La sentenza della Corte straordinaria fantoccio, avallata dal “Manifesto” trotzkista, non cambia la realtà della storia
Il “genocidio” nella Cambogia di Pol Pot è un falso dell'imperialismo
Due ex governanti del Kampuchea Democratico condannati per lo “sterminio” delle minoranze musulmana e vietnamita. Intoccato il traditore e venduto primo ministro Hun Sen
Il tribunale fantoccio dell'Onu insediato a Phnom Penh ha condannato all'ergastolo per "genocidio delle minoranze musulmana e vietnamita" due ex governanti del Kampuchea Democratico, il novantaduenne Noun Chea e l'ottantasettenne ex capo di Stato, Khieu Samphan, già condannati al carcere a vita per "crimini contro l'umanità".
La sentenza ha avuto grande enfasi internazionale per la parola "genocidio", usata per la prima volta dalla Corte straordinaria della Cambogia creata per giudicare i cosiddetti “crimini” attribuiti ai Khmer Rossi, tra cui lo sterminio di una cifra variabile tra 1,5 e 3 milioni di persone. Si è unito al coro degli osannatori della "sentenza storica" anche "il manifesto" trotzkista, dedicandogli l'intera ultima pagina dell'edizione del 17 novembre, con tanto di foto della ormai stranota catasta di teschi e il titolo a grandi caratteri "Genocidio cambogiano".
Invece si tratta di una sentenza illegittima, come tutte quelle emesse precedentemente da questo tribunale fantoccio, insediato e gestito dall'imperialismo con la copertura dell'Onu, per giudicare esclusivamente sul periodo tra il 17 aprile 1975, giorno della liberazione della Cambogia dal governo fantoccio di Lon Nol insediato e armato dagli imperialisti americani, e il 6 gennaio 1979, vigilia dell'ingresso delle truppe di invasione vietnamite, al soldo del socialimperialismo sovietico, a Phnom Penh. Non a caso né il periodo precedente la liberazione, che avrebbe dovuto riguardare i crimini commessi dagli americani, con i loro bombardamenti a tappeto che provocarono almeno 600 mila vittime, né quello successivo a questo periodo, gli anni della guerra di popolo contro gli invasori vietnamiti, rimasti nel Paese fino al 1991, costata secondo le stime un milione di morti, rientrano nelle competenze di questo tribunale farsa.
La narrazione inventata dagli invasori
La breve e coraggiosa esperienza rivoluzionaria del Kampuchea Democratico guidata dal Partito comunista di quel Paese con a capo Pol Pot, che in pochi anni - proprio quelli nel mirino della Corte dell'Onu - aveva ricostruito il Paese dalle rovine della guerra, dato da mangiare a tutti ripopolando le campagne e istituendo cooperative di contadini dappertutto, costruito scuole e ospedali, sconfitto la malaria, l'analfabetismo, la prostituzione e la tossicodipendenza, piaghe dilaganti invece sotto la corrotta dittatura di Lon Nol, fu troncata il 1° gennaio 1979 dall'aggressore vietnamita, spinto e armato dal socialimperialismo sovietico, allora in piena espansione.
I vietnamiti insediarono a Phnom Penh un governo fantoccio e lo tennero in piedi fino agli accordi di pace di Parigi del 1991, anche se la Resistenza continuò fino al '98. Al seguito degli aggressori si trovava Hun Sen, un traditore ex Khmer Rosso che di lì a poco prenderà la guida del regime, che mantiene tutt'oggi, e che in poco tempo si caratterizzerà per la corruzione, i traffici di armi e droga, la prostituzione infantile, il supersfruttamento della mano d'opera locale per i profitti delle multinazionali straniere, che hanno riportato il Paese nelle tenebre del passato sotto la dominazione coloniale e imperialista. Naturalmente questo traditore e venduto all'imperialismo non è stato minimamente sfiorato da questo processo farsa.
Fu proprio al fine di giustificare la loro criminale invasione del Kampuchea, che rispondeva invece ad un vecchio disegno egemonico sull'intera regione indocinese, che gli invasori vietnamiti, aiutati in questo dai socialimperialisti e dai partiti revisionisti e trotzkisti ad essi asserviti, inventarono la narrazione del regime sanguinario dei Khmer Rossi, dei campi di sterminio, della deportazione forzata della popolazione delle città nelle campagne ecc. Narrazione che solo in seguito, dopo il crollo dell'impero socialimperialista, fu adottata in pieno anche dagli imperialisti americani e da tutti i media occidentali. Tanto che gli Usa e l'Onu misero a disposizione di Phnom Penh circa 50 milioni di dollari per allestire la farsa processuale.
