Rossanda non perde né il pelo né il vizio
Per qualcuno il silenzio può essere salutare, anche politicamente. Non così per Rossana Rossanda, la quale, accolta con gran fanfare da tutta la stampa della “sinistra” borghese, cerca di far sentire la sua voce di cattiva maestra trotzkista e revisionista con una serie di interventi che sono in realtà tutti rivolti alla cosiddetta sinistra del PD. Il 26 ottobre a “Propaganda Live” costei si lamenta che “la sinistra ha perso il suo elettorato” e che “parla il linguaggio se non proprio della destra comunque dell'esistente”, ma non vede più in là del PD, non osa pronunciare la parola capitalismo e tra l'altro si contraddice affermando che “è un errore astenersi”.
Bisognerebbe quindi continuare a turarsi il naso, secondo la logica del meno peggio sempre sostenuta dal “manifesto” pur dimostrandosi inutile e distruttiva? Incredibilmente parrebbe di sì, visto che alla “Repubblica” del 31 ottobre, alla domanda “per chi voterebbe oggi”, si rammarica di “non distinguere” i candidati segretari del PD... ancora fissandosi sul partito di Renzi, Minniti e Martina e accreditandolo di fatto come partito di sinistra (Leu qui pare persino più di sinistra di lei!), nonostante sia ormai totalmente screditato come partito del regime neofascista, tanto da risultare ormai impresentabile davanti alle masse in lotta. Alle quali non viene dedicata una parola, come se al di là del PD ci fosse il deserto. Al massimo, a voler essere proprio “rivoluzionari”, “dico guardare Sanchez e Podemos” e al pentastellato “reddito di cittadinanza”. Un po' poco per chi continua a dichiararsi “comunista”... le cui “figure più importanti” sono “mio suocero, il mio maestro Antonio Banfi, Sartre” (sic). Due esponenti del liberalismo di sinistra, sia pure ammantato da vaghi ed eclettici riferimenti socialisteggianti.
Tra l'altro Rossanda, tornando a scrivere sul “manifesto” il 28 ottobre, più che la lotta attuale contro il governo Salvini-Di Maio o (non sia mai) il capitalismo, trova urgente recensire la nuova edizione della raccolta di scritti di Franco Fortini del 1947-1957 sulle “gelate ideologiche” nei Paesi socialisti, fra un trito e ritrito attacco contro le “nefandezze” e il “partito dittatoriale” del comunismo nel Novecento e l'altro. Stavolta senza nemmeno prendersi la briga di chiamarlo “stalinismo”.
Rossanda torna insomma a fare quello che “il manifesto” ha sempre fatto: ii consiglieri “critici” della “sinistra” borghese, sordi alla lotta di classe che scorre intorno a loro. Che continuino a marcire nel loro opportunistico sconforto.
21 novembre 2018