Trump detta la linea al G20
Il documento finale non condanna la lotta al protezionismo e dà via libera a chi non vuole applicare gli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico. Incontro breve e informale tra Trump e Putin. Accordo condizionato Usa-Cina sui dazi
Macri blinda la marcia contro il G20
L'ordine del giorno del primo G20 che si è tenuto in Sud America, a Buenos Aires in Argentina il 30 novembre e il primo dicembre, riportava tre argomenti in discussione riguardanti il lavoro, le infrastrutture per lo sviluppo globale e un’alimentazione sostenibile per il futuro. Argomenti trascurabili a fronte di crisi appena aperte o in procinto di aprirsi tra i maggiori concorrenti imperialisti mondiali, dallo scontro appena avvenuto tra Russia e Ucraina nel Mare di Azov alla riapertura del consueto capitolo della guerra dei dazi tra Usa e Cina. Così alla fine dei due giorni del vertice dei 20 paesi industrializzati i temi economici del documento finale sono scivolati via senza colpo ferire dato che l'asse Mosca-Pechino ha lasciato la scena a Washington con la delegazione americana che è riuscita a non inserire la condanna della lotta al protezionismo e a dare il via libera a chi non vuole applicare gli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico.
Donald Trump ha dettato la linea al G20, i rivali Vladimir Putin e Xi Jinping si sono fatti vedere e sentire negli incontri bilaterali e collaterali. Il presidente americano nella capitale argentina ha firmato con la consueta pomposa cerimonia l'intesa sul nuovo Accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA) che sostituirà l'accordo di libero scambio nordamericano Nafta. “L'accordo commerciale più grande, avanzato ed equilibrato della nostra storia”, come lo ha definito Trump, firmato con Canada e Messico, poteva essere sottoscritto in altro luogo e occasione ma il presidente americano ha voluto indicare praticamente agli alleati/rivali qual è il modello che l'imperialismo americano vuole continuare a seguire per risolvere le controversie commerciali, quello di riscriverli aumentando i propri vantaggi. E indicare in tal modo la strada da seguire per la “necessaria riforma dell'OMC (l'organizzazione mondiale del commercio, Wto nella sigla inglese, ndr)” dato che “il sistema non è al momento all'altezza dei suoi obiettivi e c'è spazio per migliorarne il funzionamento” come recita la dichiarazione finale sottoscritta da tutti.
Putin e Xi rispondevano con la dichiarazione del vertice dei Brics, svoltosi sempre a Buenos Aires il 30 novembre, nella quale con India, Sudafrica e Brasile sostenevano che “lo spirito e le regole dell'OMC sono contrari alle misure unilaterali e protezionistiche”, come quelle attuate o promesse dagli Usa.
Intanto Usa e Cina definivano una tregua nella spirale della guerra dei dazi aperta da Washington. Trump dopo l'incontro con Xi sosteneva che rimandava l'aumento previsto dal 10 al 25% l'1 gennaio delle tariffe su una serie di prodotti; la Cina accettava di acquistare una quantità non ancora definita di prodotti agricoli, energetici, industriali e di altro tipo dagli Stati Uniti per ridurre lo squilibrio commerciale tra i due paesi. Nulla di nuovo, l'ennesimo capitolo sotto forma di accordo condizionato sui dazi di una guerra che non vede comunque la fine. E che i due compari imperialisti hanno spacciato come il risultato di un “incontro di grande successo”.
Un incontro breve e informale è stato invece quello tra Trump e Putin, in base alla decisione annunciata dalla Casa Bianca in segno di protesta per il sequestro delle navi ucraine da parte della Russia. Putin non se l'è presa più di tanto, ha lavorato con Xi alla riunione parallela dei Brics e ha sistemato le questioni della crisi ucraina in Europa con la cancelliera Merkel, dallo stop a nuove sanzioni verso Mosca al completamento del del gasdotto North Stream 2.
L'inizio del vertice dei 20 paesi imperialisti è stato accompagnato da una marcia di protesta nelle vie di Buenos Aires, lungo un percorso blindato dal presidente Mauricio Macri e dal Ministero della sicurezza che aveva schierato oltre 22 mila agenti.
5 dicembre 2018