Elezioni provinciali
In Trentino il 40,6% dell'elettorato si è astenuto. In Alto Adige il 25,8%
La destra strappa il Trentino alla “sinistra” borghese per la prima volta dal dopoguerra. La Lega sale il M5S cala. Disfatta PD. Scompare FI
Il 21 ottobre si sono tenute le elezioni provinciali in Trentino-Alto Adige, che data la struttura istituzionale della regione autonoma, formata dalle due province autonome di Trento e Bolzano, hanno anche la funzione di elezioni regionali. Queste sono di fatto anche le ultime elezioni provinciali dirette rimaste in Italia dopo la controriforma del 2012. Le due province autonome hanno sistemi elettorali molto diversi, ma entrambe eleggono direttamente i membri dei due consigli provinciali, che congiuntamente costituiscono il Consiglio regionale. Il Presidente della Regione è ricoperto a rotazione dai due presidente provinciali, con inizio alternato: questa volta sarà il Presidente della Provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, neoeletto presidente della provincia di Trento a capo di una lista di “centro-destra”, a iniziare il mandato da governatore.
L’astensionismo in Trentino
Con 174.241 elettori che non sono andati alle urne, o hanno votato scheda bianca o nulla, pari al 40,6% degli iscritti alle liste elettorali, l’astensionismo si è confermato di gran lunga il primo “partito” in Trentino, doppiando la Lega che pure ha surclassato tutte le altre liste ottenendo il 27,09% dei voti validi nella provincia e il 23,3% nella città di Trento. Rispetto alle precedenti provinciali del 2013, che avevano registrato un’affluenza minore, c’è stato un calo del 2,4% degli astenuti, sia in tutta la provincia che a Trento, ma è interessante notare che la tendenza si capovolge se invece delle provinciali 2013 si prende come riferimento le recenti politiche dello scorso 4 marzo. In questo caso si registra per esempio un calo di affluenza ai seggi (non votanti, senza considerare schede bianche e nulle), dal 79,6% delle politiche al 64% delle provinciali, pari ad un notevole 15,6% di elettori che erano andati a votare lo scorso 4 marzo ma hanno deciso di non farlo il 21 ottobre.
Anche a Trento l’astensionismo è di gran lunga il primo “partito”, con 36.384 tra non votanti, schede bianche e nulle, e sorpassa di quasi tre volte la Lega che anche qui ha stravinto con 12.638 voti e il 23,3% su tutti gli altri partiti.
L’astensionismo in Alto Adige
In Alto Adige la situazione è diversa e più articolata: l’astensionismo è il secondo “partito” dopo la Sudtiroler Volkspartei (SVP), con 98.695 astenuti pari al 25,8% del corpo elettorale, e tuttavia ha registrato un incremento netto del 2,8% rispetto alle precedenti provinciali. In termini di affluenza la differenza è ancor più evidente, dato che tra il 77,7% del 2013 e il 73,9% di quest’anno la differenza è addirittura del 3,8%. Anche se va detto che rispetto alle recenti politiche, dove erano andati alle urne il 69% degli iscritti, l’affluenza è stata maggiore.
Invece l’astensionismo è di gran lunga il primo “partito” a Bolzano, con 27.403 astenuti pari al 36,8% dell’elettorato, oltre il doppio dei 13.515 voti ottenuti dalla Lega, che pure vanta in questa città il suo exploit più eclatante, con ben il 27,8% dei voti validi. E questo nonostante che rispetto alle provinciali del 2013 l’astensionismo sia leggermente calato dell’1,2%. I dati molto articolati dell’astensionismo in Alto Adige, che presentano differenze di tendenza, anche contraddittorie, tra Bolzano e la provincia e tra elezioni politiche e provinciali, dimostrano ancora una volta che l’astensionismo non è un fenomeno fisiologico di disaffezione al voto, né tanto meno influenzato da fattori esterni, quali le condizioni climatiche, le vacanze, i ponti e quant’altro viene di volta in volta tirato in ballo, ma è una scelta consapevole dell’elettore, che lo sceglie e lo dosa in base alla situazione politica specifica a livello locale e nazionale.
