Il ddl Pillon rende più difficili separazione e divorzio
No alla mediazione obbligatoria a pagamento, all'imposizione di tempi paritari e alla doppia domiciliazione e residenza dei minori, al mantenimento diretto, al piano genitoriale e all'introduzione del concetto di alienazione parentale
Lo scorso 10 settembre ha avuto inizio in Commissione Giustizia del Senato l'esame del disegno di legge n. 735 avente a oggetto “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità
“.
Il disegno di legge, presentato dal senatore leghista Simone Pillon, renderà più difficili, se approvato, separazione e divorzio, e introdurrà rilevanti novità legislative, che già hanno visto la netta opposizione dei giuristi democratici, in materia di mediazione familiare obbligatoria, affido condiviso, mantenimento diretto della prole e garanzia di bigenitorialità, con doppia residenza per i figli.
Tra le novità previste, scatterà l’obbligo, per chi intende separarsi, di rivolgersi preventivamente ad un mediatore familiare (articoli 7 e 22 del disegno di legge), un professionista con funzione mediativa, dotato di formazione specialistica in coordinazione genitoriale, iscritto all'albo di una delle professioni regolamentate di ambito sanitario o socio-giuridico. Tale procedura di mediazione, peraltro già obbligatoria dal 2010 per numerose materie civili, comporterà inevitabilmente un notevole aumento dei costi a carico delle parti in procedimenti - come quelli di separazione e di divorzio - nei quali molto spesso entrambe le parti o una di esse versa in condizioni economiche disagiate, perché la mediazione, in base al disegno di legge, è a pagamento e senza la possibilità di ricorrere - per i non abbienti - al contributo dello Stato, per cui bisognerà tener presente anche le spese ed i compensi per il mediatore, da stabilirsi con decreto del ministro della Giustizia. Finora le materie della famiglia e dei minori sono sempre state di stretta competenza dei giudici.
L'articolo 11 del disegno di legge poi, modificando l'attuale articolo 337 ter del codice civile che attualmente rimette al Tribunale i tempi di permanenza dei figli minori con i genitori, stabilisce tempi paritari di permanenza dei figli con i genitori qualora anche uno solo di essi ne faccia richiesta, ossia un determinato numero di giorni con un genitore e lo stesso numero di giorni con l'altro, in alternanza. Il medesimo articolo stabilisce poi che i genitori debbano concordare, e rispettare, un piano genitoriale volto a disciplinare tutti gli aspetti della vita dei propri figli, come le frequentazioni, il percorso scolastico, le attività ricreative e le vacanze. Le spese del mantenimento dei figli minori, stabilisce ancora l'articolo 11, dovranno essere affrontate da entrambi i genitori, ognuno per il periodo nel quale i figli minori resteranno presso di sé, restando in vita soltanto, e per periodi limitati, un assegno di mantenimento del genitore economicamente forte a favore esclusivamente del figlio. È chiaro quindi che il disegno di legge Pillon sacrifica gli interessi dei minori subordinandoli per legge e automaticamente ai diritti e alle volontà degli adulti, indipendentemente da ogni valutazione relativa al caso concreto che, fino ad oggi, è rimessa al Tribunale.
Nell'articolo 14 del disegno di legge si introduce quindi nel nostro ordinamento il principio, finora sconosciuto, del doppio domicilio e della doppia residenza del minore, il quale sotto ogni profilo (anagrafico, scolastico, amministrativo) sarà domiciliato e residente presso ognuno dei due genitori.
Lo stesso articolo 14 del disegno di legge, modificando l'articolo 337 ter del codice civile, vuole introdurre la norma in base alla quale “qualsiasi trasferimento del minore non autorizzato in via preventiva da entrambi i genitori o dal giudice deve esser ritenuto contrario al suo superiore interesse e privo di ogni efficacia giuridica. È compito delle autorità di pubblica sicurezza, su segnalazione di uno dei genitori, adoperarsi per ricondurre immediatamente il minore alla sua residenza qualora sia stato allontanato senza il consenso di entrambi i genitori o l'ordine del giudice
“: ciò significa che, prima che inizi la procedura legale di separazione, se il padre di un minore segnala alla polizia che sua moglie o la sua convivente è scappata di casa portandosi con sé il figlio minore, la polizia sarà obbligata a riportare il minore a casa dal padre, anche se la donna è dovuta scappare a causa di violenze subite da lei stessa o anche dal figlio minore. E la polizia dovrà attivarsi per riconsegnare il minore al padre anche se la donna si è riparata in una casa rifugio per sfuggire alle violenze contro se stessa o eventualmente contro figli minori, un fatto che rischia di vanificare la stessa utilità pratica della casa rifugio.
Infine l'articolo 17 introduce nell'ordinamento italiano il potere, da parte del Tribunale, di limitare o sospendere la responsabilità genitoriale di un genitore qualora “pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori, il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo a uno di essi
“, con chiaro riferimento alla sindrome di alienazione parentale, una teoria controversa, che ha acceso aspri dibattiti nel mondo scientifico, in base alla quale il rifiuto, da parte di minori in tenera età, di uno dei genitori sarebbe necessariamente il sintomo di condotte scorrette da parte di quest'ultimo nei confronti del proprio figlio e non, come spesso accade nelle situazioni di separazione, dell'opera denigratoria del genitore affidatario nei confronti di quello non affidatario.
