Una conferma che le “Brigate rosse” erano uno strumento della borghesia
L'ex terrorista “rosso” Morucci ha collaborato con i servizi segreti
Passò al Sisde un rapporto sul memoriale di Moro, presidente della Dc rapito e poi ucciso dalle “Brigate rosse”
Valerio Morucci, l'ex capo della colonna romana delle “Brigate rosse” che partecipò al rapimento di Moro uccidendo due uomini della scorta, e che oggi è libero cittadino e dal 2016 lavora in un'agenzia di sicurezza privata legata ai servizi segreti, era un collaboratore degli stessi ben prima di ottenere la libertà nel 1994, nonostante fosse stato condannato a diversi ergastoli, grazie alla sua posizione di “dissociato” e per aver “collaborato” con la giustizia fornendo “rivelazioni” che non rivelavano un bel nulla.
La notizia è stata data da Rainews 24
ed è passata pressoché sotto silenzio sulla grande stampa, in primis Repubblica
e Corsera
, con l'eccezione de Il Fatto Quotidiano
che l'ha rilanciata con un'intera pagina e un richiamo in prima. La circostanza è emersa durante un'audizione nella commissione parlamentare di inchiesta su Moro dell'ex brigatista Adriana Faranda, ex compagna di Morucci e anch'essa “dissociata” e scarcerata nel 1994. Secondo il verbale della seduta riportato da Rainews 24
, interrogandola sul cosiddetto memoriale di Moro, ritrovato in fotocopie nel covo BR di via Montenevoso a Milano nel 1990, il presidente della Commissione, Giuseppe Fioroni, le ha detto: “Al tempo del secondo ritrovamento di via Montenevoso, il Centro Sisde trasmise il 3 novembre 1990 alla direzione dei servizi del Sisde una serie di valutazioni di Valerio Morucci che all’epoca collaborava col servizio. Morucci collaborava col Sisde e il 3 novembre 1990 trasmisero una serie di valutazioni di Morucci sulla vicenda di Montenevoso”.
Al che, continua il report, “Faranda si limita a replicare: ‘Detta così mi sgomenta’. Fioroni insiste: ‘ Questo c’è scritto nelle carte. Se vuole gliele trasmetto’. Faranda: ‘Sarà stato che qualcuno gli ha chiesto una consulenza. Non mi pongo la domanda…’. Qualche minuto dopo Fioroni torna sull’argomento. ‘Scrivendo Morucci in qualità di collaboratore, consulente, persona informata sui fatti con il Sisde…’. Faranda ribatte: ‘ Non ne ho la minima idea’”.
Una “collaborazione” che dura ancora oggi
Ecco ancora un passaggio riportato da Rainews 24
: “Ad un parlamentare che afferma la tesi secondo cui anche il difensore di Faranda, l’avvocato Tommaso Mancini, fosse legato ai servizi segreti, l’ex brigatista risponde: ‘Allora rinuncio…’. Ad un parlamentare che subito dopo sostiene la tesi secondo la quale Adriana Faranda, da ricercata, mise la testa in una macchina della polizia, l’ex terrorista risponde: ‘No, assolutamente. Mi sento circondata… Posso dire che l’avvocato fu scelto da mia madre, disperata e convinta che fossi innocente. Chiese consiglio a mio padre, che era a sua volta avvocato. Mia madre non era dei servizi’”.
La Faranda finge di cadere dalle nuvole, ma poi ammette di essere stata contattata anche lei dal Sisde, pur rifiutando ogni rapporto, e come risulta sopra farfuglia senza spiegare in maniera convincente perché lei e Morucci erano difesi da un avvocato legato ai servizi segreti, e perché durante la prigionia di Moro fu vista mettere la testa dentro un'auto della polizia. Comunque quello che è assodato nero su bianco è che Valerio Morucci era un collaboratore del Sisde, all'epoca diretto dal prefetto e vicecomandante operativo del Ros dei carabinieri, Mario Mori.
