto stretto” ha detto la ministra del Mezzogiorno Barbara Lezzi (parlamentare pugliese dei 5S che in questi anni ha imbrogliato più di tutti e sulla battaglia dei NOTAP ha costruito la sua fortuna elettorale ndr) al termine del consiglio dei ministri.
Per giustificare l'incredibile giravolta dei Cinquestelle la ministra Lezzi si è spinta ben oltre la soglia del ridicolo ed è arrivata a dire che si tratta di “un'opera non strategica scelta da un altro governo e agevolata da un altro governo” perciò “Non abbiamo nulla di cui vergognarci, non avevamo a nostra disposizione una serie di dati che forniremo pubblicamente. (...) Oggi abbiamo le mani legate, c’è un costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese e per senso di responsabilità non possiamo permettercelo”.
Ma davvero i Cinquestelle non sapevano delle penali?
In realtà ci sono almeno tre elementi che documentano come tutto fosse chiaro già dalla scorsa legislatura quando i 5 Stelle sedevano sui banchi dell'”opposizione” in parlamento e quindi non potevano non sapere. Il primo documento è la Ratifica del trattato Italia-Albania- Grecia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio del 2014 e che dà, di fatto, il via libera alla realizzazione dell’opera con l’Italia che si impegna a non ostacolarla. I 5 Stelle votarono contro proprio perché erano consapevoli che quell'atto rappresentava un punto di non ritorno per la realizzazione del gasdotto. Il secondo elemento risale all' 11 settembre 2014 quando il ministero dell’Ambiente dà il via libera al decreto che autorizza tutte le opere necessarie per costruire il tubo nella parte italiana. Infine l’ultimo documento cruciale è del 20 maggio del 2015: l’Autorizzazione unica firmata dal Mise.
Il trattato internazionale. Il decreto ambientale. L’autorizzazione unica. È dal 2015 che era chiaro che, indietro, era praticamente impossibile tornare.
Non a caso il tradimento dei Cinquestelle sul TAP è cominciato già all'indomani dell'insediamento del governo nero, fascista e razzista Salvini Di Maio. Già a luglio scorso il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, durante una riunione della VIII Commissione alla Camera aveva detto chiaramente: “non si fermano i cantieri, né si sospendono i lavori perché grazie alle stringenti prescrizioni imposte, gli impatti ambientali del Tap sarebbero non significativi”.
Immediata la replica del fronte No Tap che in un post su Facebook ha manifestato "il proprio dissenso e sconcerto per quanto dichiarato dagli esponenti del Movimento 5 Stelle e dal governo... Abbiamo letto che ora riprenderanno i lavori con il benestare di un governo traditore e, in continuità con il precedente. Se la notizia fosse confermata, l’unico gesto sensato di questi politici sarebbero le dimissioni immediate, nel rispetto di chi ha creduto in loro e che invece oggi si ritrova con ingannatori, truffatori e voltagabbana al governo”.
Mentre su Rai Radio 1 alla trasmissione "Un Giorno da Pecora", lo scrittore Erri De Luca ha parlato di “voltata di schiena agli elettori invogliati a votare per questo. Se si tratta di tradimento? Si può parlare anche di questo: è la perdita della parola data, ben più grave del tradimento”.
In un'intervista anche il governatore piddino della Regione Puglia, Michele Emiliano favorevole al TAP ma non all'approdo su San Foca, ha parlato di "indegna ritirata del Movimento 5 Stelle... Nonostante i comizi di Di Battista e della Lezzi nei quali dicevano che se avessero vinto le elezioni in 15 giorni avrebbero cancellato l'opera, mentre sapevano già da allora - perché le carte erano uguali allora come oggi - che questa era una balla da campagna elettorale che permesso al Movimento 5 Stelle di arrivare quasi al 50 per cento dei voti in Puglia”.
Insomma altro che “governo del cambiamento”; coi Cinquestelle al governo l'unica cosa che cambia sono le loro posizioni su TAP, TAV e ILVA a difesa degli interessi dei grandi gruppi industriali e speculativi e non certo dei cittadini!
31 ottobre 2018