Il disegno di legge punta evidentemente a rendere più difficili le separazioni e i divorzi scoraggiando soprattutto le donne ad affrontare simili passi per paura delle conseguenze economiche: infatti secondo gli ultimi dati Istat disponibili, la condizione economica delle madri sole, il cui 57,6% è separata o divorziata, è critica e il 20% di esse non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione.
D'altra parte è vero che nel 2015 (in base agli ultimi dati disponibili, pubblicati nel 2016), le separazioni con figli in affidamento condiviso erano circa l’89% di tutte le separazioni con affidamento e solo il 20% circa delle separazioni era classificata come altamente conflittuale.
Tale disegno di legge pertanto, con il pretesto che le separazioni e i divorzi sarebbero sempre eventi catastrofici soprattutto per i figli (tanto da adottare per legge la controversa teoria psichiatrica della 'sindrome di alienazione parentale', osteggiata da buona parte del mondo scientifico) intende scoraggiare soprattutto le donne dal fare il primo passo (a causa delle conseguenze economiche, sia per le spese della mediazione obbligatoria sia per le disposizioni in tema di mantenimento diretto), e comunque mira a salvare una concezione della indissolubilità della famiglia di tipo clerico-fascista (tramite l'imposizione di tempi paritari, di doppia domiciliazione e residenza dei minori, del piano genitoriale), smascherandosi così come un ulteriore tentativo di incrinare gli istituti giuridici della separazione personale e, soprattutto, del divorzio, un diritto, quest'ultimo, che l'Italia ha conquistato soltanto nel 1970.
Simone Pillon, il primo firmatario del disegno di legge, è un avvocato clerico-fascista specialista in diritto di famiglia - tanto da essere uno dei fondatori e principali sostenitori del Family Day - che da sempre lotta a spada tratta contro l’aborto, le unioni civili e i diritti del popolo Lgbt, ed è evidente che con il suo disegno di legge vuole iniziare una vera e propria offensiva anche contro separazione e divorzio.
Il disegno di legge vede come altri firmatari i senatori leghisti Massimo Candura, Emanuele Pellegrini e Andrea Ostellari, nonché Michele Giarrusso, Angela Piarulli, Grazia D’Angelo, Elvira Evangelista e Alessandra Riccardi del Movimento 5 Stelle.
Contro il disegno di legge Pillon si è espressa Loredana Taddei, responsabile delle Politiche di genere della Cgil nazionale: “è un chiaro e pericoloso tentativo di riformare il diritto di famiglia a sfavore delle donne e dei figli e perché aumenta le disparità tra uomini e donne
“. Sottolineando che: “in un Paese come il nostro, medaglia d'oro in Europa per disuguaglianze certificate anche dal rapporto Global Gender Gap 2017 del World Economic Forum, che assegna all'Italia l'82esima posizione su 144 per gender gap, di certo non c'è bisogno di questo ddl che non farebbe altro che aumentare le distanze fra uomini e donne
“. E la ragione è presto spiegata: in Italia, in base agli ultimi dati dell'Istat, risulta che soltanto una donna su due lavora, e da una recente ricerca della Banca d'Italia emerge che le donne hanno in media il 25% di ricchezza in meno rispetto agli uomini e nelle coppie il divario è del 50%, per cui la riforma rischierebbe di penalizzare fortemente le donne nelle separazioni e nei divorzi, costringendole in molti casi a rinunciare a tali diritti per non trovarsi ridotte in miseria.
Altrettanto esplicito è stato il movimento Di.Re. Donne in rete contro la violenza, che ha svolto una disamina accurata, anche da un punto di vista tecnico giuridico, del disegno di legge: “La legge
– è scritto nel sito di Di.Re. - propone una famiglia unica, ideale ed astratta, famiglia che è imposta come modello ad ogni coppia con figli che si separa. Le coppie saranno obbligate a disciplinare ogni aspetto della propria vita secondo regole rigide e prefissate senza spazio all’autonomia e specificità individuale. Impone un percorso lungo e complesso, che moltiplica tempi e costi con l’effetto esplicito di ostacolare la volontà delle persone che vogliono separarsi. Il DDL Pillon impone un percorso di mediazione paternalistico e non certo incentrato sui bisogni di genitori e figli
“.
Il 10 novembre si sono svolte in 60 città manifestazioni per protestare contro l'introduzione della mediazione obbligatoria a pagamento, l'imposizione di tempi paritari, la doppia domiciliazione e residenza dei minori, il mantenimento diretto, il piano genitoriale e l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del concetto di alienazione parentale. E per chiedere il ritiro del ddl Pillon.
A organizzarle sono state D.i.Re Donne in rete contro la violenza, la rete nazionale dei centri antiviolenza, il movimento Non una di meno, Udi Unione donne in Italia, Fondazione Pangea, Associazione nazionale volontarie Telefono Rosa, Maschile Plurale, Cgil, CAM Centro di ascolto uomini maltrattanti, UIL, Casa Internazionale delle donne, Rebel Network, Cismai Coordinamento italiano servizi maltrattamento all’infanzia, Arci e Arcidonna nazionale, Rete Relive, Educare alle Differenze, BeFree, Rete Relive, Fondazione Federico nel Cuore, il Movimento per l’Infanzia, Le Nove, Terre des hommes, Associazione Manden, Cnca Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza, Rete per la parità, Associazione Parte Civile, DonnaChiamaDonna e tante altre realtà.
Una ulteriore manifestazione di protesta contro il disegno di legge Pillon è stata indetta per il 24 novembre, a cui parteciperà una delegazione nazionale del PMLI diretta dalla compagna Caterina Scartoni.
14 novembre 2018