Una volta isolata internazionalmente la Resistenza Kampucheana, non è stato difficile per l'imperialismo corrompere ad uno ad uno i suoi leader, che in diversi hanno tradito e per salvarsi la pelle hanno accettato di consegnarsi al tribunale internazionale e "confessare" i crimini del regime rivoluzionario di Pol Pot, puntando tutti il dito contro di lui e giustificandosi per aver solo eseguito i suoi ordini. Pol Pot, già gravemente ammalato di malaria, pochi mesi prima della sua morte avvenuta il 15 aprile 1998, ufficialmente per un attacco cardiaco, era stato alfine messo agli arresti e sottoposto ad un processo farsa dai falsi Khmer Rossi traditori per ingraziarsi il tribunale internazionale e il governo fantoccio di Hun Sen.
La risposta alle false accuse vietnamite
Lo stesso Pol Pot, per confutare le falsità che il governo vietnamita aveva messo in giro per giustificare le sue ripetute provocazioni alle frontiere col Kampuchea e preparare l'opinione pubblica mondiale alla successiva invasione, aveva rilasciato diverse dichiarazioni e interviste per fare chiarezza sulle accuse rivolte a lui e al Partito comunista del Kampuchea (PCK). Nel 1977 così smascherava pubblicamente le accuse vietnamite di essere lui a volere la guerra con il ben più forte e armato vicino: "Il nostro popolo non nutre alcuna ostilità verso nessuno, né abbiamo alcuna intenzione di commettere aggressioni o espandere il nostro territorio a spese d'un altro. Non vogliamo nemmeno un centimetro di terra che appartenga a qualcun altro. Il nostro è un paese piccolo con una popolazione piccola. Il sistema politico del Kampuchea Democratico non ci permette assolutamente di assalire un altro paese. Un paese piccolo e debole, di norma, non va a inghiottire un paese grande. La storia mondiale dimostra che solo le classi dirigenti reazionarie dei paesi grandi, sul genere di quelle di Hitler, inventano pretesti per provocare e accusare i paesi piccoli di trasgressione, per poi usare questi pretesti per giustificare la loro propria aggressione ed espansionismo".
"Quanto al Vietnam - aveva denunciato in un'intervista del 21 settembre 1978 ai rappresentanti della stampa di Hong Kong - il suo partito non è un autentico partito marxista-leninista. È un partito completamente revisionista che ha tradito la rivoluzione. Il suo regime non è un autentico regime socialista: è un finto regime socialista che opprime il popolo".
Sull'evacuazione di Phnom Penh
Riguardo all'accusa di aver deportato in massa nelle campagne a morire di fame e di stenti la popolazione di Phnom Penh, così ebbe a dichiarare il 18 marzo 1978 ad una delegazione di giornalisti jugoslavi in visita in Kampuchea: "Ci sono tante ragioni che ci condussero a evacuare la popolazione da Phnom Penh e altre città. La prima ragione era quella economica, cioè, di assicurare i viveri ai tanti milioni di abitanti nelle città. Dopo aver lungamente preso in considerazione il problema, siamo arrivati alla conclusione che non potevamo risolvere questo problema finché una popolazione così numerosa rimaneva nelle città. Ma se avessimo evacuato questa popolazione nella campagna, nelle cooperative, quest'ultime avrebbero potuto nutrirla, poiché dispongono di risaie, strumenti di produzione, e tutto ciò di cui avesse bisogno. [...] La popolazione non avrebbe avuto alcuna fede nella rivoluzione se fosse stata lasciata a crepare di fame nelle città. Questa era la ragione economica.
Connesso a questo problema economico c'era quello della difesa e della sicurezza del paese. Prima della liberazione, conoscevamo già il piano d'emergenza degli imperialist statunitensi e dei loro lacchè. Secondo questo piano, dopo la nostra vittoria e la nostra entrata in Phnom Penh, ci avrebbero creato difficoltà nell'ambito politico, militare, economico e così via per distruggere la nostra rivoluzione. Quindi, dopo aver riflettuto sulla situazione, abbiamo evacuato la popolazione delle città nella campagna, nelle cooperative, per risolvere sia il problema dei viveri e, allo stesso tempo, schiacciare in anticipo il complotto degli imperialisti americani, così che non avrebbero potuto attaccarci quando saremmo entrati a Phnom Penh".
