Il socialimperialismo cinese sfrutta e reprime i lavoratori
Maoisti cinesi solidarizzano con i lavoratori che lottano per un sindacato indipendente
L'imperatore Xi reprime col carcere, con le aggressioni e con le molestie i lavoratori, gli attivisti e gli studenti in lotta
Solidarietà del PMLI e de “Il Bolscevico” ai lavoratori di Jasic Technology e ai loro sostenitori
Della lotta degli operai della fabbrica della Jasic Technology di Shenzhen, una metropoli della Cina meridionale e uno dei simboli del capitalismo cinese, che avevano dato vita a una dura protesta contro le condizioni di sfruttamento disumane esistenti nella fabbrica e per avere un sindacato indipendente, e del supporto e della solidarietà che avevano ricevuto da maoisti cinesi avevamo dato conto nell'articolo dal titolo “In piazza con i ritratti di Mao in Cina per sostenere i lavoratori” e pubblicato sul numero 31 del 13 settembre scorso. Ritorniamo sull'argomento perché il regime revisionista e fascista dell'imperatore Xi Jinping ha recentemente dato un nuovo giro repressivo contro i maoisti cinesi e in particolare gli studenti universitari che avevano sostenuto la lotta dei lavoratori di Shenzhen.
Il gruppo Jasic Workers Solidarity, di solidarietà coi lavoratori della Jasic, l'11 novembre denunciava che nei giorni precedenti diversi suoi attivisti erano stati arrestati dalla polizia; cinque erano laureati all'Università di Pechino, uno di essi, Zhang Shengye, era stato visto da testimoni mentre veniva circondato da una decina di persone in abiti civili che lo avevano picchiato e trascinato a forza su una macchina. Il giovane era tra i più attivi nelle inchieste che cercavano di capire dove erano stati rinchiusi lavoratori e studenti arrestati tra luglio e agosto scorsi durante le proteste a Shenzhen e non ancora rilasciati. “L'Università di Pechino ha acconsentito al rapimento e questo è un altro crimine che le università hanno commesso contro gli studenti progressisti e la comunità di sinistra” denunciava il gruppo secondo il quale tra la decina di arrestati vi erano anche diversi attivisti della città di Shenzhen, compresi almeno tre operai della Jasic, e di Canton, Shanghai e Wuhan.
Il 25 ottobre il Gruppo di solidarietà coi lavoratori della Jasic aveva scritto una lettera aperta alla Federazione dei sindacati di tutta la Cina e al governo cinese per il rilascio immediato “degli operai e dei loro alleati studenteschi ingiustamente arrestati per azioni sindacali di organizzazione e solidarietà a Shenzhen Jasic Technology in Cina dal luglio 2018”.
Esprimendo la solidarietà del PMLI e de “Il Bolscevico” ai lavoratori di Jasic Technology e ai loro sostenitori aderiamo all'appello che denuncia come dal luglio scorso “più di 70 lavoratori, attivisti e studenti sono stati molestati, aggrediti o detenuti. Finora 4 lavoratori sono stati accusati di reato in attesa di processo, 2 lavoratori e 6 attivisti, attualmente detenuti, sono ad alto rischio di incorrere in accuse criminali mentre diversi studenti sono agli arresti domiciliari”. “Questa è la più severa repressione contro i lavoratori e gli attivisti sindacali in Cina dopo il giro di vite sulle organizzazioni per i diritti dei lavoratori nel 2015” denuncia l'appello che si chiude con la richiesta del rilascio di tutti i lavoratori trattenuti, la riassunzione nel loro posto di lavoro e il riconoscimento del loro diritto a un sindacato indipendente e del rilascio degli studenti e degli attivisti che appoggiano la lotta dei lavoratori.
L'appello era rilanciato il 2 novembre in una dichiarazione congiunta di sindacati, partiti e organizzazioni sociali di Hong Kong e nelle manifestazioni che si svolgevano in varie città cinesi, tra le quali quella di un gruppo di dimostranti con striscioni davanti alla mensa dell'Università di Nanjing.
La riposta del governo cinese era invece immediata ma andava nel senso opposto a quello auspicato nell'appello. Il PCC revisionista e fascista a fine ottobre nominava a Beida, l'Università di Pechino, il nuovo responsabile di partito, proveniente significativamente dall'apparato di sicurezza. Il 9 novembre iniziavano gli arresti nell'Università a conferma del fatto che l'imperatore Xi reprime col carcere, con le aggressioni e con le molestie i lavoratori, gli attivisti e gli studenti in lotta; il pugno di ferro del socialimperialismo cinese, che sfrutta e reprime i lavoratori, è l'arma necessaria al regime capitalista e fascista di Pechino per non avere disturbi sul fronte interno e poter affrontare nel migliore dei modi la sfida esterna con le rivali imperialiste, Usa in testa.
28 novembre 2018