Naturalmente non si sa quando questa collaborazione è iniziata, se nel 1990 o ancora prima, dopo la sua “dissociazione” dichiarata nel 1985, o addirittura da prima, ma è certo che non è stata una collaborazione occasionale, perché con i servizi segreti, e in particolare con Mori, c'è un filo nero che lo collega ininterrottamente fino ad oggi. Infatti, un'inchiesta dell'agenzia La Voce delle voci
pubblicata nel gennaio 2011 (“Brigate rossonere”), rivelava che il nome di Morucci, insieme ad altri personaggi della destra eversiva tra cui l'ex ordinovista e membro della P2 Loris Facchinetti, compariva tra i collaboratori della rivista trimestrale di area fascista Theorema
, messa in piedi nel 2010 dall'allora sindaco fascista di Roma, Gianni Alemanno. Rivista che aveva come direttore del comitato scientifico il generale Mario Mori, e tra i suoi membri un suo stretto collaboratore, il colonnello Giuseppe De Donno. Mancava soltanto, per completare il gruppo di carabinieri implicato nella trattativa Stato-mafia e nella ritardata perquisizione del covo di Totò Riina, il capitano Ultimo (alias Sergio De Caprio), che però insieme a Mori in quei mesi era stato delegato da Alemanno a supervisionare la sicurezza della capitale.
Una prova che le “BR” erano eterodirette dai servizi
Nella stessa inchiesta de La Voce
si riportavano anche i giudizi di un avvocato romano e di un suo collega napoletano. Secondo il primo la “strana” collaborazione di Morucci con una rivista di area fascista e piduista e diretta dai servizi segreti era “la riprova che le Brigate rosse erano eterodirette e sono state infiltrate fin dall’inizio. Del resto era la terapia storicamente consigliata da uno che di terrorismo e servizi se ne intendeva bene, come Francesco Cossiga: la prima cosa da fare è infiltrarsi”. Anche per il secondo: “il caso Moro ma anche il caso Cirillo sono la prova del super ruolo giocato dai Servizi. Anche in quel caso il regista del rapimento, sul fronte brigatista, fu l’ideologo Senzani, che aveva buoni rapporti con i servizi segreti”.
Del marzo 2016 è poi la notizia, anch'essa data solo da Il Fatto Quotidiano
ed ignorata guarda caso dal resto dei media, che Morucci è stato assunto da una società di intelligence, la G Risk, che fino al 2014 era amministrata dall'ex generale Mori, e che oggi è diretta dal suo braccio destro De Donno. Sempre gli stessi, insomma. Vale la pena ricordare fra l'altro che fu Cossiga a nominare Mori comandante dell'Anticrimine del reparto operativo di Roma dei cc, lo stesso giorno in cui Morucci apriva il fuoco con la sua Skorpion sulla macchina di Moro, uccidendone l'autista e un carabiniere della scorta. Lo stesso Cossiga, piduista e capo di Gladio, che da capo dello Stato sponsorizzò la liberazione dei brigatisti pentiti, e al cui funerale Morucci, insieme ad altri due ex responsabili dell'operazione di via Fani, Gallinari e la Faranda, inviò un suo personale messaggio di cordoglio.
Quindi non ci meraviglia affatto, noi che abbiamo sempre sostenuto che le “BR” erano eterodirette dai servizi segreti, venire a sapere che questo torbido personaggio lavora per una società privata contigua ai servizi segreti, creata e diretta da due dei suoi ex alti dirigenti, implicati a loro volta nelle trame più oscure della storia degli ultimi decenni, in particolare nella trattativa Stato-mafia; e che questa collaborazione non data solo da oggi ma le cui tracce portano molto più indietro nel tempo: almeno fino al 1990, ma, secondo molti indizi, fino ai giorni dello stesso rapimento di Moro.
Tutto ciò è un'altra conferma che avevamo ragioni da vendere a denunciare che le “Brigate rosse” erano in realtà nere, uno strumento in mano allo Stato borghese e alla P2 per aprire la strada, attraverso la “strategia della tensione” e il terrorismo nero e sedicente “rosso”, alla fascistizzazione del Paese e all'attuale regime neofascista.
19 dicembre 2018