I partiti in Trentino
Per quanto riguarda i partiti, in Trentino la destra a trazione leghista comprendente Forza Italia e altre sette liste, strappa il potere alla “sinistra” borghese per la prima volta dal dopoguerra, eleggendo col 46,7% dei voti il leghista Fugatti alla presidenza della Provincia e di conseguenza anche della Regione. La Lega Salvini Trentino ottiene il 27,1% nella provincia e il 23,3% a Trento, diventando il primo partito nella provincia autonoma dal 6,2% che aveva nel 2013, passando da un solo consigliere a ben 13 oltre il presidente, su un totale di 35. Il “centro-destra” ne ottiene 21 in tutto, ma FI crolla al 2,8% e ottiene 1 solo seggio: praticamente si sono completamente invertiti i rapporti di forza all’interno della coalizione, con la Lega che ha prosciugato l’elettorato di Berlusconi e anche di FdI e di CasaPound, che insieme raggranellano poche migliaia di voti e non arrivano neanche al 2%. Se ancora mancava una conferma eclatante, queste elezioni laureano il ducetto Salvini a vero leader di tutta la destra italiana, compresi i vecchi e i nuovi fascisti.
Al secondo posto si è piazzato il PD col 13,9%, subendo un vero tracollo rispetto al 22,6% del 2013, e ottenendo solo 5 consiglieri rispetto ai 19 che aveva. Il suo candidato, il renziano già veltroniano Giorgio Tonini, a capo di una coalizione di “centro-sinistra”, è riuscito ad arrivare appena al 25,04%, ben lontano dal suo avversario Fugatti che l’ha quasi doppiato. Ha pesato senz’altro la rottura dell’alleanza con il PATT (Partito autonomista trentino tirolese) del governatore uscente Ugo Rossi (piazzatosi al terzo posto col 12,4%), ma la sconfitta ci sarebbe stata probabilmente lo stesso.
Crollati anche i Cinquestelle, rimasti praticamente fermi al palo del risultato del 2013, con il 7,1% dei voti validi e 3 soli seggi, lontani mille miglia dal 23,4% che avevano festeggiato appena sette mesi e mezzo fa alle politiche. Anche a sinistra del PD c’è poco o nulla, poche migliaia di voti tra LEU e L’altro Trentino a sinistra, lista trotzkista con candidati di PRC e PaP, che ottengono rispettivamente l’1,4% e lo 0,82%.
I partiti in Alto Adige
In Alto Adige comincia ad erodersi lo strapotere storico della SVP, che pur rimanendo di gran lunga il primo partito, scende dal 45,7% del 2013 al 40,9% e scende da 17 a 15 seggi in Consiglio. Anche qui c’è un’avanzata prepotente della Lega, ma a sorpresa il secondo posto le viene soffiato dal Team Koellensperger, una lista civica nata da pochi mesi che porta il nome di un ex M5S, e che ha ottenuto il 15,2% dei voti.
Al terzo posto si piazza la Lega salendo con un balzo dal 2,8% del 2013 all’11,1% di oggi (e a Bolzano ottiene addirittura il 27,8%), prosciugando completamente i voti di FI che nella provincia non riesce a raggranellare che un insignificante 1% e non entra nemmeno in Consiglio, il che ha provocato anche le dimissioni della coordinatrice Micaela Biancofiore. Salvini risucchia anche l’elettorato dei fascisti di FdI e CasaPound, che insieme non arrivano al 5%, quando in questa provincia il vecchio MSI vantava più del 10% dei consensi. Raffrontato non ai voti validi, bensì, come dovrebbe essere sempre, all’intero corpo elettorale, il successo della Lega si ridimensiona comunque ad un più modesto 8,2% alla provincia e 17,6% a Bolzano.
Confermato invece il crollo del PD che dimezza il suo peso scendendo dal 6,7% del 2013 al 3,8%, col che non può più sperare nell’alleanza che aveva finora con la SVP, la quale infatti già sta pensando di spostarsi sulla Lega di Salvini, sia per mantenere il potere nella provincia autonoma, sia per contare di più anche nel parlamento nazionale. E pazienza se per far questo dovrà venire a patti con l’antieuropeismo di Salvini.
Confermato anche in Alto Adige il crollo verticale del M5S, che raggranella appena il 2,4% e solo 3 seggi in Consiglio. Anche evidentemente per la concorrenza del suo ex rappresentante, Paul Koellensperger. Ma non c’è dubbio che anche queste elezioni si siano rivelate un test disastroso per il partito di Di Maio, ormai assediato dal calo nei sondaggi e dalla dissidenza interna su vari fronti aperti (condono, Tav, Tap, decreto sicurezza, legge sulla legittima difesa e chi più ne ha più ne metta).
Non a caso Salvini ha evitato di esultare troppo per il successo della Lega, per non mettere ulteriormente in difficoltà il ducetto suo alleato mostrandone tutta la debolezza e la sudditanza dalla sua sempre più evidente egemonia politica.
7 novembre 2018