Tre sabati di guerriglia in Francia
Rivolta dei gilet gialli contro il caro benzina e Macron
Il governo cede alle richieste dei manifestanti
Il primo ministro francese Edouard Philippe annunciava il 4 dicembre una moratoria di sei mesi sull'aumento delle tasse su benzina e diesel, la sospensione degli aumenti delle tariffe di elettricità e gas e i controlli più stringenti sulle emissioni delle auto; in altre parole di tutte le misure che avrebbero dovuto entrare in vigore da gennaio e contro le quali era cresciuto un movimento di protesta chiamato dei gilet gialli, per le pettorine indossate dai manifestanti, sfociato in tre sabati di guerriglia a Parigi. Il governo ha ceduto momentaneamente alle richieste dei manifestanti e in cambio ha preteso la fine delle manifestazioni “violente”. “Se sabato (8 dicembre, ndr) ci sarà una nuova manifestazione va dichiarata e svolta nella calma. Il governo farà tutto il possibile per far rispettare la legge e l'ordine pubblico”, minacciava Philippe. I manifestanti intanto confermavano la protesta.
Dopo la manifestazione dell'1 dicembre nella capitale, il terzo sabato di scontri che si era chiuso col bilancio di oltre 130 feriti e 270 arrestati, il presidente Emmanuel Macron in una riunione d'emergenza convocata all'Eliseo dava disposizione al primo ministro di ricevere una delegazione dei rappresentanti dei manifestanti e contemporaneamente chiedeva al ministro dell'Interno Christophe Castaner di intensificare la repressione delle manifestazioni.
Una delle leader del movimento aveva già dichiarato di essere pronta a recarsi a palazzo Matignon, la sede del governo a Parigi, ma a patto che l'esecutivo ritirasse il provvedimento sull'aumento delle tasse sui carburanti dal primo gennaio”. Altri leader del composito movimento di protesta non accettavano l'invito, la leader denunciava di essere stata oggetto di minacce; resta il fatto che l'incontro è saltato ma il governo è stato costretto a posticipare gli aumenti decisi.
Le prime proteste in rete sul caro carburanti erano partite già nel maggio scorso con petizioni che raccoglievano centinaia di migliaia di adesioni. La decisione annunciata dal governo di modificare la tassazione dei carburanti e il conseguente aumento di 6,5 centesimi per litro del gasolio e 2,9 centesimi per la benzina a partire dal 1 °gennaio 2019, dopo che nell'ultimo anno il prezzo del gasolio è già salito del 23 % e quello della benzina del 15 %, e altre misure scatenavano una nuova ondata di dissensi. Fra i quali nell'ottobre scorso dei video di denuncia o di richieste di riduzione dei prezzi che ottenevano milioni di visualizzazioni e spingevano verso manifestazioni di piazza e il blocco delle strade. Manifestazioni “autorganizzate” tramite la rete erano convocate per il 17 novembre, il primo dei sabati di protesta, quando circa 290 mila persone partecipavano a oltre 2 mila manifestazioni e blocchi stradali in tutto il paese. A Parigi il corteo non autorizzato era attaccato dalla polizia non appena aveva accennato a muoversi verso l’Eliseo, le sede presidenziale con un bilancio di centinaia di feriti e altrettanti arrestati. Un bilancio che si ripeteva negli scontri dei due sabati successivi anche se la partecipazione calava a circa 75 mila manifestanti in tutto il paese e poco più di 5 mila a Parigi.
Sul movimento dei gilet gialli hanno provato a mettere il cappello sia i rappresentanti della sinistra borghese, dai trotzkisti de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon ai socialisti dell'ex presidente Francois Hollande, a tutti i raggruppamenti della destra, dai Républicaines di Wauquiez ai fascisti del Rassemblement National di Marine Le Pen. Componenti che sono certamente presenti in un movimento che per durare nel tempo come questo non può essere solo “autorganizzato”.
Possiamo dire che la componente più corposa del movimento è stata inquadrata come abitanti delle periferie metropolitane o delle cittadine periferiche, pendolari colpiti direttamente dal costo dei carburanti ma anche dal taglio dei servizi pubblici tagliati soprattutto nella sanità e nei trasporti.
Nel pacchetto delle rivendicazioni messo a punto in vista delle manifestazioni del 17 novembre e nei giorni successivi i gilet gialli hanno inserito richieste che vanno da un aumento consistente del salario minimo a un taglio ai contributi ai padroni, un abbassamento delle tasse in generale a fronte del ripristino di una tassa patrimoniale. La parola d'ordine comune è stata “Macron dimettiti”, gridata nelle manifestazioni.
5 dicembre 2018