L'intervista di Pol Pot sui suoi presunti crimini
Il 30 ottobre 1997, pochi mesi prima di morire, in un'intervista rilasciata al giornalista e corrispondente di guerra americano, Nate Thayer, interrogato insistentemente sui presunti massacri durante i 4 anni del suo governo, Pol Pot gli aveva così risposto: "Io ero venuto [al potere] per portare a compimento la lotta, non per uccidere la gente. Anche adesso, può vederlo. Sono forse una persona selvaggia? La mia coscienza è pulita". E poi aveva spiegato: "Il nostro movimento [Khmer Rossi] ha commesso degli errori, [ma] non avevamo altra scelta. Naturalmente dovevamo difenderci. I vietnamiti volevano assassinarmi perché sapevano che senza di me avrebbero potuto facilmente fagocitare la Cambogia".
Quanto ai milioni di morti a lui attribuiti, che secondo le fonti arriverebbero fino a ben 3 milioni su una popolazione di 7 milioni (praticamente una persona ogni due!), Pol Pot aveva negato recisamente: "Dire che milioni di persone morirono [a causa mia] è troppo. Gran parte dei cambogiani di cui si attribuisce la morte a me sono stati in realtà uccisi dai vietnamiti", aveva risposto mettendo l'intervistatore davanti all'evidenza della contraddizione che ad essere sotto accusa era l'aggredito e non l'aggressore.
Altrettanto recisamente aveva smentito di aver dato ordine di uccidere i familiari e i nipoti del suo parente ed ex ministro della Difesa, Son Sen, accusato di tradimento, anche se aveva ammesso onestamente che l'averlo giustiziato fu un suo errore: "Non avevo dato l'ordine di uccidere quella gente, i bambini, i giovani. Per Son Sen e la sua famiglia, sì, sono addolorato. È stato un errore mettere in atto quel piano". È di quell'errore che il rinnegato e traditore, Ta Mok, anche lui accusato ma riuscito a scappare, approfitterà poi, d'accordo col governo fantoccio, per far arrestare Pol Pot dai Khmer Rossi e processare da un "tribunale del popolo" a Anlong Veng per l'assassinio di Son Sen.
Accuse false per coprire crimini veri
È evidente che anche Pol Pot, anche il PCK hanno commesso errori, e lui stesso lo ha riconosciuto, ma è altrettanto evidente che ciò non ha nulla a che vedere con le infamanti accuse che gli imperialisti e i loro lacché hanno inventato per screditare e criminalizzare l'esperienza rivoluzionaria del Kampuchea Democratico e cancellarla dalla storia come una parentesi di orrori. Un comodo sistema per far dimenticare e assolvere i crimini reali dell'imperialismo, prima e dopo quell'esperienza.
Del resto non è stato fatto così anche da noi, con la Resistenza e le foibe? Quale miglior sistema per assolvere il fascismo dai suoi immensi crimini, riabilitare gli assassini repubblichini e riscrivere la storia da destra che prendere alcuni episodi - che pure ci sono stati come ci sono sempre stati nelle guerre civili - di vendette personali, esecuzioni sommarie di spie e aguzzini fascisti e altri eccessi, per poi ingigantirli, moltiplicarli per mille, scriverci sopra libri, istituire "giornate della memoria" ecc., e alla fine ridurre la gloriosa Resistenza ad un carnaio e gli eroici partigiani a dei banditi assetati di sangue?
È questa l'operazione che è stata fatta anche contro Pol Pot e il Kampuchea Democratico. Come è stato fatto nella storia contro tutti i leader rivoluzionari, a partire dagli stessi rivoluzionari borghesi quando si spingevano troppo oltre, come ad esempio Robespierre. E come è stato fatto contro i Grandi Maestri del proletariato internazionale e il Comunismo, accusato dalla classe dominante borghese di essere la fonte di ogni nefandezza e di ogni crimine, responsabile della morte di ormai centinaia di milioni di persone.
Non a caso gli imperialisti e i loro lacchè mettono Pol Pot insieme ad altri "dittatori sanguinari" come Stalin e Mao. Ma con ciò, per noi marxisti-leninisti, loro malgrado gli rendono onore.
5 dicembre 2018